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Arte, Elvio Lunghi: Francesco torna in città

Elvio Lunghi Archivio Fotografico Basilica San Francesco
Pubblicato il 23-02-2021

È il quadro che aveva il maggior numero di personaggi

Il XXIV episodio della vita di san Francesco ritrae la cerimonia di canonizzazione avvenuta ad Assisi il 16 luglio 1228, alla presenza di Gregorio IX e di una folla sterminata. È il quadro che aveva il maggior numero di personaggi, più di quanti se ne contino oggi per la perdita di gran parte della metà superiore dell’intonaco, a causa delle infiltrazioni d’acqua piovana dalla bifora soprastante.

S’intravede in alto a destra un cielo blu dipinto di blu e a sinistra un palchetto fatto di travi di legno rivestito con stoffe damascate e coperto da un padiglione di tela color ruggine. Dei personaggi che si affacciavano dal palco non è rimasto nulla, sicuramente vi figurava Gregorio IX come si ricava dalla scritta in latino che si legge sotto il quadro: “Quando il signor Papa, venendo di persona nella città di Assisi, esaminati diligentemente i miracoli, ascoltata la testimonianza dei suoi frati, canonizzò il beato Francesco e lo ascrisse al catalogo dei santi”.

Non sappiamo se il papa era solo, o se era accompagnato da cardinali di curia o dai vescovi umbri. Non lo dice la Legenda major di Bonaventura da Bagnoregio, che racconta come il papa “andò, dunque, personalmente nella città di Assisi e il 16 luglio dell’anno 1228 dell’incarnazione del Signore, in giorno di domenica, con solennità grandissima, che sarebbe lungo descrivere, iscrisse il beato padre nel catalogo dei santi”.

Molto più dettagliato è il racconto nella Vita I di Tommaso da Celano: il papa era circondato da cardinali, vescovi e abati, da un folto stuolo di sacerdoti e di chierici, da una folla immensa, una moltitudine quasi innumerevole di persone di ogni sesso. Era “adorno delle infule papali e dei paramenti con le allacciature d’oro scintillanti di pietre preziose”. Era circondato da cardinali e da vescovi, “similmente ornati di splendidi monili e, nel candore niveo delle loro vesti”.

Tommaso da Celano riferisce anche un episodio miracoloso avvenuto nella chiesa che conservava la salma di Francesco: una fanciulla sofferente di una paralisi fu guarita quando “le misero per qualche istante il capo sotto l’urna in cui riposava il corpo del santo”. È quanto vediamo rappresentato nel quadro, dove sotto il palco compare un altare coperto da una candida tovaglia e rivestito da un paliotto ricamato, circondato da una inferriata al cui interno è entrata una fanciulla per appoggiarsi con le spalle al cubo che contiene la salma di Francesco. Intorno all’altare si accalca una gran folla di laici, frati, chierici, cardinali vescovi e abati seduti.

Ma le più vicine all’altare sono le donne che hanno preso posto alla sua destra, sedute in terra, giovani e anziane, tutte rigorosamente col capo coperto da un fazzoletto, benché rappresentino le più diverse classi sociali a giudicare dalla foggia delle vesti che indossano. Soprattutto madri con i figli appresso, che non cessano di sommergerli di carezze, mentre altri fanciulli sono riusciti a sfuggire alla loro attenzione per portarsi più appresso all’urna: sono questi ragazzini dai capelli riccioluti i primi ritratti di monelli nell’arte italiana. Si sa che la salma di Francesco, una volta lasciata la Porziuncola, fu portata ad Assisi passando per la chiesa di San Damiano per un ultimo saluto a Chiara e alle sue compagne, e per trovare infine accoglienza in una chiesa intitolata a San Giorgio all’esterno delle mura.

Era allora pontefice Onorio III Savelli e cardinale legato per i frati Minori Ugolino di Anagni, legatissimo a Francesco e eletto pontefice nel marzo 1227 sotto il nome di Gregorio IX. Fu questo papa ad accelerare la conclusione del processo di canonizzazione e a volere fortemente la costruzione di una chiesa monumentale sul colle di Assisi, murandone personalmente la pietra di fondazione il giorno successivo la cerimonia di canonizzazione. Per volere di Gregorio IX questa chiesa era destinata a diventare tomba di san Francesco, ma anche caput et mater dei frati Minori. L’altro protagonista di questa impresa fu il popolo di Assisi, che la volle santuario dedicato al santo patrono e meta di pellegrinaggi.

Contemporaneamente fu rinnovato il cuore della città antica, recuperando lo spazio della piazza antistante il tempio di Minerva, presso il quale aveva trovato posto la sede del Comune. La salma di san Francesco restò in San Giorgio il tempo necessario per ultimare parte della chiesa sul “colle dell’Inferno”, destinato a mutare nome in “colle del Paradiso”, al cui interno fu trasferita nel corso di una tumultuosa cerimonia avvenuta il 25 maggio 1230. In seguito San Giorgio ospitò anche la salma di Chiara, morta in San Damiano l’11 agosto 1253, e fu abbattuta quando le Damianite ottennero il permesso di poter costruire una chiesa in onore della loro fondatrice.

Questi due edifici posti alle estremità del colle Asio - il Sacro Convento di San Francesco e il Protomonastero di Santa Chiara - dettero ad Assisi l’aspetto di una città sul monte che non può essere nascosta, con un cuore di pietra levato in volo dalle ali di Francesco e Chiara. Nel quadro non compare alcun edificio di Assisi riconoscibile, ma vi batte il cuore delle madri che hanno preso posto accanto a Francesco. Il loro è un canto gioioso, come gioiosa è la pietà di Maria nel poter riavere in grembo il figlio morto: “Per me sei figlio, vita morente, ti portò cieco questo mio ventre, come nel grembo, e adesso in croce, ti chiama amore questa mia voce. Non fossi stato figlio di Dio t’avrei ancora per figlio mio”.

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