religione

Le scene della Crocifissione nelle opere più importanti dell’Arte pittorica

Antonio Tarallo wikimedia.org
Pubblicato il 14-09-2019

Fermare l'attimo in cui Cristo "rimette al Padre lo Spirito"

Da sempre, la Crocifissione è stato uno dei temi "prediletti" dagli artisti di ogni tempo. Fermare l'attimo in cui Cristo "rimette al Padre lo Spirito" ha rappresentato per i pittori una sfida di grande valore umano, e artistico, ovviamente. Su tavola, o affrescata nelle molteplici chiese del Mondo, la scena dell'ultimo momento terreno del Cristo, è stata sempre carica di un pathos e di una drammaticità, senza paragoni. Rendere visibile l'Invisibile è la sfida dell'Arte. E la Crocifissione, nel suo drammatico climax di sofferenza, mista a pietà, fonde bene le due cose, essendo il "passaggio" necessario per la verticale dell'Infinito e del Mistero, quella della Resurrezione. Il più delle volte, quando si pensa al Crocifisso, pensiamo subito - e, certamente non è sbagliato, in fondo - a due assi di legno, "in croce", con un Uomo, posto lì, tra atroci sofferenze e sangue. Come, il più delle volte, si è abituati a pensare semplicemente al legno. Oggi, nel giorno dell'Esaltazione della Croce, "San Francesco, patrono d'Italia" propone un breve itinerario, invece, fra le Crocifissioni pittoriche più importanti, a discapito - solo per una volta - di quelle che rappresentano il Cristo su assi di legno, dipinte. 

Crocifissione di Cimabue, Assisi – La Crocifissione si trova nel transetto sinistro. L'affresco è stato realizzato da Cimabue e dai suoi aiutanti. L'opera, databile attorno al 1277-1283 circa, è conservata nella Basilica Superiore di San Francesco. Purtroppo, noi contemporanei, possiamo mirare solo “il negativo”. Doveva essere una delle scene più importanti dell’intero ciclo, che oggi si presenta sfigurata da abrasioni - in parte colmate con perizia dall’ultimo restauro - e con i colori quasi invertiti in negativo, per l’ossidazione della biacca dei colori chiari, diventati oggi scuri. 

Crocifissione di Antonello da Messina. L’opera, firmata e datata 1475 sul cartiglio, è uno dei maggiori capolavori di Antonello da Messina. La croce di Cristo ha sullo sfondo un lontano paesaggio, costruito con punto di fuga ribassato, mentre in basso si trovano i due personaggi evangelici di Maria e Giovanni, che contemplano la scena silenziosamente. Più lontano si scorgono le tre Marie, di chiara iconografia fiamminga.

Cristo crocefisso di Diego Velázquez – Quest’opera, realizzata nel 1631, è conservata al Museo del Prado di Madrid. la leggenda narra che sia stato re Filippo IV in persona a commissionarlo, come ex voto di penitenza per un suo amore sacrilego verso una giovane religiosa. Seppur di profonda tinta drammatica, il dipinto, nella sua totalità, è come se fosse infuso di un senso di serenità disarmante. Una ciocca di capelli scende dalla corona di spine, in maniera quasi statica, così come le poche gocce di sangue rendono il quadro non cruento, ma ricco di placide note, premonitrici della Resurrezione. La certezza della vittoria della Vita sulla Morte. 

La Crocifissione Bianca di Marc Chagall. E facciamo un salto (enorme) nel secolo passato, il 1900.  Chagall riesce a sottolineare, in questa imponente opera, l’identità ebraica di Gesù. Lo scialle tradizionale per la preghiera ebraica, è al posto del classico panneggio. La corona di spine, diventa un fazzoletto, quasi a mo’ di copricapo. Un villaggio in frantumi, una sinagoga saccheggiata che brucia – immagini che fanno da cornice al Cristo sulla Croce – raccontano qualcosa che va al di là del soggetto pittorico stesso. Chagall identifica i nazisti con i carnefici di Cristo. È il tempo dei lagher nazisti, della persecuzione contro gli ebrei. Il quadro divine così metafora di tutti gli uomini martiri delle persecuzioni. Un quadro che fa pensare, purtroppo, ancora oggi.


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