religione

Le chiese più belle, tra la natura e il mare. Il Centro Italia

Antonio Tarallo
Pubblicato il 17-08-2019

Il tour continua con l'Eremo di San Bartolomeo in Legio, in Abruzzo

Si sa, l’estate è sempre un momento di ristoro dal trambusto quotidiano. Cessare, almeno per qualche giorno, il lavoro, è abitudine – almeno per i più – assai diffusa. Chi preferisce un bel viaggio lontano, chi magari qualche meta vicina. Ultimamente, visti i magri tempi, dipende molto dalla disponibilità economica, non possiamo nascondercelo. Ma sono molti, ormai, che decidono, invece, di cogliere questo momento per potersi dedicare, magari, ad attività che – durante l’anno – non si ha tempo di coltivare. E per fare questo, non è proprio indispensabile il lasciare la propria città. L’importante è rigenerare lo spirito. Papa Francesco stesso, lo ha ricordato più volte: “rinfrescare” il nostro “intimo”, mentre un sole cocente impervia in tutta la penisola nostrana. Dedicarci a una lettura più attenta del Vangelo. O, riservare un momento della giornata, al silenzio, davanti al tabernacolo. “Lui mi guarda, io Lo guardo”, per dirla ala curato d’Ars.

Certo, coniugare mente e spirito, in Italia, non è tanto difficile. La nostra terra, il famoso “belpaese”, ci fornisce davvero delle occasioni speciali, e – molte volte – uniche nel panorama europeo. Non è bieco campanilismo, bensì è un realtà oggettiva.  E allora, “San Francesco, patrono d’Italia”, vuole offrire un piccolo tour fra queste bellezze “spirituali”, sperando di dare – chissà – spunto per qualche meta per chi ancora non ha avuto modo di vivere l’agognata pausa. E per chi, invece è già tornato a lavoro…  beh, ci si può sempre organizzare per i weekend.

 

Ci apprestiamo a salire lo stivale d’Italia, in questa seconda puntata del focus sulle più belle chiese a contatto con la natura. E così – dopo il nostro cammino tra le bellezze incontaminate del Sud, tra le onde del mare e i zeffiri di collina – arriviamo nel Centro Italia, con la sua Toscana, il ricco Lazio, il delizioso Abruzzo, le Marche, e – certamente – non poteva mancare l’Umbria francescana.

 

Il tour continua con l'Eremo di San Bartolomeo in Legio, in Abruzzo, tutt'uno con la parete rocciosa che lo ospita. Si nasconde meravigliosamente con la natura che lo circonda, il selvaggio e fecondo Parco Nazionale della Majella. L´Eremo, realizzato da Pietro da Morrone nel 1200, ha visto nei secoli successivi una frequentazione ed un culto costante da parte di pellegrini Culto che ancora oggi rivive nella tradizionale processione del 25 di Agosto. Vi dimorò addirittura, tra il 1274 e il 1276, papa Celestino V, il famoso papa che Dante nominò “del gran rifiuto”. Vi abitò, assieme ad alcuni discepoli. L’Eremo è davvero n piccolo gioiello, visto le ridottissime dimensioni: il suo interno è rettangolare, con una lunghezza di 7,70 m e una larghezza minima di 3 m e massima di 4 m. Entrando nella chiesetta, troviamo un piccolo altare. Sopra questo, la nicchia semicircolare che custodisce la statua di San Bartolomeo. Realizzata in legno di fico, la statua è di dimensioni ridotte, e reca sulla mano destra un piccolo coltello, e avvolta sul braccio sinistro, la sua pelle. Elementi iconografici che riconducono alla memoria dei fedeli il martirio subito. Sempre all’interno della minuziosa chiesetta, troviamo una risorgenza d’acqua che sgorga al di sotto di un masso quadrato e interamente cavo: è “l’acqua di San Bartolomeo” che i fedeli attingono con un cucchiaio per poi mischiarla con l’acqua della sorgente, quella posta in fondo al vallone, scendendo da una delle due scale che caratterizzano l’eremo. La tradizione attribuisce l’acqua a un miracolo del Santo, che la fece sgorgare picchiando per terra con un catenaccio della chiesa. Ogni 25 di agosto si svolge la processione della piccola statua, con grande affluenza di pellegrini e fedeli.

 

Il Tempio del Valadier, nelle Marche, è un altro tesoro della nostra Penisola. Il tempietto del Valadier è una struttura ottagonale in blocchi bianchi di travertino. Fu fatta costruire, nel 1828, da Papa Leone XII, nativo proprio di Genga, su progetto del famoso architetto Valadier. Affascinante guardarlo dal retro della grotta: la roccia incornicia l’edificio e la luce ne esalta la bellezza. Ancora più emozionante ammirarlo da un lato e poi volgere lo sguardo alla natura e alla Gola di Frasassi. Adiacente al Tempio si trova anche il piccolo Santuario della Madonna di Frasassi ricavato nella roccia, S. Maria Infra Saxa, composto da un edificio in pietra il cui interno è in parte scavato nella viva roccia. Nato come oratorio, l’edificio fu poi utilizzato come monastero di clausura retto dalle monache benedettine. Nell’eremo si venerava un’immagine lignea della Madonna dalle origini incerte, che subì numerosi tentativi di trafugamento. Finita accidentalmente bruciata negli anni Quaranta, fu poi sostituita dall’attuale in pietra.

 

 

 

Il Santuario Madonna della Civita, è uno dei più antichi cenobi d’Italia. Posto sulla cima del Monte Fusco (o Monte Civita) a 673 metri di altitudine nella catena dei Monti Aurunci, in provincia di Latina, nel Lazio. L’antichissimo culto legato alla Santa Vergine risale, con molta probabilità, al ritrovamento, su un leccio, di una raffigurazione da parte di un giovane pastore nell’VIII secolo.Il complesso del santuario è situato in una straordinaria posizione panoramica. Mentre sullo sfondo troviamo i Monti Aurunci, Ausoni e i lontani Lepini, di fronte, troviamo il mare del Circeo. Il Santuario Madonna della Civita, è affidato ai padri Passionisti, e richiama quasi mezzo milione di pellegrini ogni anno, provenienti anche dall’Abruzzo, dal Molise e dalla Campania, soprattutto per i festeggiamenti in onore della Madonna. La festa è il 21 luglio.

 

Tutti conosciamo l’Umbria come terra di Francesco, di Chiara e di molteplici eremi legati all’Ordine francescano. Questo è vero, naturalmente. Ma l’Umbria, terra fiorente di natura verdeggiante, di ulivi e ampie spianate, degne di Vang Gogh, conosce anche altre bellezze che davvero lasciano lo spettatore senza fiato. Fra le tante ricchezze, vi è – senza dubbio – la sequela di chiese romaniche che si diramano per tutto il territorio umbro. Una di queste è  l’Abbazia di San Felice, a Giano dell’Umbria, in provincia di Perugia.  Situata su una terrazza naturale alle pendici dei Monti Martani, a pochi chilometri da Giano dell’Umbria, il maestoso complesso abbaziale di San Felice nacque per ospitare le spoglie del santo, sul luogo di una primitiva chiesa paleocristiana nella quale vennero reimpiegati reperti romani appartenenti alla scomparsa “Città Martana”.L’Abbazia è una costruzione medievale, risalente al X-XI secolo d.C. Ma, nel Seicento, fu rivestita con oro, stucchi, dipinti e affreschi, in pieno stile barocco. Nel 1950, poi, è stata riportata all’aspetto originale  (quello attuale) grazie a un’accurata opera di restauro “purista”. Tre navate, di cui quella centrale più ampia e maestosa, il presbiterio sopraelevato, e un’ampia scalinata che porta all’altare e che simboleggia l’ascensione verso l’Altissimo, con una sottostante cripta: questa la maestosa scenografia del luogo. Una scenografia nella scenografia, potremmo dire: l’architettura della costruzione che si fonde con l’architettura naturale dei Monti Martani, bellezze umbre.

 


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