francescanesimo

La cintura povera di San Francesco

Antonio Tarallo
Pubblicato il 03-10-2022

Un viaggio per incamminarci, tutti insieme

La Vergine Maria è a destra del quadro, seduta sopra nelle bianche nuvole portate da alcuni piccoli angeli, cherubini; è splendente nelle sue vesti; in braccio reca il Bambino Gesù; lo sfondo, di color arancio (chiaro e scuro) rende il tutto metafisico, in un’atmosfera quasi settembrina, quando il sole comincia a calare prima e i colori che sprigiona diventano superbi nella loro crepuscolare bellezza. Nel registro inferiore, a destra, San Francesco d’Assisi tende la mano a Maria, al Figlio: gli viene consegnata una corda con dei nodi. E’ il cingolo per il suo saio. La scena è stata ritratta da Mattia Preti, nome importante della pittura italiana, tra i principali pittori della stagione matura del barocco, nella sua pala dal titolo “La Vergine dona il cingolo a San Francesco”: l’opera si trova nella Chiesa di San Francesco d’Assisi, a La Valletta, Malta. Quando Mattia Preti dipinge quest’olio su tela - di dimensioni 263,2 x 249 centimetri, datato 1680 - è ben lontana nel tempo la vita del santo d’Assisi, ma grazie a questa opera, sembra rivivere di luce nuova: è la luce dell’Arte che - a volte, come in questo caso - utilizza la fantasia, l’immaginazione, per raccontarci un qualcosa, per narrarci un episodio, o per richiamare l’attenzione su un determinato elemento.

In questo caso, è necessario ricordare che simile episodio non è narrato in nessun documento biografico del santo Poverello. La versione ufficiale la fornisce San Tommaso da Celano, primo biografo di San Francesco, che ci racconta - nella sua “Vita prima sancti Francisci” - come e perché il santo, dopo la sua conversione, abbia “inventato” l’abito proprio di ogni francecano:
“Ma un giorno in cui in questa chiesa si leggeva il brano del Vangelo relativo al mandato affidato agli Apostoli di predicare (Mt 10,5-13), Francesco udendo che i discepoli di Cristo non devono possedere né oro, né argento, né denaro, né portare bisaccia, né pane, né bastone per via, né avere calzari, né due tonache, ma soltanto predicare il Regno di Dio e la penitenza, subito, esultante di spirito Santo, esclamò: « Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore! ». S’affretta allora il padre santo, tutto pieno di gioia (…), a mettere in pratica fedelmente quanto ha sentito: si scioglie dai piedi i calzari, abbandona il suo bastone, si accontenta di una sola tunica, sostituisce la sua cintura con una corda. Da quell’istante confeziona per sé una veste che riproduce l’immagine della croce”. (Fonti Francescane 356)

Da quel giorno, si definisce per sempre il modo di presentarsi di Francesco e il vestire dei suoi compagni d’avventura: con un abito a forma di croce e una corda ai fianchi. Una corda, dunque, non una cinta. Questa, in fondo, come “accessorio d’abbigliamento” (definiamolo così) richiamava troppo alla memoria la “vecchia” cintura del mercante dell’epoca: a questa, infatti, le persone facoltose - e lo sapeva bene lo stesso Francesco, figlio di Pietro di Bernardone, commerciante - legavano la loro borsa del denaro. Una grezza corda, materiale povero; povero come vuole essere frate Francesco.

E se all’inizio sarà semplicemente una “corda annodata” - detto cingolo o cordiglio - senza un numero preciso di nodi, nella sua evoluzione, diventeranno tre, a simbolo dei tre voti della Professione Religiosa: l’obbedienza, la povertà, la castità. Va comunque ricordato che in alcune raffigurazioni pittoriche troveremo il cordone con cinque nodi: è l’esempio della tavola (del sec. XIII) dal titolo “San Francesco e quattro miracoli” conservata presso il Museo del Tesoro della Basilica di San Francesco d’Assisi. Perché cinque? In memoria delle Cinque Sante Piaghe di Cristo: sappiamo bene quanto San Francesco avesse a cuore la Passione del Signore, vivendola - lui stesso - sul proprio corpo.

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