francescanesimo

L’abito delle Clarisse, storia e significato

Antonio Tarallo Pixabay
Pubblicato il 10-08-2020

Origini e curiosità sull’abito dell’Ordine religioso fondato da Santa Chiara

La storia dell’Ordine delle Clarisse
Il secondo ordine francescano nacque nella notte fra il 18 e il 19 marzo 1212, quando Chiara, fuggita dalla casa del padre, Favarone dei conti di Coccorano, si recò alla Porziuncola di Assisi. Qui Francesco le taglia i capelli e riceve il velo monastico. Viene affidata inizialmente alle benedettine, ma quando viene raggiunta dalla sorella Agnese e da altre sue compagne, si trasferisce negli umili locali annessi alla chiesetta di San Damiano. Da questo luogo deriverà poi il nome con cui saranno originariamente designate: Povere Dame di San Damiano o Damianite. La regola di vita dell'ordine fu inizialmente costituita da alcune semplici istruzioni dettate da san Francesco, ma queste osservanze nel 1215, in base a quanto stabilito dal tredicesimo canone del Concilio Lateranense IV, dovettero cedere il posto alla regola benedettina. A partire dal 1218 il cardinale Ugolino dei Conti di Segni (futuro papa Gregorio IX) iniziò a formulare per loro una nuova regola molto rigida, che prevedeva l'obbligo della clausura. Questa regola fu poi successivamente rivista e definitivamente redatta da Chiara: si tratta della famosa regola detta - appunto - “di santa Chiara”. Il documento fu approvato da papa Innocenzo IV, il 9 agosto 1253, due giorni prima che Chiara morisse. Non tutti i monasteri di clarisse sorti nel frattempo accettarono la Regola di santa Chiara, per cui il cardinale protettore dell'ordine, Gaetano Orsini, compose una nuova regola approvata da Urbano IV il 18 ottobre 1263: si tratta della cosiddetta regola urbaniana.

L’abito
“Le tonache esterne, poi, gli scapolari, e i mantelli non siano di colore del tutto bianco o del tutto nero. Per cingolo, dopo che avranno professato, abbiano una corda, non però ricercata. Si coprano il capo con uniformità e modestia, con bende o veli di panno comune, del tutto bianchi, non preziosi o ricercati, di modo che rimangano coperti la fronte, le guance, il collo e la gola […] Abbiano anche un velo nero, né prezioso né ricercato, steso sulla testa, così ampio e lungo che scenda fino alle spalle da entrambe le parti e dietro scenda un poco oltre il cappuccio della tonaca”. Così recita la Regola dell’ “Ordo Sanctae Clarae” scritta da papa Urbano IV nel 1263, che stabilisce l’abito delle clarisse.

L’iconografia dell’abito da Clarissa di Santa Chiara
E’ curioso approfondire come queste indicazioni siano utili a distinguere l’iconografia di Santa Chiara, realizzata in seguito: si pensi, ad esempio, alle ramificazioni del second’Ordine che nei secoli personalizzeranno la foggia e il colore dell’abito, indossato dalla santi di Assisi. Alla fine, ci troveremo di fronte a immagini differenti della santa, a secondo della famiglia francescana che vestirà Chiara secondo gli usi e costumi propri. Per questo motivo troveremo raffigurazioni che facilmente passano dal color nocciola chiaro al grigio, e perfino al rosa o al marrone scuro.

Molte volte la troviamo raffigurata addirittura con la cosiddetta “pazienza”, tunica da lavoro senza maniche, aperta ai lati e lunga sino ai piedi. Veste prescritta dalla legislazione urbaniana. L’abito è sempre raccolto in vita da un cordone bianco, con tre o cinque nodi, simbolo dei voti o della devozione alle cinque “sante piaghe”. Generalmente la mantelletta, più o meno ampia, è dello stesso colore del saio, il velo è genericamente doppio, bianco e nero ed è accompagnato dal soggolo, un complicato intreccio di bende realizzate negli stessi materiali dei veli, solitamente bianche e più consistenti del velo stesso.

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