fede

Corpus Domini, l'umiltà dell'Eucarestia per San Francesco

Antonio Tarallo Pixabay
Pubblicato il 14-06-2020

Il pensiero del santo sul Cristo fatto corpo, “fatto” pane

E’ un vero e proprio rapporto di Amore quello tra San Francesco e l'Eucarestia. L’ardore con cui San Francesco pregava davanti al Santissimo o la sua maniacale precisione per tutto ciò che riguardasse l’Eucarestia nella Santa Messa, è cosa assai nota. E quello che risalta di più è un “dato di fatto” sorprendente: quello stesso poverello di Assisi, promotore di una Chiesa povera, che guardasse all’essenziale, diventa “ricercato” (nella ricchezza e bellezza) nella scelta degli oggetti per la celebrazione eucaristica. Su questo punto, San Francesco non transige. E’ fermo. Scrive il santo: “I calici, i corporali, gli ornamenti degli altari e tutto ciò che riguarda il Sacrificio devono essere preziosi. E se il Santissimo Corpo del Signore sarà collocato in modo miserevole in qualche luogo, secondo il precetto della Chiesa, sia posto da essi in un luogo prezioso e sia custodito e sia portato con grande venerazione e nel dovuto modo sia dato agli altri (...) E quando è consacrato dal sacerdote sull'altare ed è portato in qualche parte, tutti, in ginocchio, rendano lode, gloria e onore al Signore Dio vivo e vero”.

Francesco d'Assisi — racconta il suo primo biografo, Tommaso da Celano — “ardeva di amore in tutte le fibre del suo essere verso il sacramento del Corpo del Signore”. E “riteneva grave segno di disprezzo non ascoltare almeno una messa al giorno, se il tempo lo permetteva. Si comunicava spesso e con tanta devozione da rendere devoti anche gli altri”. Un giorno, poi, volle mandare i frati per il mondo “con pissidi preziose, perché riponessero in luogo il più degno possibile il prezzo della redenzione, ovunque lo vedessero conservato con poco decoro”. E voleva anche che si dimostrasse grande rispetto alle mani del sacerdote, perché a esse è stato conferito il divino potere di consacrare questo sacramento. “Se mi capitasse — diceva spesso — d'incontrare insieme un santo che viene dal cielo e un sacerdote poverello, saluterei prima il prete e correrei a baciargli le mani. Direi infatti: 'Ohi! Aspetta, san Lorenzo, perché le mani di costui toccano il Verbo di vita e possiedono un potere sovrumano!'”.

Dobbiamo ricordare che Francesco giunse ad affermare che chi non avesse creduto nel Cristo presente nell’Eucarestia sarebbe stato condannato. Troviamo l’affermazione netta nella prima Ammonizione: “Tutti quelli che vedono il sacramento, che viene santificato per mezzo delle parole del Signore sopra l’altare nelle mani del sacerdote, sotto le specie del pane e del vino, e non vedono e non credono, secondo lo spirito e la divinità, che è veramente il santissimo corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, sono condannati, perché è l’Altissimo stesso che ne dà testimonianza”.

Le lettere, le ammonizioni, gli scritti del santo di Assisi, sono piene di citazioni dell’Eucarestia. Basterebbe prendere in esame la lettera al Capitolo generale. La lettera risale molto probabilmente a dopo il 1221. In questa troviamo una "lode" alla Mensa del Signore: "L'umanità trepidi, l'universo intero tremi, e il cielo esulti, quando sull'altare, nelle mani del sacerdote, è il Cristo figlio di Dio vivo". Le parole sono forti, decise, poetiche: hanno una forza che - a distanza di secoli - sembrano scalfite sulla pietra.
Ma cosa rappresenta quell’ostia per San Francesco? E’ lui stesso a dircelo:"O ammirabile altezza, o degnazione stupenda! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell'universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, in poca apparenza di pane!". L’umiltà del Signore nella grandezza, nel farsi “piccolo” pezzo di pane, così come quando è nato: farsi Bambino. Il collegamento è spontaneo: in fondo, quella stessa umiltà di piccolezza era stata tanto celebrata da Francesco stesso a Greccio, nel primo Presepe. La metafora non è così lontana dalla realtà: un piccolo corpo in cui si “nasconde” Dio, così l’Eucarestia, in un piccolo pezzo di pane in cui è “racchiuso” Dio, Cristo.

E arriviamo al Testamento di Francesco, in cui si legge: “Poi il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a motivo del loro ordine, che se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e trovassi dei sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano non voglio predicare contro la loro volontà. E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come miei signori, e non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io discerno il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché dello stesso altissimo Figlio di Dio nient’altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue suo, che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri”. La santità dei sacerdoti, per Francesco, possiamo dire non dipende dalla santità di loro stessi, ma semplicemente e profondamente, dal fatto che solo le loro mani hanno il “potere” di far divenire pane e vino, corpo e sangue di Cristo. E’ il mirabile mistero dell’Eucarestia.

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