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Tozzi, Cnr: Cambiamo abitudini, siamo fuori tempo

Roberto Pacilio Ansa - EPA_LAURENT GILLIERON
Pubblicato il 30-06-2022

I segnali del cambiamento climatico sono sotto gli occhi di tutti

Siccità, incendi e perturbazioni meteorologiche a carattere violento. Sono solo alcune delle conseguenze dei nostri comportamenti sbagliati che mettono a repentaglio il Pianeta. Abbiamo parlato con Mario Tozzi, primo ricercatore presso l’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche e volto noto della televisione, di quello che ognuno di noi può fare per migliorare il futuro.

Cosa sta facendo la comunità internazionale e i movimenti spontanei come “Fridays For Future” per Nostra Madre Terra?
La comunità internazionale non sta facendo granché. Anzi, fa veramente molto poco. I vari movimenti spontanei hanno un ruolo importante, perché non avendo “potere” possono movimentare l'opinione pubblica, come stanno facendo, anche se la pandemia li ha un po’ rallentati.

Quali sono i più grandi segnali del cambiamento climatico?
Ce ne sono tantissimi. In Italia sono: siccità, incendi, perturbazioni meteorologiche a carattere violento, le cosiddette bombe d'acqua. Nel mondo sono queste stesse perturbazioni violente, ma anche l’innalzamento del livello dei mari che mette in pericolo la sopravvivenza di tante comunità nelle isole del Pacifico e dell'Indiano e la fusione dei ghiacci che sta letteralmente scompigliando gli ecosistemi. E così pure gli incendi. Siamo di fronte a una serie di conseguenze che mettono in pericolo la sopravvivenza delle persone nel mondo.

Sono più preoccupanti, questi eventi violenti o quelli che negli anni, un po’ alla volta, cambiano e modificano l’ecosistema come lo scioglimento dei ghiacciai?
Sono preoccupanti per diverse ragioni. Le perturbazioni a carattere violento fanno molte vittime al momento e devastano interi territori. Gli altri cambiamenti sono leggermente più lenti ma bloccano alcuni motori economici. Sulle montagne se non c'è neve, diventa preoccupante. Complessivamente siamo di fronte a uno stravolgimento che porterà anche al cambiamento delle fasce di agricoltura. Oggi coltiviamo vino, ma non so se con queste temperature ci ritroveremo a coltivare palme.

Nel Forte di Bard c’è la mostra fotografica “Earth’s Memory”, come i ghiacciai sono cambiati negli anni. Sono loro i testimoni di questa crisi climatica e del nostro futuro?
Sicuramente. Il ghiacciaio ha due funzioni: da un lato nessuno può negare che quando il ghiacciaio si ritira, il clima sta cambiando. Basta confrontare le fotografie e noi abbiamo perso per esempio quasi la metà della massa dei ghiacciai dell'Artico. Questo è un grave problema. Dall'altro però la situazione è ancora peggiore: se tu metti un cubetto di ghiaccio in un bicchiere d'acqua, questo fonde quasi subito; se metti 4 o 5 cubetti, fondono tutti più lentamente. Questo significa che il ghiacciaio è anche la nostra riserva, è un aiuto. Più ghiacciaio c'è più difficilmente fonde. Quindi quando diminuiscono diventano ancora più preda della fusione e li perdiamo più in fretta.

Il tema della prossima Giornata Nazionale per la Custodia del Creato è “prese il pane e rese grazie”, il pane sembra una cosa scontata perché ce l'abbiamo quotidianamente, ma ogni pezzo comunque arriva da lontano ed è un dono della terra. Crisi climatica è anche crisi alimentare?
Certamente. La gran parte delle terre coltivabili nel mondo, non sono direttamente per uso umano, ma servono per nutrire gli animali da carne per la parte più ricca del mondo e questo è un punto veramente cruciale. Ciò significa che noi in Etiopia mettiamo a coltivazione terre che potrebbero permettere la sussistenza delle popolazioni locali e invece le utilizziamo per trarne alimentazione per gli animali.

Cosa possiamo fare nel concreto per l'ambiente?
A livello individuale, ognuno di noi ha la possibilità di tenere comportamenti virtuosi. Quando ci spostiamo dobbiamo evitare di usare l'automobile col motore a combustione, o limitarne l'uso, e usare altre modalità di spostamento come il treno. Ma anche mangiare in modo diverso. Perché se mangiamo cibo a km 0 e evitiamo carne di allevamenti intensivi, facciamo un gran servizio all'ambiente. Poi la casa, per chi può, quando si ristruttura bisogna fare in modo che possa fornirsi di energie rinnovabili. Il problema è che se non c'è una classe imprenditoriale che si riconverte in maniera sostenibile; se non c'è un governo, un'amministrazione che l'aiuta riconvertite; e se non c'è un accordo internazionale tanta strada non la facciamo anche se noi ci impegniamo.

Quindi riconvertire il nostro stile di vita?
Prima le attività produttive e in parte anche il nostro stile di vita. Sono riconversioni che non costano tanto. Si tratta di abitudini che possiamo cambiare senza stravolgere la nostra esistenza.

Quanto tempo abbiamo ancora per non arrivare ad un punto di non ritorno?
Il punto di non ritorno lo vedremo negli specchietti retrovisori e ci sorpasserà senza che ce ne saremmo accorti, perché le conseguenze sono a lungo termine e noi siamo già fuori tempo.

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