attualita

TerraFutura: il Papa dialoga sull’ecologia con Carlin Petrini

Alessandro Di Bussolo Vatican News
Pubblicato il 08-09-2020

Bisogna cambiare in fretta i nostri paradigmi se vogliamo avere un futuro

Un Papa, come Francesco, che da cardinale non capiva “la forza con cui i vescovi brasiliani parlavano dei grandi problemi dell’Amazzonia” nella conferenza di Aparecida, né che cosa c’entrasse col suo ruolo di vescovo “la salute del polmone verde del mondo”. E un agnostico, ex comunista e gastronomo, come Carlo Petrini, fondatore di “Slow food”. Uniti entrambi dalle comuni radici piemontesi. Dal loro incontro nasce “TerraFutura. Dialoghi con Papa Francesco sull’ecologia integrale”, libro in uscita il 9 settembre che Petrini, anche promotore della rete internazionale ecologista “Terra Madre”, pubblica con Giunti-Slow Food Editore. Il Papa oggi 83.enne, padre e nonno materno astigiani, e il 71.enne gastronomo e scrittore della cuneese Bra, amico del vescovo di Rieti Domenico Pompili - col quale ha creato le Comunità Laudato si’ per “dare gambe” a quanto proposto da Francesco nella sua Enciclica - si sono incontrati la prima volta proprio insieme a monsignor Pompili.

Petrini colpito dal primo viaggio a Lampedusa
Il vescovo, che firma la prefazione, ricorda che Francesco e "Carlin" (così Petrini è più conosciuto), “sono interessati alla Terra e al suo futuro” e che dal loro confronto emergono le vie “per una ecologia che cessi di essere una bandiera e diventi una scelta”. Il punto di partenza è il pensiero di Papa Francesco, che colpisce l’agnostico Petrini fin dalla scelta di compiere il primo viaggio da Pontefice a Lampedusa, “in segno di solidarietà con i migranti”.

Genesi della Laudato si’
Nel primo dialogo, il 30 maggio 2018, a tre anni dalla pubblicazione dell’Enciclica, che l’ospite Carlo definisce di “potenza straordinaria”, che “ha cambiato lo scenario del discorso ecologico e sociale”, Francesco parla della genesi della Laudato si’. Ricorda che è frutto del lavoro di tante persone, scienziati, teologi e filosofi, che “mi hanno aiutato molto a fare chiarezza”, e che con il loro materiale ha lavorato “alla composizione finale del testo”.

L'attesa della ministra Ségolené
E spiega di aver capito per la prima volta “la centralità” del documento e “la sua importanza per i temi che toccava”, a fine novembre del 2014, incontrando all’arrivo a Strasburgo, per la sua visita al Parlamento europeo, l’allora ministra dell’ambiente francese Ségòlene Royal. Che, racconta il Papa, manifestava “molto interesse” per il testo, di cui si conosceva solo il riferimento “ai temi della casa comune e della giustizia sociale”. “E’ importantissimo”, disse la ministra al Pontefice, predicendo che sarebbe stato “di grande impatto, lo aspettiamo in molti”.

Si aspettava una voce forte, ora penso sia accettata
Fino ad allora, confessa Papa Francesco a Petrini, “non sapevo che avrebbe fatto tanto scalpore”.

Lì mi sono reso conto che l’attesa cresceva e che ci si aspettava una voce forte in questa direzione. Poi è andata bene: dopo la sua uscita, ho visto che la maggioranza della gente, di quelli che hanno a cuore il bene dell’umanità, l’ha letta e apprezzata, la utilizza, la commenta, la cita. Penso sia stata quasi universalmente accettata.

La “conversione ecologica” di Jorge Mario Bergoglio
A Carlo che gli chiede conferma del fatto che la sua attenzione ai temi dell’ambiente “è maturata nel tempo”, Francesco confida che “è stato un percorso lungo”, iniziato nel 2007 ad Aparecida, in Brasile, dove da cardinale arcivescovo di Buenos Aires era presidente della Commissione di redazione del documento finale della V Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi. Ricorda bene “di aver provato fastidio” per l’atteggiamento dei vescovi brasiliani che in ogni occasione “parlavano dei grandi problemi dell’Amazzonia”, delle loro “implicazioni ambientali e sociali”, e “non capiva questa urgenza e insistenza”. Eppure arrivavano sollecitazioni continue, anche da colombiani ed ecuadoriani, per inserire questi temi nel documento finale. Da allora, commenta il Pontefice, “molto tempo è passato, e io ho cambiato completamente la percezione del problema ambientale”.

Un’Enciclica per tutti
Se Petrin fa notare che trova ancora difficoltà nel costruire ponti di dialogo tra il mondo “credente” e quello “laico”, Francesco sottolinea che “la Laudato si’ è un punto comune di ambedue le parti, perché è stata scritta per tutti”. Il dialogo, ribatte il gastronomo-scrittore, “non è un’opzione morale”, ma “un metodo vero e proprio”. E il Papa aggiunge che “è un metodo prima di tutto umano”. Non si tratta, ribadisce, “di appiattire le differenze e i conflitti, ma al contrario di esaltarle e nello stesso tempo superarle per un bene superiore”.

Cambiare noi per primi
Nella lettura dell’Enciclica, il fondatore di “Slow food” è rimasto affascinato dal valore dato alle “buone pratiche individuali” nel “generare cambiamenti virtuosi”. Il cambiamento parte da noi, conferma Francesco, ricordando che “il vizio del parroco è spegnere la luce, sempre”, perché deve “custodire le offerte per poterle poi utilizzare in beneficenza”. E invece, fa notare, la terza voce di spesa delle famiglie del mondo, dopo cibo e vestiario, è la cura del corpo, della bellezza e la chirurgia estetica, e la quarta gli animali domestici. “Non compare l’educazione”, lamenta, e così “è difficile parlare di un nuovo approccio ecologico e di una nuova armonia con l’ambiente”.

No all’egoismo di chiedere troppo alla Terra
Per stimolare gli uomini ad agire in prima persona per il cambiamento, il Pontefice cerca le parole giuste: Va combattuto l’egoismo, il pensiero per cui io sfrutto la Madre Terra perché la Madre Terra è grande e deve darmi quello che io voglio, punto. È un pensiero del tutto malato, non potrà che portarci al collasso.

Non è un’Enciclica ambientalista, ma sociale
E’ qui che Papa Francesco torna sul concetto di ecologia integrale, per spiegare che “la Laudato si’ non è un’enciclica verde, non è un testo ambientalista. È piuttosto un’enciclica sociale”. Perché noi uomini, “siamo i primi a far parte dell’ecologia”, uomo e ambiente non sono separabili.

Biodiversità è pregare Dio con la propria cultura
L’ospite gli ricorda anche il grande valore che l’Enciclica dà alla biodiversità, e il Papa chiarisce che “è il patrimonio che ci consente di vivere su questo pianeta”, una ricchezza inestimabile, “ma noi con il nostro modello produttivo ed economico, la distruggiamo come se non ci interessasse”. Giacimento di biodiversità è l’Amazzonia: a Carlo che gli rammenta il discorso pronunciato a Puerto Maldonado e il valore riconosciuto alla spiritualità e alla cultura dei popoli indigeni, Francesco parla di “inculturazione”.

Noi possiamo pregare tutti alla stessa maniera, ma questo distrugge la biodiversità umana, che è anzitutto culturale. No! Ognuno preghi secondo la propria cultura! E celebri i sacramenti secondo la propria cultura: nella Chiesa ci sono più di venticinque riti liturgici differenti, che sono nati in culture diverse.

Portare il Vangelo nel mondo significa inculturarlo
Il Pontefice ricorda le critiche ricevute dalla sua affermazione “abbiamo bisogno di una Chiesa Amazzonica” e poi quelle scandalizzate dei teologi romani a Matteo Ricci, il missionario gesuita che voleva “inculturare” il Vangelo in Cina, “accettando anche qualche rituale cinese”. “La Chiesa non lo capì – spiega con disappunto – chiudendo di fatto le porte al Vangelo in Cina”.

“Benedetto XVI, un rivoluzionario”
Il primo dialogo si chiude con Carlo Petrini che elogia i Missionari della Consolata e la loro testimonianza del Vangelo attraverso un ospedale per gli Indios Yanomani, nell’Amazzonia brasiliana, senza fare proselitismo, e Papa Francesco che ricorda come sia stato Benedetto XVI, ad Aparecida, ad affermare che “la Chiesa cresce non per proselitismo ma per attrazione, cioè per testimonianza”, condannando così il proselitismo.

Perciò mi arrabbio quando dicono che Benedetto è un conservatore, Benedetto è stato un rivoluzionario! In tante cose che ha fatto, in tante cose che ha detto, è stato un rivoluzionario.

Verso il Sinodo panamazzonico
Il secondo incontro avviene il 2 luglio 2019, quando mancano tre mesi al Sinodo dei vescovi per l’Amazzonia. Il padre di “Slow food”, che il quella occasione riceverà l’invito a partecipare all’assemblea come uditore, chiede al Papa cosa si aspetti, e Francesco risponde: “Che abbia un impatto dirompente”. Perché “c’è bisogno di accendere discussioni fertili e proficue”, “di mettere in circolo energie e idee”. Smentisce che sia organizzato per “consentire ai preti amazzonici di sposarsi”. Vescovi ed esperti di tutto il mondo, e rappresentanti dell’Amazzonia, spiega, si confronteranno “sui grandi temi dei nostri giorni”: “ambiente, biodiversità, inculturazione, rapporti sociali, migrazioni, equità e uguaglianza”. Il Pontefice rivela di aver voluto “invitare anche qualche prete e vescovo un po’ conservatore”, perché “se non ci sono opinioni diverse il dibattito è sterile e si rischia di non fare alcun passo avanti”. C’è bisogno, spiega, “del pensiero e delle risorse di tutti”.

Non basta l’ambientalismo, serve giustizia sociale
I grandi temi da discutere, ricorda Papa Francesco, sono tutti affrontati nella Laudato si’ Non si tratta di ambientalismo, che per quanto nobile non è sufficiente. Qui stiamo parlando di quale modello di convivenza e di futuro abbiamo e di come costruirlo: in gioco c’è l’enorme questione della giustizia sociale che ancora oggi, nel mondo interconnesso e apparentemente prospero in cui viviamo, è ben lontana dall’essere realizzata... (Vatican News)

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA