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L’infelicità delle famiglie povere

Claudio Brachino, Il Giornale vocidicitta.it
Pubblicato il 12-05-2020

Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo. Purtroppo questo bellissimo incipit non è mio ma di Tolstoj. Siccome però il Covid ha stravolto ogni cosa, possiamo ritoccare anche la storia della letteratura per fini sociali e dire: tutte le famiglie felici lo sono ognuna a modo suo, tutte quelle infelici si assomigliano.

Si assomigliano così tanto che possono finire nelle ricerche di Save the children, la più grande organizzazione del mondo che si batte per migliorare la vita dei bambini. Chi era ricco prima della pandemia lo è ancora, anzi qualcuno si è arricchito pure. C’è chi ha fatto la quarantena in ville e giardini, c’è chi ha trovato il tempo, come molte coppie vip, di aggiornarci sulla vetrina di Instagram su balli, torte, padelle ed esercizi hot.

Molte famiglie invece sono andate in crisi e hanno paura per il futuro. Le epidemie aumentano le diseguaglianze, nella fascia delle famiglie fragili, così vengono nominate le situazioni già a rischio. Un genitore su 7 ha perso il lavoro, 6 su 10 hanno meno entrate, mentre è raddoppiato il numero di quelli che hanno bisogno di assistenza pubblica (dal 18,6 al 32,3%). Soprattutto quasi una famiglia su due di questa fascia (44,7%) ha ridotto le spese alimentari proteiche, cioè carne e pesce. Un nucleo su tre ha rimandato il pagamento delle bollette, uno su quattro quello di mutui e affitti.

Questi ultimi parametri (cibo e debiti da saldare) fanno parte dei nove punti stabiliti su scala europea per calcolare la deprivazione sociale, detto in termini meno burocratici, la povertà. Molte di queste famiglie, essendo la ricerca condotta sui minori fra gli 8 e i 17 anni nell’ultima settimana di aprile, contavano sull’aiuto della scuola. Per gli orari lunghi, per la mensa e spesso per poter andare anche a lavorare. Chi legge questi pessimi dati tende a pensare, beh io ancora non sono ridotto così.

Ma attenzione, qui siamo solo alla punta dell’iceberg, l’impatto della complessiva crisi economica da coronavirus non è stato ancora maliziosamente dichiarato. Intanto secondo Confcommercio 270mila imprese rischiano la chiusura definitiva. Molti bar, negozi, ristoranti. Per passare all’economia spicciola, le storie reali della gente, una mia amica che vive con la figlia di 8 anni ha già avuto il benservito dal bar in cui lavorava. Con le nuove regole, quando si riaprirà, meno caffè, meno gente occupata. Quando la sera scende, chissà com’è il clima in quella piccola famiglia!


Claudio Brachino, Il Giornale

Claudio Brachino, Il Giornale

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