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Carofiglio: il tempo non esiste più

Gianrico Carofiglio Pixabay
Pubblicato il 27-05-2020

L'idea dello scorrere lineare delle ore è un retaggio culturale

I mesi appena trascorsi hanno messo in movimento molte riflessioni sui temi più vari.

Fra questi il concetto di tempo che, attraverso la lente di ingrandimento di queste settimane irreali, ci è parso, più del solito, ambiguo e inafferrabile.

Anni fa i linguisti George Lakoff e Mark Johnson proposero un esperimento mentale: cercate di parlare del tempo - dello scorrere del tempo - senza usare metafore; appena il caso di notare che "scorrere del tempo" è una metafora, il riferimento cioè a una entità nota e sensibile (il fiume che scorre) per alludere a un'entità che i sensi non sono in grado di percepire, cioè appunto il tempo. In ogni caso, provateci. Il risultato sarà sorprendente e anche un po' inquietante: non abbiamo parole per descrivere il tempo, per parlarne, per pensarlo, che non siano riferimenti analogici ad altre entità.

L'idea di un tempo lineare - quello che scorre come un fiume - non è infatti una constatazione, ma un retaggio culturale. In molte civiltà, come in molte riflessioni filosofiche, troviamo concezioni e punti di vista del tutto differenti. Per esempio gli indigeni Papua delle isole Trobriand o i pellerossa Hopi non pensano il passato come una fase precedente del presente, ma come parte di un ampio presente unitario. La lingua parlata dalla popolazione brasiliana dei Piraha non contiene quasi nessuna espressione che alluda al tempo, che è dunque una categoria quasi inesistente in quell'orizzonte culturale.

Ernst Mach, fisico, filosofo, pioniere degli studi sulla percezione, diceva che non siamo in grado di misurare i mutamenti delle cose rapportandoli al tempo. Al contrario desumiamo l'esistenza del tempo proprio per via della constatazione del mutamento. Per Sant' Agostino è inesatto dire che i tempi sono passato, presente e futuro: più corretto sarebbe parlare di presente del passato, presente del presente e presente del futuro. L'idea di un tempo lineare è psicologicamente e culturalmente collegata ai concetti di prestazione, di competizione, di successo e di fallimento. La procedura, il modo in cui si fanno le cose, non conta in questa (dominante) visione interessata solo ai risultati e alla loro misurabilità, soprattutto economica.

Un atteggiamento alternativo è quello che di fronte a un nuovo compito non produce la modalità dell'ansia rivolta solo al risultato, e propone invece una domanda procedurale: come farò questa cosa, seguendo quale percorso, osservando quali regole tecniche ed etiche? Consapevolezza, leggerezza e (con una contraddizione solo apparente) rapidità sono le modalità di questo diverso atteggiamento che porta con sé una conseguenza paradossale e affascinante: la nostra percezione del tempo ne risulta mutata; cominciamo a dubitare della sua linearità e della sua opprimente finitezza.

Tutti hanno sperimentato, almeno qualche volta, l'esperienza di venire completamente assorbiti da una attività: leggere, disegnare, scrivere, potare una siepe, ascoltare musica, praticare un'arte marziale, costruire o riparare un oggetto, cucinare. In questi casi, quando siamo assorbiti dal pr ocesso e non pensiamo al risultato, si ridefiniscono la percezione e la misura del tempo; esso si altera, si dilata, si estende in molte direzioni, mostra anfratti sconosciuti. In questi casi ci rendiamo conto - per poi, purtroppo, dimenticarcene - delle possibilità che derivano dall'azione consapevole, cioè dal vivere totalmente nel momento presente. Anzi, per dirla con Sant' Agostino: nel presente del presente.

Ma approfondiamo la nozione di rapidità in contrapposizione a un altro concetto solo in apparenza affine: la fretta. La rapidità è il risultato della competenza e della padronanza; implica preparazione, studio, pratica. Si racconta che una volta Picasso fosse seduto in un bistrot parigino e, distrattamente, mentre chiacchierava con gli amici, avesse fatto un rapido schizzo sul tovagliolo di carta. Una signora seduta a un tavolo vicino, notata la cosa, chiese al maestro di poter comprare il disegno. Picasso acconsentì, ma quando la signora domandò il prezzo, si sentì chiedere una cifra spropositata. «Ma come, le ci è voluto solo qualche secondo» disse la donna. Picasso rispose: «Signora, si sbaglia. Mi ci è voluta tutta la vita».

La fretta al contrario della rapidità, non consente il controllo delle azioni, delle dichiarazioni, dell'elaborazione delle opinioni. Essa dipende dall'impreparazione, ostacola l'approfondimento e la comprensione, impedisce la precisione; produce, nel migliore dei casi, delle mezze verità, nel peggiore e più frequente dei casi, un totale e pericoloso fraintendimento delle idee e dei fenomeni... (Repubblica)

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