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Papa e Kirill, un incontro che cancella 962 anni di lontananza

ORAZIO LA ROCCA
Pubblicato il 30-11--0001

Un grande, grandissimo capolavoro di portata storica, ma lontano dalla sua cornice naturale. Sono  tante le parole con cui si può raccontare l'evento più importante del Giubileo della Misericordia, l'incontro tra papa Francesco e il Patriarca ortodosso russo Kirill. L'evento, coltivato e portato a  buon fine dal sapiente riservato lavoro delle diplomazie delle Chiese cattolica ed ortodossa, avverrà  venerdì prossimo 12 febbraio a Cuba, data e luogo già inserite d'autorità nel registro degli  avvenimenti più importanti che cambieranno il corso della storia cristiana di questo tormentato  inizio di terzo millennio. Un incontro che di fatto cancella ben 962 anni di totale lontananza tra il  Papa di Roma e la maggiore guida spirituale delle chiese ortodosse, un muro che dallo Scisma del 1054 ha tenuto diviso l'intero universo cristiano, creando scandalo, dolore, incomprensione, tra i circa 2 miliardi e mezzo di fedeli cristiani.

Una gigantesca ferita nel cuore del cristianesimo che ha prodotto nei secoli la nascita di una miriade di chiese contrapposte e – purtroppo spesso e volentieri  – le une contro le altre armate sulla spinta di reciproche scomuniche, di accuse e di condanne  bilaterali, ma anche di “concorrenza” sleale a causa di lotte fratricide i cui frutti amari ancora oggi si toccano con mano persino davanti al Santo Sepolcro di Gerusalemme dove fu sepolto Gesù. Basti  pensare che fin dall'occupazione musulmana di Gerusalemme per evitare scontri tra le varie componenti cristiane le chiavi del portone di ingresso da secoli sono in mano ad una famiglia  islamica che ha la responsabilità di aprire e di chiudere l'accesso al Sepolcro.

L'interno della basilica, poi, è rigorosamente diviso tra tutte le componenti cristiane, che con altrettanto rigore si sono “spartite” le aree della basilica della Natività di Betlemme. L'incontro Bargoglio-Kirill porrà fine a tutto questo? Speriamo di sì, pur senza escludere che la strada della definitiva unione dei cristiani come era prima del tragico anno 1054 è ancora lunga. Va detto che di passi ne sono stati compiuti già tanti, specialmente da parte della Chiesa cattolica fautrice di una politica del dialogo e dell'ecumenismo grazie al Concilio Vaticano II voluto da Giovanni XXIII e completato da Paolo VI, il Papa che nel 1964 nel suo primo storico viaggio in Terra Santa incontrando Atenagora, il Patriarca di Costantinopoli, lo abbracciò come un “fratello”.


Evento impensabile senza la svolta conciliare che portò all'annullamento delle reciproche scomuniche. Da allora tutti gli altri Papi hanno continuato nella strada tracciata da Giovanni XXIII e Paolo VI, specialmente Giovanni Paolo II e Benedetto XVI (Giovanni Paolo I guidò la Chiesa  solo per 33 giorni), che hanno favorito gli incontri praticamente con tutte le chiese ortodosse, specialmente col Patriarcato di Costantinopoli, ad eccezione della Chiesa ortodossa russa, a causa di una ostinata opposizione dei predecessori di Kirill. Un “niet” che ha impedito a Wojtyla e  Ratzinger di incontrare a Mosca il Patriarca ortodosso, guida di oltre 200 milioni di cristiani russi.


Con l'annunciato incontro di Cuba tanti muri si apprestano a cadere, tante distanze saranno colmate, grazie ad una sapiente opera diplomatica favorita, per uno strano “scherzo” del destino (o della Divina Provvidenza?), anche da un leader politico come il presidente russo Vladimir Putin (ex capo del Kgb, il famigerato servizio segreto dell'ex impero sovietico che lottò inutilmente contro la religione, specialmente quella cattolica) e dall'attuale presidente cubano Raul Castro, che non ha mai nascosto di essere ateo, guida di uno degli ultimissimi regimi comunisti insieme alla Cina e alla Corea del Nord, altri paesi che i papi di Roma finora hanno cercato di visitare, ma senza successo.


E' innegabile che anche la simbolica, apparentemente incomprensibile, congiunzione astrale Putin-Castro abbia portato all'incontro di venerdì prossimo a Cuba, in un terreno “neutro”, lontano sia da Roma che da Mosca. Una cornice innaturale per papa Francesco e il Patriarca Kirill, ma che ha portato ad una svolta nei rapporti tra cattolici ed ortodossi russi impensabile fino a venerdì scorso, il giorno dell'annuncio ufficiale dell'incontro cubano. Cornice o non cornice, il corso dei tormentati rapporti tra cattolici ed ortodossi è cambiato, e Mosca per il Papa di Roma è meno lontana. Come pure il Vaticano per il Patriarca Russo. Basta saper aspettare e far lavorare anche atei ed ex atei, come insegnano Raul Castro e Vladimir Putin.

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