Si possono amare i nemici? Come è difficile essere cristiani

di Edoardo Scognamiglio

Nella meditazione di giovedì 11 settembre 2014, papa Francesco è andato al cuore della fede cristiana: l’amore per i nemici. Si può ritenere per vero, infatti, senza sbagliare, che l’essenza del cristianesimo è l’amore verso tutti, anche e soprattutto verso coloro che ci fanno del male e ci procurano prove e tribolazioni. È mai possibile amare coloro che ci fanno del male? Forse è più facile suggerirlo agli altri, così come si può predicare il perdono, la fratellanza, l’attenzione al prossimo, al forestiero, ai poveri… Ma quando il male e la sofferenza toccano, per colpa di qualcuno, le nostre vite, come anche le nostre famiglie, noi andiamo subito in crisi e ci ribelliamo alla logica del Vangelo: amare come Gesù, sino al dono di sé.

Papa Francesco ha ribadito che proprio questa logica ci rende stolti, ossia non compresi dagli altri. D’altronde, la differenza cristiana è questa: amare tutti, anche i nemici. Non possiamo capire le parole di Gesù, soprattutto quelle delle Beatitudini, senza avere come punto di riferimento il Regno di Dio o dei cieli che in Gesù si avvicina e si compie. Solamente facendo nostra la logica delle Beatitudini sentiremo meno dolore nel mettere in pratica l’amore per i nemici. Ognuno di noi si sente ribellato, vive una certa resistenza nel concedere il perdono o nel dare comprensione a chi ci fa un torto grande. Pensiamo, ad esempio, a chi ha ucciso, a chi perseguita i cristiani. Pensiamo, ad esempio, alla Shoah, alla morte di circa sei milioni di ebrei (e non solo) nei campi di sterminio nazisti. Come si può perdonare il proprio carnefice? Come si possono dimenticare gli atti di violenza dell’Isis, dei terroristi internazionali? Come scordare il disastro dell’11 settembre 2001? Quanti morti in Siria, in Iraq, in Libano, in Egitto, in Sudan… Il segreto non è quello di non avere nemici o di farsi amico il nemico, bensì di cambiare completamente prospettiva e di vedere gli altri e il mondo con gli occhi di Gesù, ossia con la luce dello Spirito Santo. Qui, infatti, c’è in gioco la nostra vita, come pure il senso della fede evangelica. Ma che senso ha morire per gli altri e rispondere al male con il bene sempre? Perché non difendersi davanti al nemico? Perché non desiderare la sua morte?

Papa Francesco ha ricordato che Gesù ci ha dato la legge dell’amore: amare Dio e i fratelli. L’atteggiamento del cristiano è rivelato nelle Beatitudini: fare del bene a chi ci odia. È la novità del Vangelo. Si tratta, ha detto papa Francesco, di un semplice scambio: “tu mi ami, io ti amo”. Purtroppo, non sempre si vive la reciprocità: “io ti amo, ma tu non mi ami”; “io ti faccio del bene e tu mi ricambi con il male”. Evidentemente, il Vangelo è una novità difficile da portare avanti e ciascuno di noi deve ancora molto camminare prima di diventare un vero discepolo. Il papa l’ha riconosciuto: il cammino del cristiano non è facile. Da qui scoraggiamenti, abbattimenti: ma chi ce lo fa fare? Perché devo amare i nemici? Perché devo sempre perdonare? Perché fare sempre il primo passo? La risposta è data da Gesù che cammina verso il Padre. La vita cristiana non è auto-referenziale: dobbiamo uscire da noi stessi come Gesù per abbracciare la croce e andare verso il Padre, compiendo in tutto la sua volontà. Come mi sento lontano da questa logica del Vangelo! E voi? Non è per niente facile essere-diventare cristiani!