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I recenti fatti di Cremona dei “bulli social” Intervista al sociologo De Masi

Antonio Tarallo www.fobiasociale.org
Pubblicato il 07-07-2019

Su questa triste e spiacevole vicenda, abbiamo ascoltato il noto sociologo Domenico De Masi

In certi avvenimenti di cronaca – bisogna dirlo – c’è sempre un “quid” d’inspiegabile, difficile da comprendere.  Accadimenti privi di logica, ma che comunque riescono a riempire colonne di quotidiani, a destare nell’opinione pubblica – giustamente – interesse e preoccupazione. E’ il caso delle numerose risse, aggressioni, rapine e spaccio di droga, divenuto per diversi mesi pane quotidiano della baby gang dei “bulli social di Cremona.dissing”, questo il nome della loro pagina Instagram. Il gruppo è stato sgominato dall’ Arma dei Carabinieri della Compagnia di Cremona, guidati dal maggiore Rocco Papaleo. All’alba del 5 luglio scrorso, sono stati arrestati sette ragazzi (quattro finiti in carcere e altre tre ai domiciliari), e denunciati ben altri diciotto. Età compresa tra i 15 e i 18 anni. I ragazzi hanno agito, per diversi mesi, nella centralissima piazza Marconi della città Cremona. All’inizio, solo la provocazione verbale di uno della banda nei confronti della vittima designata, poi la seguente reazione da parte di quest'ultima (anche solo verbale), e il “naturale” finale in vendetta: questa, la prassi consolidata dal gruppo dei “social-bulli”. Come, “ciliegina sulla torta”, i video delle aggressioni, venivano poi pubblicati nella pagina denominata “Cremona.dissing”.

Su questa triste e spiacevole vicenda, abbiamo ascoltato il noto sociologo Domenico De Masi, per comprendere meglio tale fenomeno. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente e gentilmente ha risposto così alle nostre domande.

Professor De Masi, la prima domanda è – forse – la più naturale. Cosa può spiegare il fatto che dei ragazzi tra i 15 e i 18 anni, possano impiegare il loro tempo in atti come questi, in una età – tra l’altro – enormemente formativa?

Bisogna tener conto che siamo stupiti da un fatto come questo perché, prima di tutto, siamo in Italia. Certamente se fossimo in paesi come il Brasile, cose del genere – penso a città come Rio de Janeiro – accadono assai frequentemente. Lì magari i motivi sono differenti, ovviamente. Mancando lì, le risorse, i ragazzi si avviano a una criminalità che risulta, veramente, criminalità. Non è per il “gusto” di picchiare o di picchiarsi, ma è soprattutto per ricavarne – grazie a furti e pestaggi – risorse per vivere. Da noi, molti giovani, non avendo altra possibilità di poter ricavare qualche guadagno, trovano in quelle strade, la possibilità di farlo. A questo, bisogna aggiungere i gruppi che lo fanno, soprattutto, per spavalderia, per rivalsa. O, ad esempio, per autorealizzarsi, non trovando altre forme di autorealizzazione.

Non trovando altre forme di autorealizzazione…dunque dietro a questi ragazzi si cela, in profondità, un malessere, un vuoto…

Beh, immaginiamo ad esempio un ragazzo che va molto bene a scuola, magari si sente realizzato…in questo caso non c’è nessun problema. Magari, invece un ragazzo che non ha alcun interesse agli studi, non ha rapporti molto intensi con la famiglia, non ha un hobby – come ad esempio lo sport – tende inevitabilmente a colmare questo vuoto con la fantasia, e – purtroppo –spesso la fantasia cade in situazioni criminali.

Inevitabile, visto gli avvenimenti di Cremona, spostare un attimo l’attenzione sui social. Questo strumento che doveva essere, alla sua comparsa, un modo più “fraterno” di condivisione, sta divenendo – invece – un mezzo di divisione, se non veicolo di fatti come questi. Che ne pensa?

No, questo debbo dire non è vero. Aumenta sì questo uso patologico dei media, ma aumenta anche un uso fisiologico. Dobbiamo dire che siamo sempre più aiutati – grazie proprio ai social – a fare dei gruppi di ricerca, che se non avessimo questi mezzi, sarebbe alquanto difficile. Bisogna precisare che proprio grazie a questi strumenti nuovi, stiamo riuscendo a salvare addirittura vite umane, si creano gruppi di solidarietà. Quindi non sono del tutto favorevole a demonizzarlo, insomma…

Altro tema, visto che parliamo di adolescenti è la Famiglia. Era lei, in fondo, la detentrice di valori da trasmettere alle nuove generazioni, mentre ora non è più così. Allora, il problema è proprio la Famiglia? 

Io direi, “il problema è anche lì”. Ma non solo. Ormai sono molti decenni che la famiglia non è più l’unica agenzia di socializzazione. Ci sono i pari (i compagni), i coetanei – e quelli ci sono sempre stati – e, in più, ci sono i media, i social, che prima non avevano certo il potere che hanno oggi. La famiglia, ormai, ricopre solo un quarto del “potere” di influenzare il figlio. L’altro tre quarti dipende, da tempo, da altre agenzie (vedi, appunto i social e altro) che spesso sono in contrasto con i valori della famiglia stessa. Molte volte, queste agenzie di socializzazione entrano in conflitto fra loro, provocando schizofrenie contemporanee per un giovane che, alla fine, non sa più cosa scegliere.


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