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Atocha, 10 anni dopo: 192 foto per ricordare le vittime della strage

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Un nome e un cognome scritto su un foglietto, su una mano, sul vetro di un finestrino, su uno spazio bianco, un binario, un treno fermo: negli stessi posti in cui c'era una vita. C'è una fotografia in bianco e nero per ogni caduto delle stazioni di Madrid a ricordarci che 192 non è soltanto un numero nella memoria, ma un insieme di destini che passavano a caso troppo vicini a quei dieci zaini pieni di esplosivo, messi su quattro treni regionali di passaggio. Atocha, El Pozo del Tío Raimundo e la stazione di Santa Eugenia, sangue e ferite.

Era la mattina dell'11 marzo di dieci anni fa, in Spagna. "Project 192" è un album di fotografie scattate a distanza (una distanza che è geografica e di tempo). Raccontano tutte la stessa cosa: l'assenza. Gli scatti sono firmati da 192 fotografi di varie nazionalità: soprattutto italiani, ma anche filippini, turchi, indiani, canadesi, francesi, portoghesi, inglesi tedeschi, spagnoli. Ciro Prota, fotografo napoletano che vive a Parigi ha lanciato l'idea un anno fa e, tramite Facebook, ha raccolto le adesioni. Unica condizione: l'uso del bianco e nero e il formato (30 per 30 e 30 per 45).

A ciascuno è stato assegnato il nome di una vittima e ciascuno ha raccontato quell'assenza come la vedeva: attraverso un vetro appannato, un paio di ballerine lasciate sulla terra nera della ferrovia, un bagaglio dimenticato, una panchina con qualcuno che aspetta. Il progetto è nato nel 2013 e hanno aderito sia fotografi professionisti, sia non professionisti. Fra i primi ci sono Francesco Cito, Virgilio Fidanza, Luca Forno, Sara Munari tanto per citare qualche nome. Tutti hanno partecipato gratuitamente a "Project 192".

l risultato è un doloroso mosaico collettivo sulla memoria e su quelle vite perse. Kalina che dalla Bulgaria era arrivata in Spagna per lavorare al desk di un albergo, Francisco Rogriguez il sindacalista ricordato con un cappello per terra, Begona che aveva 25 anni ed era figlia unica e molti altri. Un mazzo di rose con boccioli caduti e un uomo di spalle sono, per esempio, la fotografia dedicata a Begona Martin. Per Carlos, invece lo scatto è il suo nome scritto su un tronco accanto a un uomo che aspetta sotto la massicciata. E poi vagoni, stazioni, valigie, orologi. Dettagli evocativi: "Io avevo Sanae - spiega Erasmo Perani, uno dei fotografi che a Roma ha organizzato il flash mob in piazza Navona - era una ragazzina di 13 anni morta nella strage terroristica. Ho fotografato un'altra tredicenne che cede il suo biglietto del treno, come a dire: non parto, non mi presento all'appuntamento con la morte".

Una fotografia per ogni vittima, uno scatto contro l'amnesia inesorabile del tempo: diventerà presto un libro, Project 192 e una mostra itinerante, per non dimenticare.(Repubblica)

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