racconti

Perché a te? perché a te? perché a te?

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Franco Cardini, Storico

Perché a te? perché a te? perché a te? Francesco è di ritorno dal boschetto presso la Porziuncola, nella piana sotto Assisi; è lì che suole pregare. E uno dei suoi fratelli più cari, frate Masseo, gli si fa incontro quasi aggressivo, quasi minaccioso: “Dico perché a te tutto il mondo viene dirieto, e ogni persona pare che desideri di vederti e d'udirti e d'ubbidirti? Tu non se' bello uomo nel corpo, tu non se' di grande scienza, tu non se' nobile; donde dunque a te, che tutto il mondo ti venga dietro?”. Questo episodio è narrato nel X capitolo dei Fioretti: un testo difficile, tendenzioso e di solito malinteso. È diffusa l'idea che si tratti d'una lieve, quasi fanciullesca raccolta di episodi edificanti sulla vita del Poverello d'Assisi. È la raccolta di “leggende” care e familiari a tutti noi, fin da bambini: le dolci tortorelle, le gaie rondini, il feroce lupo di Gubbio convertito alla mansuetudine. In realtà, si tratta di pagine sempre impegnate e schierate. E come tali refrattarie a venir interpretate se non al rigoroso interno del loro contesto storico. Eppure, quella pagina, quel grido angoscioso che a noi sembra un misto di disappunto e d'invidia, hanno qualcosa di anacronistico, tanto ci sono vicine. Sono di una sconcertante contemporaneità. Nel mondo dell'avere e dell'apparire, nella società dell'effimero e dello spettacolo, nessuna domanda sarebbe più appropriata se rivolta a qualcuno che effonde attorno a sé un carisma speciale e che riscuote uno straordinario successo. Uno che diventa dunque un modello: un oggetto d'emulazione ma anche d'invidia e quasi di astio, di rancore. Perché a te, perché tutto i mondo ti viene dietro, e tu affermi addirittura di non curartene, di non averlo né cercato né voluto? 0tto secoli dopo, l'angosciosa domanda di frate Masseo continua a risonarci dentro. Perché a te, Francesco d'Assisi? Mai forse nella storia della Chiesa, del cristianesimo e delle religioni – o forse nella storia tout court – nessuno è mai stato tanto lodato, tanto ammirato, tanto rivendicato da tutti. Un Santo per tutti i gusti e per tutte le stagioni: hanno voluto presentarci volta per volta un Francesco protestante, uno socialista, uno fascista, uno “figlio dei fiori”; e ora si vanno aggiungendo alla lista un Francesco musulmano, uno buddista, uno ecologista, uno no-global, uno new age. Ma diciamo la verità: non andar bene a nessuno, è una bella condanna; andar troppo bene a tutti però è forse peggio ancora. Anche perché nessuno come Francesco e nulla come il suo messaggio appaiono – appunto al giorno d'oggi – fraintesi, distorti, dimenticati, cancellati. Francesco, in apparenza ammirato e lodato, superstar, continua ad esser nella vera e profonda sostanza come lo ha ritratto Dante, “dispetto a meraviglia”: straordinariamente disprezzato da tutti. Un disprezzo implicito: magari perfino inconscio. Che parte comunque da una profonda, irremissibile incomprensione. Perché è, perché resta un enigma. Chiediamoglielo di nuovo dunque, anche noi come frate Masseo: perché a te, Giovanni di Pietro Bernardone detto Francesco? Tu non hai proprio un bel nulla che sia in; tu sei solo e sempre out per i nostri tempi, per la nostra Modernità, per il nostro Occidente. L'una e l'altro, in realtà, idolatrano esattamente quel che tu hai rifiutato: il potere, la ricchezza, il possesso, il guadagno, la gloria dell'Io al posto di quella di Dio. Forse non idolatrano poi tanto la scientia, quae inflat: ma ne godono i risultati, sotto forma di realizzazioni tecnologiche, e ne ostentano la vanagloria che deriva dal preteso possesso della sua conoscenza, la visibilità che le tiene dietro. Non c'è in realtà nulla che si possa immaginare come più radicalmente antifrancescano del tempo presente: e allora, perché esso continua a risonar del nome del povero d'Assisi? C'è chi ne ha elogiati l'originalità e l'anticonformismo: anch'esse doti che nel mondo d'oggi vengono tanto lodate quanto poco perseguite. Si è ridotto anche lui, perfino lui, a un'icona convenzionale, appiattita sulle riduttive misure della ribellione antigerarchica o sociale. Ma ci vuol altro. Pensate alla forza del Francesco che predica nudo nella sua città natale. O che minaccia i suoi frati che non filan dritto di farli picchiare da un nerboruto confratello. O che in punto di morte, invece di pregare, pensa a mangiar dei dolci. Un Francesco che si sente tanto attratto dalle donne da doversi buttar d'inverno nella neve e rotolarvisi per calmare i morsi della carne. Un Francesco che parla col sultano e non tenta di convertirlo, si limita a testimoniare il Cristo e accetta lietamente dalle mani del “nemico della croce” il dono mondanissimo di un corno da caccia. Ma chi è mai questo Francesco? E come possono, lui e l'Occidente moderno, intendersi? Sul piano storico del suo tempo, il Poverello d'Assisi fu uno sconfitto. La sua proposta cristiana era fondata sulla rinunzia a qualunque forma di potere. Ma i tempi che gli vennero dopo furono quelli dell'affermazione della volontà di potenza dell'Europa cristiana: una strada del tutto opposta a quella del farsi simile al Cristo povero e nudo. Il punto è quindi chiedersi se il Cristo-modello è, in quanto tale, valido ancora all'alba del III millennio, e come lo si può seguire e imitare. Si sarebbe tentati di privilegiare l'amore per il prossimo come nuovo territorio per una sequela Christi dei nostri giorni: ma è sufficiente? Francesco viveva in un mondo barbarico forse, ma ripieno di Dio: un mondo nel quale tutto si consacrava. Che cosa può dirci il suo esempio nel nostro mondo, quello di adesso, segnato dalla desacralizzazione? Francesco rinunziava a sé stesso: che cosa può indicarci il suo esempio in un mondo fatto di “individui assoluti” sempre più angosciati per esser tali ma sempre meno disposti a cessar di esserlo? Francesco lodava il Signore “per sora nostra morte corporale”: ma il nostro mondo è perpetuamente assediato e angosciato dall'idea della fine fisica come Fine di Tutto; ed è questa la base della sua cupa e feroce disperazione travestita da felice godimento della vita e da universale desiderio individuale di restar per sempre giovani, sani, belli, ricchi. Francesco d'Assisi resta uno scandalo, un paradosso, una sfida. Ridurlo a un santino devozionale è grave. Farne un rivoluzionario ridicolo è più grave ancora. Nella società dell'avere, del potere, del produrre e del consumare, la sua testimonianza tutta dalla parte dell'essere risulta radicalmente inattuale: ed equivoca dunque l'ammirazione di cui lo si circonda. Francesco non ha mai predicato la povertà coatta e universale. La sua era solo una proposta indirizzata a chiunque volesse liberamente accettarla e solo a lui.

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA