Nulla prima di Dio
A grande richiesta pubblichiamo lo speciale del dott. Sebastiano Romeo su Benedetto XVI. Per riceverlo a casa inviateci i vostri dati a rivistasanfrancesco@tiscalinet.it
La road-map del pontificato di Benedetto
XVI ha avuto un'accelerazione,
dopo le strategiche tappe delle visite
pastorali di quest'anno.
In particolare, questo mese di novembre
comprende un'agenda di avvenimenti
epocali.
Il 4 novembre il Pontefice ha inviato
un'accorata lettera ai vescovi riuniti
(non a caso) ad Assisi per l'assemblea
generale.
Un'ispirata “supplica-orazione” di forti
contenuti di fede, che, come ai tempi di
San Francesco, invita la Chiesa a calarsi
in un modello più spirituale e profetico,
invece che istituzionale e rituale, in
modo da avviare una «nuova primavera
eucaristica».
Il 20 novembre si è tenuto il terzo Concistoro
del pontificato di Benedetto
XVI. Dei ventiquattro nuovi cardinali,
venti saranno effettivi (con il diritto di
entrare in conclave), quattro sono ultraottantenni.
Come cambia il sacro collegio?
Sarà
composto da 121 cardinali elettori (uno
in più del numero stabilito) e le ultime
scelte confermano la presenza delle due
grandi dimensioni di governo pastorale
della Chiesa: da un lato c'è la Curia
romana con alcuni dicasteri e dall'altra
le sedi residenziali dei vari continenti:
divengono così meglio rappresentate le
varie sensibilità ecclesiali e culturali.
Tutto questo in previsione di un'importante
tappa che si terrà il prossimo 7-8
maggio, 26 anni dopo Giovanni Paolo II
e 40 dopo Paolo VI, con la visita papale
presso il Patriarca di Venezia.
Si rinnovano i significati pastorali del
suggestivo gesto in Piazza San Marco
di Paolo VI, che posò sulle spalle dell'allora
Patriarca Albino Luciani, futuro
Pontefice, la stola papale.
E proprio per sottolineare l'eccezionalità
dell'avvenimento, lo stesso Patriarca
ha pubblicato la “prima” lettera pastorale
“Tu conferma la nostra fede” edita in
esclusiva sul settimanale diocesano Gente
veneta quest'oggi. Un'eccezione rispetto
allo stile del Patriarca che si distingue
per avere privilegiato la costante azione
pastorale.
Ma per Benedetto XVI la vera sfida
dell'intensa agenda, corraborata dal
libro intervista con il giornalista Peter
Seewald Luce del Mondo in libreria dal
23 novembre, i cui contenuti, anticipati
da una sintesi per punti sull'O.R.
del 20 novembre scorso, hanno suscitato
nei mass-media “stupito clamore” per
la lucidità, duttilità e modulazione del
pensiero ratzingeriano, è imperniata
sulla pubblicazione del primo volume
dell'opera omnia Il primato di Dio, dedicato alla liturgia, al suono del motto
benedettino “nulla prima di Dio”, nell'intento
di scongiurare la deriva di una
“dissoluzione della Chiesa cattolica”.
A questo riguardo, si deve mettere l'accento
sui frequenti richiami del Pontefice,
quando ci ammonisce che viviamo
in tempi in cui le nostre comunità sono
divenute “una società liquida” in preda
al relativismo morale e culturale, in cui
tutto può essere bene o può essere male;
una società in cui ogni valore morale
non è inteso come ideale da perseguire,
ma come limite alla libertà personale. Si
tenta di demolire anche quei valori non
negoziabili, che riconoscono la dignità
dell'uomo, amato da Dio.
E sottolinea con forza come sia drammaticamente
in atto la congiura (dall'esterno
e purtroppo anche dall'interno)
del silenzio (sulle luci abbaglianti
della Fede cristiana) e la strategia del
fango (sulle ombre che l'uomo porta
con sé - anche se cristiano) finalizzate
all'ennesimo tentativo di “dissoluzione
della Chiesa cattolica”.
Si può notare come la realtà di oggi richiama
quella di cinque secoli fa in Austria,
quando, secondo le note storiche
dell'epoca, “la maggioranza dei preti viveva
in un concubinato, i monasteri chiudevano
per mancanza di vocazioni, la popolazione
diveniva protestante, quasi che la religione
cattolica e la sua chiesa fosse ormai finita”.
Pure, senza cedimenti, fu riconquistato
il terreno perduto e l'Austria è ritornata
ad essere paese cattolico.
Oggi, dalle fondamenta della nostra
Fede, Benedetto XVI attinge la forza
formidabile di reazione ad un sisma
universale di “dissoluzione”.
Ricomincia l'evangelizzazione, spiegando
ad ogni uomo di buona volontà
(consacrato o laico che sia) il valore
unico ed altissimo della Sacra Liturgia
e del suo immenso patrimonio; ne
proclama con veemenza il profondo
significato: la Sacra Liturgia cattolica
aiuta l'uomo a riconoscere la paternità
dell'unico Dio, Vivo e Vero; a lodarne le
opere dell'intero universo creato; a rendere
ringraziamento per la incredibile e
commovente Redenzione avvenuta;
a riattualizzare il sacrificio della Croce
e la celebrazione dell'Ultima Cena del
Signore Gesù Cristo con i suoi apostoli
(in cui dona se stesso in cibo materiale e
spirituale per l'elevazione di ogni uomo
redento); a riconoscere la strabiliante
resurrezione da morte, sigillo nella storia
umana della vera divinità di Gesù
di Nazareth; a confermare ogni uomo
nella rasserenante Fede nel Dio vero,
Amore onnipotente e Padre.
E soprattutto “insegna che ogni sacerdote
può operare - evento incredibile e mistero
entusiasmante - la meraviglia della ‘transustanziazione',
per consentire sulla terra la
presenza eucaristica (in ogni ora ed in ogni
parte del mondo), di Gesù Cristo, in corpo,
in sangue, anima e divinità, ed adorare il
grandioso mistero del ‘Dio con noi'”.
Lo testimoniano i prodigi verificatisi nei
secoli; lo conferma coraggiosamente la
scienza medica con gli esami del I Miracolo
di Lanciano; lo proclama la fede
dei nostri santi contemporanei madre
Teresa di Calcutta e Padre Pio da Pietrelcina.
Questi diceva: “... Assistiamo alla santa
messa, perché è il calvario stesso in cui Gesù
compì la redenzione nostra dinanzi al Padre
suo. Non scendiamo da questo monte, cioè
allorquando è finita la santa messa, spensierati,
come se avessimo assistito ad uno spettacolo
qualunque, ma imitiamo le pie donne,
come è scritto nel Vangelo, che dopo spirato
Gesù, scendevano dal monte percuotendosi il
petto.”
Gli eventi mirabili, riattualizzati mediante
i riti sacri, non possono essere espressi, commentati ed accompagnati
da una Liturgia poco significante: da
musiche di scarso valore e canzonette,
da addobbi miserabili, da omelie che
non dicono niente, da invasi architettonici
privi di significato e banalizzanti
la sacralità dei riti. Ecco perché il papa è
impegnato nella “graduale e sperabilmente
consensuale controriforma” della attuale
Liturgia.
Non si può affermare che Egli sia un
retrivo uggioso che ama il passato, che
per riunire i cattolici, ormai dispersi e
di poca fede, revochi le scomuniche, accetti
gli anglicani e riammetta la Messa
di S. Pio V in latino.
Invece, proprio perché ci richiama ad
avvertire il pericolo della “deculturazione”,
che sta indebolendo la dialettica
“fede-ragione”, Egli, mette mano alla Liturgia,
perché dalla riforma della sacra
Liturgia, operata nel Concilio Vaticano
II, ha avuto inizio l'irresistibile crisi del
mondo cattolico: un mondo in cui ancora
oggi c'è il mordersi ed il divorarsi a
vicenda.
Un mondo in cui la contestazione
più dura avviene nella forma del
magistero parallelo, cioè anche senza la
condivisione del papa.
Un mondo in cui
la Chiesa viene colpita anche da chi ne
fa parte.
Un mondo privato delle immagini dei
suoi santi in chiese scheletriche, senza
inginocchiatoi, né acquasantiere, senza
memoria del suo passato (carico della
gloria dei santi, delle persecuzioni dei martiri, dei sacrifici dei credenti). Un
mondo frastornato nelle sue chiese da
chitarre e musica rock e note musicali
improprie.
Un mondo addormentato da omelie
generiche ed astratte, lontane dalle
inquietudini dei credenti; omelie secolarizzanti
in chiave positivistica la parola
eterna del Vangelo; omelie forse
attraenti e suggestive per le divagazioni,
ma purtroppo chiuse al trascendente,
lontane dall'insegnamento di Gesù,
dall'invito alla preghiera del cuore.
Un mondo cattolico divenuto sbrigativo
ed irrispettoso dei santi misteri,
che priva il Signore della centralità, per
alienarlo di lato o in ambiti angusti; ne
distribuisce le sacre specie su mani alle
volte sporche, in animi alle volte impreparati
o addirittura ostili. Alle volte
quelle mani sporche “vendono il loro
Signore” per poche monete, perché sia
irriso e sbeffeggiato sul calvario delle
cerimonie sataniche.
Crisi del mondo cattolico, in cui serpeggia
l'”apostasia”, sempre meno latente,
sempre più spudorata ed invasiva, che
vuole ridurre tutto a “simbolo non reale”,
per fare accettare in modo silente,
sommerso e continuativo, la dissacrante
convinzione che l'Eucarestia è semplicemente
“significato di Gesù”, non sua
reale presenza.
Un mondo cattolico ove
va dissolvendosi la nostra Fede, per ridurla
alla pari di ogni altro movimento
religioso nel mondo.
Se dunque l'attuale Liturgia, particolarmente
quella della messa, permette
tutto ciò, vuol dire che è gravemente
inadeguata, riduttiva, disorientante i
fedeli, paradossalmente, è divenuta il
nascondimento della meraviglia di Dio.
Se l'attuale svolgimento liturgico non
glorifica l'invisibile ma reale presenza
divina nelle chiese cattoliche; se non la
esalta, facendone partecipi i credenti; se
non la fa riconoscere nella sua strepitosa
realtà continuata (“... Sarò con voi fino
alla fine dei tempi.”), allora è necessario
ed urgente che il Vero custode della nostra
fede, il Vicario di Gesù Cristo, intervenga
per correggere le latenti eresie ed
illuminare ambiguità e tenebre di uomini
(consacrati e laici), interessati solo
a se stessi ed alle mode del tempo, ma
lontani da Gesù Cristo.
La riforma liturgica, seguente il Concilio
Vaticano secondo, ha consentito il
perpetrarsi di questa infernale macchinazione,
dall'acre sapore protestante e
modernista. Macchinazione che apre le
porte alla “Teologia neoterica dell'Eucarestia”,
espressa nel catechismo olandese,
che traspone il cambiamento del pane
eucaristico dall'ordine ontologico all'ordine
ideologico. Vale a dire che il pane
della messa, dopo la consacrazione è
solo pane: non è il corpo di Gesù!
Vale ricordare come nell'intervista a
Paul Guitton, Paolo VI confessava: “...
All'interno del cattolicesimo sembra talvolta
predominare un pensiero non cattolico e può avvenire che questo pensiero diventi domani
più forte, ma esso non sarà mai il pensiero
della Chiesa: bisogna che sussista un piccolo
gregge, per quanto piccolo esso sia.”
Oggi il Pontefice vuole difendere l'esistenza
di questo gregge ed agisce con
estremo coraggio per liberare la Chiesa
dalla sporcizia e dalla superbia.
Per andare a messa e non perdere la
Fede, per salvare la permanenza della
nostra dottrina, per onorare ed amare
la presenza misteriosa e concreta di
colui che ci ama dall'eternità e segue
ciascuno di noi, quasi fosse l'unico al
mondo, il dolce Cristo in terra, Benedetto
XVI, combatte senza timore la
congerie di Innovazioni teologiche e
lancia nel mondo odierno (quasi scristianizzato)
la nuova evangelizzazione.
Questo è il significato profondo dell'esortazione
post-sinodale “Verbum
Domini” e del primo volume dell'Opera
Omnia del papa, con l'Esortazione
Apostolica sulla Liturgia “Sacramentum
caritatis”.
Benedetto XVI si batte per un sussulto
frammisto di coscienza e di orgoglio in
modo da risvegliare il popolo cristiano,
proprio partendo dalla Liturgia fatta
dalla sostanza di parole che rimangono
e da gesti che spiazzano, con omelie di
poche cose per volta, ma chiare, frutto
di profonda preparazione, in sintesi:
una Liturgia semplice, ove il centro
focale è la concentrazione, la compostezza
commossa del celebrante che
sente di riattualizzare il Sacrificio Eucaristico,
vero cuore della vera Liturgia
cristiana e cattolica.
di
Sebastiano Romeo
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