Fede, Verità e Tolleranza, Il Cristianesimo e le Religioni del mondo - Papa Benedetto XVI
Preghiera multireligiosa e interreligiosa
Nell'epoca del dialogo e dell'incontro delle religioni è sorto inevitabilmente il problema se si possa pregare insieme gli uni con gli altri. A questo proposito oggi si distingue preghiera multireligiosa e interreligiosa. Il modello per la preghiera multireligiosa è offerto dalle due giornate mondiali di preghiera per la pace, nel 1986 e nel 2002 ad Assisi. Appartenenti a diverse religioni si radunano. Comune è la sofferenza per le angosce e le miserie del mondo e per la sua mancanza di pace, comune è l‘anelito all‘aiuto dall‘alto contro le forze del male, affinché possano entrare nel mondo pace e giustizia. Da qui la volontà di porre un segno pubblico di questo anelito, che dovrebbe scuotere tutti gli uomini e rafforzare la buona volontà, che è condizione della pace. Tuttavia le persone radunate sanno pure che il loro modo di intendere il “divino" e quindi la loro maniera di rivolgersi a esso sono così diversi che una preghiera comune sarebbe una finzione, non sarebbe nella verità. Esse si raccolgono per dare un segno del comune anelito, ma pregano anche se in contemporanea in sedi separate ciascuno a modo proprio. Naturalmente “pregare”, nel caso di un modo impersonale di intendere Dio (legato spesso al politeismo), è qualcosa di completamente diverso dal pregare nella fede, nel Dio unico e personale. La differenza si manifesta visibilmente, ma in modo tale che quel pregare possa essere anche un grido che implora il risanamento delle nostre divisioni.
In riferimento ad Assisi - tanto nel 1986 quanto nel 2002 - ci si e chiesti ripetutamente e in termini molto seri se questo sia legittimo. La maggior parte della gente non penserà che si ?nge una comunanza che in realtà non esiste? Non si favorisce così il relativismo, l'opinione che in fondo siano solo differenze secondarie quelle che si frappongono fra le “religioni”? Non si indebolisce così la serietà della fede, non si allontana ulteriormente Dio da noi, non si consolida la nostra condizione di abbandono? Non si possono accantonare con leggerezza tali interrogativi. I pericoli sono innegabili, e non si può negare che Assisi, particolarmente nel 1986, da molti sia stato interpretato in modo errato. Sarebbe però altrettanto sbagliato rifiutare in blocco e incondizionatamente la preghiera multireligiosa così come l'abbiamo descritta. A me sembra giusto legarla a condizioni che corrispondano alle esigenze intrinseche della verità e della responsabilità di fronte ad una cosa cosi grande come è l'implorazione rivolta a Dio davanti a tutto il mondo. Ne individuo due:
1. Tale preghiera multireligiosa non può essere la norma della vita religiosa, ma deve restare solo come un segno in situazioni straordinarie, in cui, per così dire, si leva un comune ,grido d'angoscia che dovrebbe riscuotere i cuori degli uomini e al tempo stesso scuotere il cuore di Dio.
2. Un tale avvenimento porta quasi necessariamente a interpretazioni sbagliate, all'indifferenza rispetto al contenuto da credere o da non credere e in tal modo al dissolvimento della fede reale. Perciò avvenimenti del genere - quali quelli di cui al punto 1 - devono restare eccezioni, e dunque è della massima importanza chiarire accuratamente in che cosa consistano. Questo chiarimento, in cui deve risultare nettamente che non esistono “le religioni” in generale, che non esiste una comune idea di Dio e una comune fede in Lui, che la differenza non tocca unicamente l'ambito delle immagini e delle forme concettuali mutevoli, ma le stesse scelte ultime - questo chiarimento è importante, non solo per i partecipanti all'avvenimento, ma per tutti quelli che ne sono testimoni o comunque ne sono informati. L'avvenimento deve presentarsi in se stesso e davanti al mondo in modo talmente chiaro da non diventare dimostrazione di relativismo, perché si priverebbe da solo del suo senso. Mentre nel caso della preghiera multireligiosa si prega nello stesso contesto, ma separatamente, la preghiera interreligiosa significa un pregare insieme di persone o gruppi di diversa appartenenza religiosa. E possibile fare questo in tutta verità e onestà? Ne dubito. Comunque devono essere garantite tre condizioni elementari, senza le quali tale pregare diverrebbe la negazione della fede:
1. Si può pregare insieme solo se sussiste unanimità su chi o che cosa sia Dio e perciò se c'è unanimità di principio su che cosa sia il pregare: un processo dialogico in cui io parlo a un Dio che è in grado di udire ed esaudire. In altre parole: la preghiera comune presuppone che il destinatario, e dunque anche l'atto interiore rivolto a Lui, vengano concepiti, in linea di principio, allo stesso modo. Come nel caso di Abramo e Melchisedek, di Giobbe e di Giona, dev'essere chiaro che si parla col Dio unico che sta al di sopra degli dei, col Creatore del cielo e della terra, col mio Creatore. Dev'essere chiaro dunque che Dio è “persona”, vale a dire che può conoscere e amare; che può ascoltarmi e rispondermi; che Egli è buono ed è il criterio del bene, e che il male non fa parte di Lui. A partire da Melchisedek, possiamo dire, dev'essere chiaro che Egli è il Dio della pace e della giustizia. Qualsiasi commistione tra la concezione personale e quella impersonale di Dio, tra Dio e gli dei, dev'essere esclusa. Il primo comandamento vale anche nell'eventuale preghiera interreligiosa.
2. Sulla base del concetto di Dio, deve sussistere pure una concezione fondamentalmente identica su ciò che è degno di preghiera e può diventare contenuto di preghiera. Io considero le richieste del Padre nostro il criterio di ciò che ci è consentito implorare da Dio, per pregare in modo degno di Lui. In esse si vede chi e come è Dio e chi siamo noi. Esse puri?cano la nostra volontà e fanno vedere con che tipo di volontà stiamo camminando verso Dio, e che genere di desideri ci allontana da Lui, ci metterebbe contro di Lui. Richieste che fossero in direzione opposta alle richieste del Padre nostro, per un cristiano non possono essere oggetto di preghiera interreligiosa, di nessun tipo di preghiera.
3. L'avvenimento deve svolgersi nel suo complesso in modo tale che la falsa interpretazione relativistica di fede e preghiera non vi trovi alcun appiglio. Questo criterio non riguarda solo chi è cristiano, che non dovrebbe essere indotto in errore, ma, alla stessa stregua, anche chi non è cristiano, il quale non deve avere l'impressione dell'interscambiabilità delle “religioni” e che la professione fondamentale della fede cristiana sia di importanza secondaria e sia dunque surrogabile. Per evitare tale errore bisogna pure che la fede dei cristiani nell'unicità di Dio e in quella di Gesù Cristo, il Redentore di tutti gli uomini, non sia offuscata davanti a chi non è cristiano. Il documento di Bose sopra citato, al riguardo, dice, a ragione, che la partecipazione alla preghiera interreligiosa non può mettere in discussione il nostro impegno per l'annuncio di Cristo a tutti gli uomini. Se chi non è cristiano potesse o dovesse trarre, dalla partecipazione di un cristiano, una relativizzazione della fede in Gesù Cristo, l'unico Redentore di tutti, allora tale partecipazione non dovrebbe aver luogo. Infatti essa, in questo caso, indicherebbe la direzione errata, orienterebbe all'indietro invece che in avanti nella storia delle vie di Dio.
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