francescanesimo

Sole, Gange, Oriente

Franco Cardini
Pubblicato il 30-11-2017

Quando torno ad Assisi – per me quella è sempre una festa – e i miei amici frati conventuali mi ospitano nel Sacro Convento per la notte, percorro con emozione lo splendido passaggio semicoperto dal quale si gode la vista della pianura e il lontano profilo di Perugia. Lì, a strapiombo, la basilica di Francesco ha un’aria imponente, che ricorda il Potala di Lahsa.

E all’inizio del passaggio una lapide riporta i versi dell’XI del Paradiso: “Intra Tupino e l’acqua che discende – dal colle eletto del beato Ubaldo”, con quel che segue. Versi notissimi di un canto ch’è tra i più letti, amati ma anche discussi della Commedia: “Di questa costa, là dov’essa frange più sua rattezza, nacque al mondo un Sole, come fa questo talvolta di Gange. Però chi d’esso loco fa parole non dica Ascesi, ché direbbe corto, ma Orïente, se proprio dir vole” (vv. 49-54).

E’ difficile, per non dire impossibile, essere più solenni, più profondi, più stringati. C’è tutto, qui dentro: la cosmologia, la geografia, l’escatologia, l’etica. Mi ha sempre colpito la forma “Ascesi” per indicare “Assisi”, considerata l’avventura semantica del nome nella sua prima forma. Non di ciò vorrei parlare però adesso e qui.

Il messaggio è limpido: Assisi dovrebbe essere definita Oriente, in quanto vi nacque un giorno un Sole tanto puro e splendente come lo è appunto l’astro diurno quando, nel giorno del solstizio d’estate, sorge esattamente dal punto nel quale si trova la foce del Gange, uno dei quattro fiumi che, secondo la cosmografia medievale, nasceva dal Paradiso Terrestre.

Dante traeva quella notizia dal Libro della scienza delle stelle e dei movimenti celesti, la traduzione latina eseguita nel XII secolo da Gherardo da Cremona che lavorava su un testo arabofono del IX secolo opera di un sapiente che stando al suo nome, al-Farghani, era originario del Ferghana, corrispondente più o meno all’odierno Uzbekistan. Il sole sorgeva dalla foce del Gange nel momento nel quale aveva maggior vigore e più puro splendore.

Commentare in modo adeguato un passo di questa intensità sarebbe arduo, e si dovrebbe comunque farlo in altra sede. Qui, ora, facciamo invece il gioco dei key- words. Essi sono senza dubbio, nell’ordine, tre: Sole, Gange, Oriente. Quale messaggio, che tipo di lezione possiamo trarne? Il Sole è quindi evidentemente Francesco, quello stesso che nel Cantico delle Creature ha sentenziato che il Sole “porta signiticatione” di Dio, è simbolo del Signore.

Più propriamente, della Seconda Persona della trinità, del Cristo Sol Iustitiae. Questo Sole, nato ad Assisi, è purezza e perfezione in quanto nascendo si è bagnato nelle acque del sacro Gange. E’ un Sole in tutto simile appunto a quello divino, al Sol Iustitiae. E’ alter Christus. Assisi, patria di colui che più di ogni altro ha potuto assomilarsi al Cristo, è quindi il luogo della nascita del Vero Sole: è Oriente, e sappiamo che ex oriente Lux.

“Vedemmo la Sua stella in Oriente”, dichiarano i magi all’inizio del Vangelo di Matteo. Non è un passo di facile interpretazione. Hanno visto la Stella del bambino quando stavano in oriente? O l’hanno vista in Oriente, vale a dire in quel punto cardinale privilegiato tra gli altri in quanto luogo dal quale nasce la Luce della Verità? Si parla molto di Oriente e di Occidente, di questi tempi. E si discute su quando sia nato questo confronto, magari questa contrapposizione.

Ma che cos’è l’Oriente; e che cos’è l’Occidente? Per Hegel, l’Occidente è la Grande Sera della storia e del genere umano, una Sera destinata forse a restar eternamente tale; o che forse volgerà davvero al tramonto, ma chissà quando. L’Oriente, oggi, è per molti di noi invece il Nemico, il luogo dal quale provengono il fanatismo e la barbarie, contrapposto all’Occidente della civiltà. Eppure il cristiano si sente a disagio, talvolta, di fronte a certe dichiarazioni. Non perché ne colga l’elemento in fondo intollerante e perfino razzista, che magari c’è.

Ma perché noi che ci riconosciamo nel Patto da dio stipulato col Patriarca Abramo ci sentiamo perciò stesso tutti un po’ “orientali”, perché sentiamo che là sono le nostre più autentiche radici, quelle che non gelano. “Noi cristiani siamo spiritualmente dei semiti”, replicò Pio XI a chi invitava tutti gli europei a sentirsi esclusivamente, superbamente indoeuropei. Noi cristiani siamo spiritualmente degli orientali, dovremmo forse rispondere oggi con decisione a chi, non senza malafede, c’invita a riconoscerci in un “nostro Occidente” che all’Oriente dovrebb’essere unilateralmente ostile.

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