francescanesimo

Novembre mese dei santi , il san Francesco preoccupato per la fama di santità

Stefano Brufani - Francescanista Redazione online
Pubblicato il 29-10-2018

Francesco era preoccupato non solo per la fama di santità che iniziava a circondarlo

Novembre è il mese dei Santi. Nella Chiesa cattolica e in alcune Chiese riformate il 1° novembre viene celebrata la festa di Tutti i Santi o Ognisanti. La Chiese orientali la celebrano dopo Pentecoste. In questa solennità si ricordano e si venerano tutti quei cristiani ai quali non è dedicato un giorno particolare di festa per ricordare la loro nascita al cielo (dies natalis).

Dal pontificato di Innocenzo III in poi, cioè dal tempo di s. Francesco, la Sede apostolica esercitò in esclusiva il diritto di proclamare santi. Dopo un accurato processo canonico, alcuni cristiani che in vita si erano distinti per virtù cristiane e anche poi con miracoli dopo la morte erano iscritti nel catalogo dei santi e inseriti nel calendario liturgico. La scelta dei santi divenne in alcune fasi della storia della Chiesa anche scelta ‘politica’, in analogia a quanto avveniva con la proclamazione e la condanna degli eretici dopo i processi inquisitoriali. Santità ed eresia sono due ambiti speculari nei quali la Chiesa romana e cattolica, interpretando in modo anche giuridico e giudiziario il ministero petrino, ha esaltato all’onore degli altari alcuni cristiani e condannato altri alla damnatio memoriae.


Lo scopo delle canonizzazioni era ed è di proporre il modello di vita del nuovo santo all’imitazione del popolo di Dio. Le vite dei santi scritte dagli agiografi (legendae) e la predicazione dovevano promuovere il nuovo modello. Ma alcune volte le scelte della Sede apostolica non incontravano a pieno il fervore della religiosità popolare e per questo il culto di alcuni santi è ancora particolarmente sentito e quello di altri si è affievolito.


Francesco d’Assisi ha avuto una particolare devozione per Maria, madre di Dio, e per Michele arcangelo, che al Gargano aveva un santuario molto famoso sin dall’età longobarda, dove, secondo una tarda tradizione, sarebbe andato anche Francesco pellegrino. Ma il penitente di Assisi era molto infastidito della fama di santità che ben presto iniziò a circondarlo e faceva in modo con gesti e parole di allontanare da sé questa fama che non solo riteneva immeritata, ma fonte di confusione teologica, poiché solo Dio è santo. Nella preghiera Lodi di Dio altissimo (FF 261), rivolgendosi con un confidenziale Tu al Signore, egli scrive come prima lode del Signore: Tu solo sei santo, Signore Dio. Un modo di ribadire le parole suggerite dal Signore a Mosè per il suo popolo: “Siate santi, perché io, il Signore vostro Dio, sono santo” (Levitico, 19,2). In un episodio agiografico si narra che Francesco si stupì che un famoso medico di Arezzo, suo amico, presso il quale era stato portato per curarsi, si chiamasse Buongiovanni e perciò lo chiamava frate Giovanni (Compilazione di Assisi, 1638).


Francesco era preoccupato non solo per la fama di santità che iniziava a circondarlo, ma anche per l’uso strumentale – in buona fede -- che alcuni suoi frati ne potevano fare. Un episodio riportato nella Cronaca di Giordano da Giano è significativo. Nell’ambito dei primi viaggi dei frati fuori d’Italia, decisi nel capitolo del 1217 o del 1219, i Minori raggiunsero la penisola iberica. Di qui un gruppetto di loro si diresse verso il Marocco, forse per provare ad annunciare la fede cristiana ai Saraceni. Siamo negli stessi mesi nei quali Francesco era andato Oltremare e a Damietta aveva incontrato il Sultano. In Marocco i frati non trovarono la stessa magnanimità che il Sultano riservò a Francesco e al suo compagno, salvando loro la vita e trattandoli con benevolenza. Il 16 gennaio 1220 cinque frati Minori furono martirizzati e divennero i protomartiri francescani. La loro testimonianza di fede destò notevole ammirazione. Sulla scia di quella fama di santità, il canonico Antonio da Lisbona decise di entrare nell’Ordine, con il desiderio di andare tra i musulmani per conseguire la corona del martirio. Poi le cose andarono diversamente e Antonio fu canonizzato per la sua predicazione a Padova. Il cronista Giordano da Giano ricorda quell’episodio e registra la reazione negativa di Francesco all’entusiasmo dei suoi frati: «Quando furono riferiti al beato Francesco il martirio, la vita e la leggenda dei suddetti frati, sentendo che in essa si facevano le lodi di lui e vedendo che i frati si gloriavano del martirio di quelli […] rifiutò tale leggenda e ne proibì la lettura dicendo:


“Ognuno si glori del proprio martirio e non di quello degli altri”» (Cronica, 7-8: FF 2329-2330).  La via della santità non doveva di necessità coincidere con quella del martirio. Nel capitolo XVI della Regola non bollata, poco dopo i drammatici fatti del Marocco, Francesco richiamò alla prudenza con le parole del Vangelo: «Siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe» (FF 42). La generale vocazione alla santità dei frati Minori era proclamata nel primo capitolo di quella Regola: «Seguire l’insegnamento e le orme del Signore nostro Gesù Cristo» (FF 4).


All’interno di queste coordinate – Dio solo modello di santità, la chiamata alla santità è personale, seguire le orme di Gesù Cristo – Francesco circoscrive la vocazione alla santità per ogni cristiano. Nella via lattea della santità cristiana, una scia luminosa, per lo più anonima, è quella dei seguaci di Francesco. Nel mese di novembre, il giorno 29, si celebra anche la festa di Tutti i santi dei tre Ordini serafici.


Stefano Brufani, francescanista 


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