francescanesimo

Mons. Accrocca: Vivere bene il presente

Felice Accrocca
Pubblicato il 04-08-2017

L'insuccesso della predica di Francesco ai perugini fu dovuto essenzialmente a due motivi: perché la medicina da lui proposta si rivelava scomoda e perché a suggerirla era uno di Assisi

Non sempre le predicazioni di Francesco sortirono il successo sperato, come mostra una predica da lui tenuta a Perugia in un anno imprecisato. Sono i Compagni di Francesco a darcene il racconto al tempo stesso più immediato e dettagliato, ma è Tommaso da Celano a dirci che la spinta per recarsi a Perugia gli venne mentre si trovava nell'eremo di Greccio: qui Francesco intuì che giorni tristi si preparavano per i perugini e, dopo aver atteso qualche tempo, si avviò verso il centro umbro (2Cel 37: FF 622).

Ma seguiamo ora i Compagni nel loro racconto (CAss 75: FF 1606). Essi ci dicono che per ascoltare Francesco che predicava si era adunata, nella piazza di Perugia, “una grande folla”. Mentre egli parlava, però, irruppero dei cavalieri armati in groppa ai loro cavalli, che giocavano sulla piazza creando naturalmente disagio agli ascoltatori; nonostante le proteste di questi ultimi, quei cavalieri non la smettevano. “Volgendosi a loro in fervore di spirito, disse il beato Francesco: ‘Udite e cercate di capire quello che il Signore vi preannunzia per bocca di me, suo servo. E non state a dire: Questo qui è uno di Assisi!’. Questo disse il beato Francesco, perché tra assisani e perugini c'era un odio di vecchia data”.

Francesco li ammonì ricordano loro che il Signore aveva benedetto i perugini e li aveva resi potenti sopra tutti i vicini; ma proprio per questo essi dovevano essergli riconoscenti e mantenersi umili davanti a Lui e nei rapporti con gli abitanti limitrofi, senza ucciderli e senza devastarne le terre. Se non l'avessero fatto, il Signore, “che niente lascia invendicato”, li avrebbe fatti insorgere gli uni contro gli altri ed essi avrebbero patito a motivo di ciò più tribolazioni di quante i vicini non avrebbero potuto loro infliggerne. Non gli dettero retta, e così quanto Francesco aveva preannunciato si avverò: le parti in conflitto (“nobili” e “popolo”) si procurarono, vicendevolmente, danni notevoli, riducendo in tal modo la città alla fame.

L'episodio si rivela istruttivo per noi, oggi, se abbiamo voglia di apprendere la lezione. L'insuccesso di Francesco fu dovuto essenzialmente a due motivi: perché la medicina da lui proposta si rivelava scomoda (i perugini avrebbero dovuto smettere di uccidere i vicini e di devastarne le terre) e perché a suggerirla era uno di Assisi, cioè uno considerato in partenza un nemico giurato.

Per esercitar bene il nostro dovere civico dovremo tenere in conto alcune cose: primo, le medicine proposte non devono tanto piacerci, ma risultare efficaci per tutto l'organismo sul quale dovranno agire; secondo, quando una cosa è giusta, va tenuta nel debito conto, anche se a dirla è uno considerato un “nemico”; terzo, soprattutto dobbiamo stare bene attenti a che le soluzioni proposte non calpestino la legge di Dio.

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