francescanesimo

Il dono di leggere dei cuori: le doti straordinarie di fra Angelico Lipani

Gelsomino Del Guercio
Pubblicato il 12-07-2019

Papa Francesco ha riconosciuto le virtù del francescano Servo di Dio. Prossimo passo: la beatificazione

Nell’udienza dello scorso 5 luglio Papa Francesco ha ricevuto il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle cause dei Santi, ed ha autorizzato la Congregazione a promulgare il decreto riguardante le virtù eroiche del servo di Dio Angelico Lipani (al secolo Vincenzo), sacerdote professo dell’Ordine dei frati minori cappuccini.

Don Angelico è fondatore della Congregazione delle suore francescane del Signore ; nato a Caltanissetta nel 1842 e ivi morto nel 1920.

«Un'intera generazione di sacerdoti della nostra diocesi - scrive il discepolo, prof. don Ignazio La Nigra, nell'elogio funebre, riportato da angelicolipani.weebly.com - ricordano con piacere gli anni passati alla sua scuole, dove apprendemmo ad amare lo studio e col suo esempio a praticare le virtù. Tutti ricordano i motti soavi e spesso arguti, quando con sorriso bonario, posandoci una mano sul capo, su ciascuno di noi prediceva l'avvenire e le sue previsioni sempre si avverarono".


I SEMINARISTI

Ricordiamo soltanto alcune delle predizioni riguardanti i suoi alunni seminaristi.

"Padre Angelico, e di me che sarà?", chiese il seminarista Ganci di S. Caterina Villarmosa.

"Se non curerai anime, curerai certamente i corpi".

Queste testuali parole di P. Angelico furono riferite a Madre Annina Ragusa dallo stesso prof. Salvatore Ganci, colonnello medico e docente di Patologia Medica Dimostrativa nell'università di Roma.

"Metti in ordine la tua coscienza che è imbrogliata, come imbrogliato porti abbottonato il panciotto!", disse ad un seminarista che frequentava il quarto ginnasio. Allora i reverendini fra tonaca e camicia portavano il panciotto.

"Scopriamo - tutti dicono - osserviamo com'è abbottonato".

Il seminarista, sicuro di sé o meglio del suo ordine, sbottona la tonaca, i compagni curiosi l'aiutano e subito appare l'imbroglio: non c'era occhiello che corrispondesse al relativo bottone, un disordine autentico.

"UN GIORNO AVRAI LA CROCETTA"

I reverendissimi canonici del Capitolo della Cattedrale godevano allora del privilegio del rocchetto e della mozzetta con cappuccio, della cappamagna con pelli di ermellino, dell'uso della bugia, della mitra, nonché dell'anello gemmato e anche del privilegio di portare una crocetta pettorale con la scritta "Quis ut Deus?".

"Tu un giorno avrai la crocetta!" disse sorridendo P. Angelico al seminarista Torregrossa. Preannunciarlo a uno dei molti seminaristi nisseni era un atto singolare: significa che sarebbe arrivato sicuramente alla meta del sacerdozio e che tra i molti sacerdoti sarebbe stato un privilegiato, perché scelto a godere dei canonicali privilegi.

IL NIPOTE

Di fatti nel 1909 don Michele Torregrossa diveniva canonico effettivo e da quel giorno poteva fare risuonare il Duomo della sua voce tremolante.

Il nipote di P. Angelico, anch'egli cappuccino, P. Francesco Lipani, era di statura media, tarchiato e richiamava in chi l'osservava la manzoniana figura di azzecca-garbugli, unicamente per una caratteristica "voglia di lampone" sulla guancia.

"Dopo la mia morte tu ti secolarizzerai" gli preannunciò categorico un giorno lo zio. Cinque anni dopo la morte di P. Angelico, l'8 Dicembre 1925, P. Francesco donò il terreno e il fabbricato di cui disponeva al convento e, per questa donazione, due giorni dopo ottenne l'indulto di "esclaustrazione ad tempus". Era il primo passo.

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LA DEPOSIZIONE DEL SAIO

Il 1° Settembre 1930 presentò domanda di secolarizzazione che fu accettata e il vescovo  l'accolse nel clero secolare il 2 Gennaio 1931.

Il frate tagliò e rase la barba, depose i sandali, sostituì il saio francescano con la tonaca nera e anche il nome di Francesco, era logico, con quello del secolo: don Salvatore. Ma i nisseni tutti continuarono a chiamarlo Padre Francesco.

"Tu un giorno farai il carrettiere"

Sembrava che scherzasse il lepido professore e tutti risero di cuore pensando alla florida posizione economica del giovanetto. Vari decenni dopo i compagni di seminario lo videro guidare un mulo che trainava un carro.

Rovesci di fortuna - attesta Michele Giuliana - lo costrinsero a fare il carrettiere per potere vivere.

"VENITE TUTTI E QUATTRO"

Un giorno don Michele Gerbino e don Michele Torregrossa si rievocarono spontaneamente nel salottino dell'Istituto la loro chiamata. Li ascoltava suor Giovanna, al secolo Daria Ragusa.

Erano adolescenti e giocavano con i fratelli Gurrera, Angelo e Michele, alle bocce alla "Stidda", alla periferia di Caltanissetta.

Passò Padre Angelico, li vide, si fermò e disse: "Questa sera vi aspetto all'Istituto del Signore della Città. Venite tutti e quattro. Vi aspetto".

"Che cosa vorrà? cosa ci dirà? perché vuole parlarci?". Dopo questi interrogativi cominciarono a fare l'esame di coscienza: "Ci rimprovererà? ma cosa abbiamo fatto? niente di male: andremo!".

La sera li accolse affabilmente e "Dovete studiare" disse. "Ma noi siamo avviati al lavoro, lavoriamo da apprendisti, non è possibile". "Dovete studiare" ripeté e continuò: "Sarete dei sacerdoti. Di giorno lavorerete e la sera verrete a scuola da me, gratis. Sarete dei buoni sacerdoti".

Furono veramente tutti e quattro sacerdoti buoni, anzi ottimi sacerdoti: quattro perle del clero nisseno.

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