francescanesimo

I Papi nella storia e l'Egitto

ORAZIO LA ROCCA Ansa - PAUL HANNA
Pubblicato il 28-04-2017

Il pellegrinaggio fortemente voluto da Francesco – sulle orme percorse nel 1219 da un “altro” Francesco, il Poverello di Assisi che volle incontrare a Damietta, presso il Cairo, l'allora Sultano

Papa Francesco arriva in Egitto e vi resterà fino a sabato. Una visita dai contorni indubbiamente storici di poco meno di due giorni (il 28 e il 29 aprile), durante  la quale Jorge Mario Bergoglio non mancherà di rilanciare il dialogo con i musulmani, di rinsaldare i rapporti con la Chiesa Copta egiziana e di pronunciare per l'ennesima volta severi moniti contro ogni forma di violenza terroristica. Ma prima dell'attuale Pontefice quanti altri Papi hanno compiuto lo stesso viaggio all'ombra delle Piramidi, lanciato e pronunciato appelli e moniti tanto impegnativi in difesa della pace e per condannare guerre, violenze e sopraffazioni?

Il pellegrinaggio  fortemente voluto da Francesco – sulle orme percorse nel 1219 da un “altro” Francesco, il Poverello di Assisi che volle incontrare a Damietta, presso il Cairo, l'allora Sultano per parlare di pace e cercare di fermare la guerra tra crociati e musulmani – ha avuto un solo precedente a livello di pontefici, il pellegrinaggio – voluto con altrettanta determinazione malgrado la malferma salute che gli impediva di muoversi liberamente – compiuto da S.Giovanni Paolo II 17 anni fa, in pieno Grande Giubileo del 2000, che volle anche recarsi sul monte Sinai, dove tra l'altro sostenne che "dobbiamo tutti operare per rafforzare l'impegno crescente a favore del dialogo interreligioso, un grande segno di speranza per i popoli del mondo. Le differenze di religione non hanno mai costituito un ostacolo, ma piuttosto una forma di arricchimento reciproco al servizio dell'unica comunità nazionale". Parole che ancora oggi suonano come profetiche e che sicuramente papa Francesco non mancherà di ribadire oggi e domani in terra d'Egitto.


GIOVANNI PAOLO II, PRIMO PAPA IN EGITTO

San Giovanni Paolo II in quel viaggio giubilare, ebbe parole d'affetto sia per la comunità cattolica copta definita "segno di unità della Chiesa", sia per quella ortodossa copta, che per oltre 15 secoli – a partire dal V secolo – si era staccata dalla Chiesa di Roma per le discordie esplose in seguito risoluzioni prese dal Concilio di Calcedonia in materia di natura divina e umana di Gesù Cristo. Una rottura che Paolo VI sanò restituendo nel 1968 le reliquie di San Marco ai cristiani egiziani e ricevendo il 10 maggio 1973 in Vaticano l'allora papa Copto Shenouda III. Lo stesso Shenouda al quale nel febbraio del 2000 Giovanni Paolo II rinnovò l'impegno a "evitare qualsiasi forma di proselitismo, o metodi e atteggiamenti che sono in antitesi con le esigenze dell'amore cristiano o con ciò che dovrebbe caratterizzare le relazioni tra le Chiese". "Non ci conosciamo a sufficienza - aggiungeva Papa Wojtyla -  troviamo modi per incontrarci! Cerchiamo forme adatte di comunione spirituale, come la preghiera unita al digiuno, gli scambi e l'ospitalità reciproci fra monasteri. Troviamo forme di cooperazione pratica".

L'Egitto è anche la terra dei Dieci Comandamenti. E Giovanni Paolo II – recatosi anche sul monte Sinai, a differenza di Francesco che invece si recherà solo al Cairo - ricordò: "I Dieci Comandamenti non sono l'imposizione arbitraria di un Signore tirannico. Essi sono stati scritti nella pietra, ma innanzitutto furono iscritti nel cuore dell'uomo come Legge morale universale, valida in ogni tempo e in ogni luogo. Oggi come sempre, le Dieci Parole della legge forniscono l'unica base autentica per la vita degli individui, delle società e delle nazioni; oggi come sempre, esse sono l'unico futuro della famiglia umana. Salvano l'uomo dalla forza distruttiva dell'egoismo, dell'odio e della menzogna. Evidenziano tutte le false divinità che lo riducono in schiavitù: l’amore di sé sino all’esclusione di Dio, l'avidità di potere e di piacere che sovverte l'ordine della giustizia e degrada la nostra dignità umana e quella del nostro prossimo. Se ci allontaneremo da questi falsi idoli e seguiremo il Dio che rende libero il suo popolo e resta sempre con lui, allora emergeremo come Mosè, dopo quaranta giorni sulla montagna, risplendenti di gloria".


SAN MARCO, FONDATORE DELLA CHIESA COPTA

La cattedrale ortodossa copta di San Marco, chiesa situata nel distretto di Abbasyia al Cairo (e perciò conosciuta anche come cattedrale di Abbassia o Abbasyia), è la sede del papa patriarca copto ortodosso Tawadros II. La chiesa è intitolata a San Marco Evangelista che fu il primo a diffondere il cristianesimo in Egitto e per questo è considerato e venerato come il fondatore della Chiesa copta. Alcune sue reliquie sono conservate all’interno del tempio. Nel giugno 1968, papa Paolo VI fece restituire ai copti ortodossi dell’Egitto una parte delle reliquie dell’Evangelista a seguito di una richiesta del patriarca Cirillo VI in occasione delle celebrazioni dei millenovecento anni dal martirio di san Marco. Le reliquie del Santo furono trafugate nell’828 e portate a Venezia. Le parti restituite da Papa Montini furono «deposte con grande devozione» in un altare costruito proprio a questo scopo e si trovano tuttora lì. Nel tempio si venerano anche le reliquie di sant’ Atanasio, patriarca di Alessandria. 

Da questo momento i rapporti tra cattolici e copti cominciarono a crescere in profondità e frequenza; questo è un elemento da tenere in grande considerazione nella «lettura» del prossimo viaggio di Francesco in Egitto, dove come è noto incontrerà per la seconda volta suo fratello Tawadros II. Il primo incontro tra un papa e un patriarca ortodosso copto dell’Egitto risale al 10 maggio 1973. In tale occasione, in Vaticano, Paolo VI e Shenouda III firmarono un’importante «Dichiarazione» cristologica comune e dettero avvio al dialogo ecumenico bilaterale tra le due Chiese. La Dichiarazione iniziava con l’affermare che la Chiesa di Roma e la Chiesa di Alessandria condividono la stessa fede in Gesù Cristo, «Dio perfetto riguardo alla Sua Divinità, e perfetto uomo riguardo alla Sua umanità».

L’incontro successivo, tra papa Shenouda III e san Giovanni Paolo II, ebbe luogo al Cairo nel febbraio del 2000, durante il pellegrinaggio giubilare. La riunione più recente, a distanza di quarant’anni dall’incontro dei loro predecessori (1973), è del 10 maggio 2013, il giorno in papa Francesco e papa Tawadros II si incontrarono fraternamente a Roma.


A livello storico non ci sono stati altri contatti tra il Vaticano e l'Egitto. Anche se non sono mancati scambi culturali e interessi di natura architettonica da parte dei pontefici che nel Rinascimento posero mano alla ricostruzione urbanistica di Roma. Come Sisto V, il grande papa “architetto-urbanista” che fece decorare le più importanti piazze romane, a partire da piazza S.Pietro, di obelischi egiziani trasportati a Roma in epoca imperiale.

Papa Paolo VI, su san Marco, che conosceva e amava molto, nella catechesi del 25 aprile 1967, così parlò dell'evangelista: «La storia di Marco (di Giovanni, suo nome ebraico, detto Marco, nome latino; cf. Act. 12, 12) è interessantissima; s’intreccia forse con quella di Gesù, nell’episodio del ragazzo che, nella notte della cattura di Lui nell’orto degli ulivi, lo seguiva, dopo la fuga dei discepoli, coperto da un lenzuolo - per curiosità? per devozione? - ma quando coloro che avevano arrestato Gesù, fecero per afferrarlo, il ragazzo lasciò loro nelle mani il lenzuolo, e sgusciò via da loro (Marc. 14, 52). Ma soprattutto la storia di Marco si fonde con quella degli Apostoli: Paolo e Barnaba...”.

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