francescanesimo

Francesco santo, Francesco papa

Chiara Frugoni
Pubblicato il 01-02-2019

Il chierico Rodolfo Ardente, vissuto nel XII secolo, nel sermone: Qui parce seminat, insisteva sul fatto che l'elemosina è una giusta restituzione: «I beni, creati per tutti noi, Dio li affida con più abbondanza ai ricchi chiedendo però loro di comprendere che non ne sono i padroni, ma i dispensatori in favore dei poveri. Quando dunque facciamo l'elemosina ai poveri noi non doniamo attingendo ai nostri beni; sono i beni dei poveri che noi restituiamo, cosa che certamente costituisce un dovere di giustizia.

Coloro che trattengono per se stessi il superfluo dei loro beni, beni che non sono loro ma in comune con i poveri che muoiono di miseria, fanno forse altra cosa che rapinare questi infelici di quello che appartiene loro e ucciderli?».
Francesco che condivideva le idee economiche del suo tempo, ritenendo cioè che la quantità di denaro e di ricchezza nel mondo fosse stabile e che non si potesse aumentare ma soltanto, se mai, ripartire più equamente, fa propri, insieme ai suoi frati, i principi della «teologia della questua».

Nell'esplosivo capitolo IX della regola non bollata del 1221 è formulato un appello non violento ad una maggiore equità sociale; per questo non si parla di carità ma di giustizia: «L'elemosina è l'eredità e la giustizia che è dovuta ai poveri; l'ha acquistata per noi il Signore nostro Gesù Cristo. E i frati che si affaticano per procurarla avranno una grande ricompensa e la fanno guadagnare e acquistare a quelli che fanno elemosina: poiché tutte le cose che gli uomini lasceranno nel mondo, periranno, ma della carità e delle elemosine che hanno fatto riceveranno il premio dal Signore». Per questo Francesco poteva spesso ripetere ai confratelli: «Non sono mai stato ladro. Voglio dire che delle elemosine, le quali sono l'eredità dei poveri, ho preso sempre meno di quanto mi bisognasse, allo scopo di non intaccare la parte dovuta agli altri poveri. Fare diversamente sarebbe rubare».


Cosa indica la scelta, del nome Francesco da parte di Jorges Bergoglio? Una scelta così impegnativa, che prima di lui nessun papa aveva osato fare: direi che è del tutto in linea con la sua biografia, con la volontà di trascorrere una vita povera fra i poveri e i miserabili. Si è presentato per la prima volta da papa con una semplice croce di legno, senza stola, che ha usato solo per la benedizione, togliendola subito dopo. Credo che la consuetudine con le baraccopoli di Buenos Aires gli abbia fatto sentire particolarmente vicino Francesco, povero fra i poveri, e che nel suo programma ci sia prima di tutto il proposito di continuare nella via della povertà e umiltà del santo, occupandosi di diseredati ed infelici; speriamo che questo gli permetta anche di tenersi lontano dagli intrighi della curia, dagli opachi traffici della banca vaticana.


Non dobbiamo però cadere nell'equivoco che sia tornato Francesco.
Francesco non sarebbe mai diventato papa, lui che non volle mai farsi né prete né monaco, che aveva rivalutato a tal punto il ruolo dei laici da iniziare una comunità di soli laici, e che aveva tanto in stima le donne da pensare ad un progetto di vita cristiana aperto ugualmente a uomini e donne. Alcune prese di posizione di quando papa Francesco era Jorges Bergoglio ce lo mostrano su posizioni di una Chiesa abbastanza conservatrice. Ma nessuno può sapere cosa gli riserverà il futuro, quali problemi, e come con essi si misurerà. Quindi gioiamo oggi per un nome nuovo e così bene augurante.

Chiara Frugoni

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