francescanesimo

Ambiente, Pio XII e l’inquinamento atmosferico

Antonio Tarallo Ansa
Pubblicato il 28-11-2018

“Laudato si', mi' Signore, per sora luna e le stelle, in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle”.

 

Il cielo, la volta celeste, l’Infinito. E’ stato questo l’oggetto di molti pensieri di San Francesco, forse maturati proprio – e non è idea poetica, ma direi reale – in quelle notti in cui il Santo, guardando appunto le notti stellate, ha pregato Dio. Lo ha pregato, magari nel freddo umbro, nel freddo della rocca assisana, mentre riusciva a riscaldarsi grazie solo al caldo delle “coperte” dei cieli, quelli da scoprire, da ammirare, tutti ammantati di mistero, un po’ come è Dio stesso. Mistero, in fondo.  In questo parte-sessione del ringraziamento a Dio, in questa “lode” all’ “Altissimo onnipotente bon Signore”, ci troviamo dinanzi al poeta-astronomo, se così possiamo definirlo.

A chi è cosciente che il riflesso del Dio Creatore non è solo nella Natura di alberi, o di animali, o degli stessi Uomini, ma anche in qualcosa che è sì percettibile, ma sembra coì lontano, come lontane sono le stelle e la luna. E queste, sono presenti, in una sorta di panorama che sembrerebbe – a primo acchito – ancora più impercettibile, e quasi “evanescente” (mi sia passato il termine) visto che non è certo possibile toccarlo. Lui, il cielo. Intangibile, ma presente e vivo.


E una particolare attenzione al cielo, l’aveva avuta anche – molti secoli più tardi – un papa che è rimasto alla Storia per altri temi, per altre cosiddette “questioni storiche”. In fondo, si sa, la Storia discerne, viviseziona ciò che a suo piacimento vuole vivisezionare. Stiamo parlando di papa Pacelli, Pio XII. Il papa della Seconda Guerra mondiale. Ebbene, in un discorso non tanto famoso  – ovviamente l’attenzione per lui è stata, da sempre, riservata ad altro – possiamo trovare una delle descrizioni più affascinanti della volta celeste, ponendo questa, alla stregua di San Francesco, come espressione del Dio Creatore. Il discorso che presentiamo ai lettori è stato tenuto dal pontefice, in occasione dell'inaugurazione del VI anno della Pontificia Accademia delle Scienze, il 30 novembre 1941. Agli illustri accademici di questa istituzione pontificia, dirà:

“È forse muto davanti a voi l’universo? Non ha nulla da dirvi per appagare la tendenza profonda del vostro intelletto per una sintesi grandiosa delle scienze? Per una sintesi che risponda all’ordine del creato? Nell’universo il più degno di considerazione è la disposizione all’ordine, che tutto insieme lo distingue e l’unisce, lo intreccia e lo concatena nelle varie parti e nelle diverse nature, che si odiano e si amano, si respingono e si abbracciano, si fuggono e si cercano, si combinano e si disgregano, scompaiono l’una nell’altra e ricompaiono, congiurano per rapire al cielo il baleno, la folgore, lo schianto, le nubi, di cui ai nostri giorni così terribilmente vediamo turbati la terra, il cielo e i mari. A meraviglia voi conoscete come ciascuna di queste nature ed elementi operi secondo il diverso istinto della propria inclinazione e dipenda da un principio senza saperlo e cospiri a un fine senza volerlo”.


E ancora: “Con l’ampia vista dei vostri telescopi numerate gli astri e ne scindete gli spetti, inseguite i vortici e i bagliori delle nebulose e date loro un nome; ma dove inchinarvi alla scienza di Dio, il quale meglio di voi fissa il numero delle stelle e tutte le chiama per nome, numerat multitudinem stellarum, et omnibus eis nomina vocat”.


Il turbamento a cui faceva riferimento Pio XII non era quello a cui stiamo assistendo oggi, quello che vede in pericolo l’atmosfera terrestre. In quel caso le nubi erano di altra natura, quella bellica. Ma questo passaggio, così significativo per diversi aspetti, ci offre l’opportunità di apprezzare un lato non sempre conosciuto del pontefice Pacelli, quello che lo vede impegnato come attento lettore e scrutatore del cielo.

Un uomo, un pontefice, che – nel trovarsi appunto davanti a degli scienziati del cosmo, della Natura del Cielo – vuole ribadire la superiorità “intellettiva” (diciamo così) di Dio, nei confronti della Scienza stessa, nei confronti della contemplazione di “sorella luna e le stelle” che Dio ha voluto formarle “in cielo, chiare preziose e belle”. E’ la sua “mente creativa” che ha potuto fissarne “il numero (..:) e tutte le chiama per nome, numerat multitudinem stellarum, et omnibus eis nomina vocat”.


 

E, nell’Oggi, quale “turbamento” è possibile riscontrare in quel cielo così poeticamente cantato da San Francesco, così scientificamente e teologicamente descritto da Papa Pio XII?  Forse non se ne parla poi così tanto spesso, ma bisogna fare i conti, nel Tempo Presente, con una tipologia di inquinamento che sfugge al nostro sguardo, non manifestandosi, del tutto, “sotto i nostri occhi”, bensì direi, piuttosto, “sopra i nostri occhi”. Parliamo dell’inquinamento atmosferico.  Un enorme problema che è in mezzo a noi, e che noi stessi – forse proprio per quella evanescenza di cui si parlava precedentemente in merito al “cielo” – non riusciamo a rendercene conto.  


E’ proprio di quest’anno un ultimo studio su tale argomento, redatto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che lancia un allarme serio, preoccupante alquanto. Nove persone su dieci, sul pianeta, respirano alti livelli di agenti inquinanti. Ogni anno il fenomeno causa ben 7 milioni di morti. I dati nati, analizzando 4.300 città in 108 nazioni del globo terrestre. Stiamo parlando di un “aria” malsana, in cui è stato riscontrato un mix davvero letale per la nostra salute: particelle inquinanti liquide e solide che, una volta respirate, possono rimanere anche intrappolate nei polmoni, sostanze nocive come solfati, nitrati e carbone nero, scorie generate dal traffico, dalle lavorazioni industriali, dagli impianti per produrre energia e dalle aziende agricole che, ormai, tanto “agricole” non sono.

Queste statistiche divengono ancor più preoccupanti, sempre a detta dello studio dell’Oms, se andiamo a guardare i dati di paesi come l’Asia e l’Africa, dove si verifica il 90% delle morti collegate al fenomeno.


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