francescanesimo

"Il centro non sono più io": San Francesco testimone di vita

Felice Accrocca
Pubblicato il 10-02-2018

Durante una Quaresima, Francesco aveva fatto un piccolo vaso, per utilizzare i ritagli di tempo e non perderne neppure uno.

In un tempo in cui alla fin fine sembra lecito e giusto tutto ciò che piace e buono quel che aggrada, parlare di conversione potrà apparire a molti retorico e persino fuorviante, come il semplice termine bastasse ad agitare gli spauracchi dei tempi andati, quando il bene veniva inculcato con la paura e l’amor di Dio sembrava dovesse cedere il passo alla paura dell’inferno.

Ma non è così: la Chiesa ce lo ricorda in questo tempo di quaresima e Francesco ce l’insegna con la testimonianza della sua vita. Convertirsi per lui significò mettere Dio al centro, dare al Signore quel posto che prima aveva assegnato a se stesso: aveva fatto di sé il centro del mondo, ma quando incontrò il Signore si accorse che così non era.

Prese dunque a lottare con se stesso e con le proprie debolezze e fragilità, soprattutto in quei tempi che la liturgia qualifica come tempi “forti”. Nei primi mesi del 1221 egli, vittima della febbre quartana, ritrovandosi debole mangiò della carne. Quella “caduta” durante la quaresima lo spinse – non ancora del tutto ristabilito – ad alzarsi e a recarsi in città per confessare nudo davanti alla gente che nel decorso di quella malattia aveva mangiato «carne e brodo di carne». Tutti capirono la lezione, avvertendo anche l’urgenza di una vera conversione.

In un’altra occasione, «durante una Quaresima, aveva fatto un piccolo vaso, per utilizzare i ritagli di tempo e non perderne neppure uno». Un giorno, però, durante la preghiera, «gli capitò di fermare per caso gli occhi su quel vaso»: si accorse così che «l’uomo interiore» finiva per essere «ostacolato» nel suo fervore. Bastò poco perché prendesse una decisione senza ritorno, afferrando quel vaso per gettarlo nel fuoco, bollando come «fantasie inutili» tutto ciò che poteva distrarlo nel dialogo «col Gran Re».

Sempre i santi si rivelano a noi come grandi maestri, non a parole, ma con la vita. Pure in atteggiamenti come quelli appena ricordati, che possono apparire anche strani o bizzarri, Francesco c’insegna che è necessario combattere ogni ipocrisia e che non dobbiamo disperderci né dissiparci; ancor meno dobbiamo concentrarci su noi stessi fino a prendere il posto di Dio. La quaresima deve metterci, dunque, davanti alle domande di fondo, quelle che valgono la scommessa di una vita. Siamo davvero convinti di non essere noi il centro del mondo? Siamo disposti a lottare per non lasciarci sommergere dagli affanni, dallo stress della vita, dalle cose che passano, per fissare invece lo sguardo su Gesù e ciò che non passa? Altrimenti avremmo perso un’altra occasione…

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