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La testimonianza

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001



La grande famiglia francescana si riunirà nel nome del Signore per riflettere sul dono della chiamata alla vita evangelica secondo la forma di vita tracciata da Francesco d'Assisi.
È un dono, quello della vita francescana, che richiama una responsabilità nel senso più vero e profondo del termine, ossia una “capacità di risposta” alle numerose sfide e alle ineludibili domande che il mondo d'oggi pone a ciascuno di noi, che facciamo pubblica professione dei consigli evangelici.
È così che la responsabilità si configura come testimonianza: la nostra risposta al mondo contemporaneo vuole testimoniare la perenne validità dei valori che stanno all'origine della nostra vocazione, conferendo una sorta di “eterna giovinezza” all'intuizione di un cristiano del 1200 che continua a parlare al cuore dell'uomo d'oggi.
Sappiamo bene che il nostro padre Francesco non ha inventato niente di nuovo: ponendo a fondamento del proprio itinerario spirituale le sante parole del Vangelo, egli non ha preteso altro che prendere sul serio la vocazione battesimale propria di ogni cristiano.

Se vogliamo, dunque, rimanere fedeli all'ispirazione di San Francesco, è alla parola di Gesù che dobbiamo volgere la nostra attenzione per comprendere quale debba essere il contenuto più autentico della nostra testimonianza. In un momento di grande intimità quale quello del congedo da essi, il Signore rivolse queste parole a coloro che avevano condiviso con lui l'avventura dell'annuncio della lieta novella: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). Si tratta di una sorta di testamento spirituale, che contiene la sintesi del messaggio che il Cristo ha proclamato con la vita prima ancora che con le parole. Proprio per questa ragione tale messaggio rappresenta un serio motivo di riflessione per ognuno di noi.

Cercando di evitare il comodo rifugio nei luoghi comuni e nelle affermazioni di principio, siamo invitati a parafrasare e attualizzare le parole di Gesù domandandoci: da che cosa il mondo d'oggi saprà che noi frati siamo discepoli del Signore? In che cosa consiste, concretamente, per noi francescani quell' “avere amore gli uni per gli altri” che il Vangelo indica come il marchio distintivo dei discepoli del Cristo? Che a queste domande non vi sia una risposta preconfezionata, valida per tutti, lo conferma con dolce fermezza il Poverello, che ormai privo di forze e prossimo all'incontro con sorella morte confida ai frati che gli stavano intorno: “Io ho fatto la mia parte: la vostra, Cristo ve la insegni”.
Lasciamoci guidare da questo invito e conserviamo nel cuore la santa inquietudine di chi cerca di rispondere con verità e sincerità alla chiamata che Dio continuamente rivolge a coloro che lo amano. di Marco Tasca

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