Il colore delle pietre d'inciampo
“Ogni cosa in movimento è sottoposta ai ritardi e ai rischi” ripeteva confuso, sotto l'insistenza delle domande di alcuni viaggiatori, un impiegato delle ferrovie, per scusarsi del ritardo di un treno. Anche il dialogo ecumenico e interreligioso, come ogni cosa al mondo, nel suo movimento è soggetto ai ritardi e ai rischi, ai malintesi e agli abusi. Ormai è ben noto che, nonostante la crisi e l'ateismo di massa, il desiderio del sacro, del mistero, della recuperata religiosità aumentano sempre di più ma, sfortunatamente, hanno spesso sbocchi ambigui. Uno di questi sbocchi o rischi è il sincretismo. Esso si può defi nire la religione fai-da-te. Una religione in cui ciascuno sceglie ciò che preferisce e combina tutto secondo i propri gusti. Elementi delle varie religioni vengono mischiati e omogeneizzati. Tale atteggiamento, in seguito alla personalizzazione della religione e alla sua contemporanea destituzionalizzazione, è spesso presente perfino tra i cristiani cattolici cosiddetti praticanti, al punto che si è arrivati ad una sorta di slogan che evidenzia la contrapposizione “Francesco sì, Chiesa cattolica no”. Ma, come sappiamo, il legame tra Francesco e la Chiesa è “inseparabile” ed imprescindibile. In realtà, il nostro pellegrinaggio nella fede consiste nel rinunciare al fatto che la nostra scelta secondo i nostri gusti, ossia la nostra volontà, sia capace di salvarci ed accettare che sia la volontà obbedienziale di Gesù a salvarci. Un altro rischio nel cammino del dialogo è l'indifferentismo. Un atteggiamento nel quale tutte le posizioni sono uguali. Non nascondiamoci però dietro un dito. L'indifferentismo, come anche il relativismo, che mette in ombra le verità cosiddette “secondarie”, sono forme di pigrizia, di mollezza e di egoismo, prive di una conoscenza reciproca e di un lavoro assiduo. Eppure, senza la conoscenza vicendevole non si ha mai un dialogo autentico. A volte, il dialogo ecumenico viene anche scambiato per un falso irenismo. Considerare solo ciò che ci unisce e trascurare ciò che ci divide “può condurre a immagini di soluzione, a compromessi ridotti al minimo comune denominatore, oppure ad un qualunquismo opportunistico e pragmatico che perde di vista la questione della verità”. Le difficoltà e i rischi del cammino ecumenico hanno diminuito l'entusiasmo sperimentato dopo il Concilio Vaticano II, ma hanno migliorato sicuramente i rapporti tra i cristiani di diverse confessioni. Oggi vediamo in modo più chiaro ciò che ci unisce e ciò che ci separa, siamo più consapevoli dei rischi di ogni cammino e sappiamo distinguere con più maturità le sfumature dei colori delle pietre d'inciampo verso l'unità.
di Silvestro Bejan
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