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Francesco non è un ecologista da corteo

GIACOMO GALEAZZI
Pubblicato il 30-11--0001

E' sbagliato semplificare il messaggio di San Francesco fino a ridurlo ad ecologista da corteo. Negli ultimi decenni la figura di San Francesco è stata utilizzata da una cultura a metà fra quella “hippy” e quella “new age”, al fine di giustificare un'ideologia pacifista ed ecologista i cui contenuti si sono mostrati molto ambigui, in alcuni casi in contrasto con la figura del Creatore e contrari alla difesa della vita.

Un pericolo che tenta di scongiurare il master di secondo livello in “Medioevo francescano” dell'ateneo Antonianum. Eppure una certa cultura ecologista contraria alle nascite e con caratteristiche neomalthusiane sostiene che San Francesco era un ambientalista che condivideva l'amore per tutto ciò che era naturale e si opponeva alle attività umane. Ma la realtà sulla sensibilità di San Francesco nei confronti del mondo naturale è tutt'altra.

Innanzitutto ogni volta che ci si accosta ad una persona, anche del passato, sono importanti, contrariamente a quello che solitamente si afferma, le cosiddette “barriere dell'io” per evitare una fusione con l'altro - spiega padre Pietro Messa, preside della Scuola superiore di studi medievali e francescani della Pontificia Università Antonianum di Roma -.

Questo vale anche nell'approcciare Francesco d'Assisi, a proposito del quale spesso, in nome di una ricerca di attualità, gli si attribuiscono problemi attuali, come l'ecologia, estranei al suo contesto storico e religioso. Preso atto di questo, e che per conoscere la sua esperienza bisogna attenersi alle fonti, soprattutto gli scritti, dobbiamo riconoscere che la sua opera a cui ci si appella ogni volta che si parli del suo rapporto con la natura è il “Cantico di frate sole” conosciuto anche come “Cantico delle creature”. Si tratta di una preghiera al Signore in cui in contemporanea si loda l'Onnipotente per le sue creature e si invita quest'ultime a lodare il loro Creatore. La questione fondamentale è quale ruolo svolga l'umanità nel contesto del “Cantico delle creature”. Insieme alle lodi al Signore, i benefici del sole che scalda, dell'acqua che disseta, sono tutti riferiti al bene dell'uomo.

Il centro di tutto è l'Altissimo a cui va riferita ogni lode, gloria e onore; tuttavia non è un Dio solitario che con la sua onnipotenza “brucia” ed elimina tutto ciò che lo circonda, ma anzi dà vita e vuole che ci sia altro oltre a sè. Le creature sono menzionate per se stesse, ma pure per le loro caratteristiche delle quali anche l'uomo beneficia, come della luce del fuoco che illumina la notte, l'acqua che è utile e preziosa, la terra che nutre e sostenta tutti noi. In questo testo l'uomo è colui che, in quanto destinatario dei doni del Signore, proclama tale lode contemplando, ossia guardando con stupore, il Creatore e la sua creazione. L'amore di San Francesco nei confronti del Creatore sembra superare anche le diffidenze umane nei confronti dei danni provocati dagli eventi naturali.

"Il Cantico delle creature fu composto da frate Francesco d'Assisi in un momento di grande disagio presso la chiesa di San Damiano in Assisi, quindi si tratta di un Cantico pasquale in cui nella notte della sofferenza" riconosciuta la presenza luminosa del Signore che fa nuove tutte le cose e illumina anche le tenebre del peccato dell'uomo - sottolinea padre Messa -. Se vogliamo attingere da tale evento della vita del Santo per il momento attuale possiamo dire che anche i danni causati dalle strutture di peccato che distruggono l'ambiente vengono redenti e che l'uomo salvato dall'incontro con il Risorto diventa capace di relazioni nuove anche con il creato. Il messaggio cristiano che San Francesco comunica sui temi dell'ambiente è limpido. Quella di Francesco d'Assisi è un'esperienza cristiana e quindi lui legge ogni avvenimento alla luce soprattutto del Vangelo. Pertanto non usa mai termini come natura, ambiente, o altri a noi comuni, ma il termine “creature”. Già questo ci parla di un approccio in cui si riconosce l'esistenza di un Creatore che è buono, onnipotente a cui tutti gli uomini e le creature devono guardare. Ciò significa che le creature sono un dono del Signore e che come tali vanno accolte nella gratitudine, ossia nel rendimento di grazie per poi restituirle a lui mediante l'amore per i fratelli. In questo modo si passa dalla gratitudine alla gratuità vivendo un amore ordinato che ha le caratteristiche dell'Eucaristia: “Prese il pane, rese grazie e lo spezzò”.

Il peccato è appropriarsi di tali doni comportandosi da padri-padroni nei confronti delle creature con le conseguenze di morte che spesso constatiamo. I Pontefici Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno parlato in più occasioni di San Francesco e delle sue intuizioni sui temi ambientali. E hanno indicato utili riflessioni sul rapporto dell'umanità con il creato. Giovanni Paolo II ha dichiarato San Francesco patrono dell'ecologia ed ha indicato Assisi come città della pace, mentre Benedetto XVI ha richiamato che ciò non significa che fosse semplicemente un ambientalista o un pacifista. Non ha voluto smentire l'operato del predecessore, come mostrano i discorsi fatti ad Assisi durante la sua visita del giugno scorso, ma ne ha indicato l'origine che è la conversione al Vangelo. La ricezione di tali insegnamenti nell'ambito cattolico certamente non è terminato. Si avverte come una duplice posizione che vede alcuni che trattano di tali temi prescindendo da un approccio cristiano, mentre altri li evitano vedendoli strumentalizzati da ambienti a volte ostili alla fede, evidenzia padre Messa. di Giacomo Galeazzi La Stampa

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