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Umane debolezze

Redazione
Pubblicato il 30-11--0001



Uno dei tuoi biografi, Francesco, narra che un giorno, montato su un asinello perché, debole e infermo, non potevi andare a piedi, attraversavi il campo di un contadino che stava lavorando. Questi ti corse incontro e ti chiese premuroso se fossi proprio tu frate Francesco. E quando gli rispondesti umilmente che eri tu quello che cercava, ti disse “di essere tanto buono quanto tutti dicono che tu sia, perché molti hanno fiducia in te. Per questo ti esorto a non comportarti mai diversamente da quanto si spera”. Udite quelle parole scendesti dall'asino e, prostrato davanti allo sconosciuto, più volte gli baciasti i piedi umilmente, ringraziandolo perché si era degnato di ammonirti.

Non era umiltà pelosa la tua, ma umiltà vera; non accusavi te stesso per spingere gli altri a lodarti o per prevenire – e stemperare – le loro recriminazioni, ma parlavi con sincerità, conscio dei tuoi limiti e dei tuoi peccati (in fondo, anche tu eri come noi soggetto alle umane debolezze). D'altronde, non avevi chiesto ai tuoi frati d'impegnarsi “a seguire l'umiltà e la povertà del Signore nostro Gesù Cristo”, assicurandoli che per le umiliazioni subite avrebbero ricevuto “grande onore presso il tribunale” ultimo e definitivo, quello davanti al quale tutti dovremo comparire? Poiché “lo spirito del Signore – dicevi – vuole che la carne sia mortificata e disprezzata, vile e abbietta e obbrobriosa, e ricerca l'umiltà e la pazienza, la pura semplicità e la vera pace dello spirito”.

Sì, più di ogni altro ti eri avvicinato alla luce che promana da Gesù, il “Sole che sorge”, e perciò potevi vedere distintamente dentro di te: pensavi a quanto v'era in te di sporco, senza perder troppo tempo ad osservare lo sporco degli altri. Quando si è al buio, invece, lontani dalla luce – come accade spesso a noi –, si fatica a vedere lo sporco che si porta addosso e si diventa dei veri campioni nell'osservare e mettere in piazza il lordume degli altri, nell'illusione – forse – di rendere in questo modo più leggero il proprio fardello!
di Felice Accrocca

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