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San Francesco e la difesa del paesaggio

Redazione
Pubblicato il 30-11--0001



Oggi torna assai spesso sui giornali, in televisione, nei libri, il tema della tutela del paesaggio: il paesaggio, un bene preziosissimo che, se distrutto, è purtroppo irrecuperabile. Un bene che va protetto con la stessa cura del nostro patrimonio artistico; con la stessa attenzione va trasmesso ai posteri. Purtroppo le tante polemiche recenti, gli abusi e gli scempi edilizi segnalano che tali affermazioni non fanno parte del sentire di tutti. Il paesaggio connota l'identità del nostro Paese, fatto di città una diversa dall'altra, da campagne e boschi, colline e declivi che attirano irresistibilmente lo sguardo, non soltanto di noi italiani ma dei turisti di tutto il mondo. La nostra Costituzione è stata la prima al mondo a collegare la tutela del patrimonio storico, artistico e archeologico con la tutela del paesaggio. Dovremmo davvero vergognarci nel non sapere arrestare la colata di cemento di quanti, attratti proprio dalla bellezza di luoghi meravigliosi, celebrati da calendari e cartoline, vogliono farne parte impiantandovi casette e villette incongrue. Offriranno così a se stessi e ai posteri, ad opera compiuta, un panorama squallido e sgraziato.
Anche nel Medioevo non c'era una propensione ad ammirare il paesaggio, ma per ben altre ragioni. Non c'erano infatti le condizioni oggettive perché si potesse godere di uno spettacolo naturale: la diffi coltà del contadino medioevale che, con strumenti inadatti, cercava di sottrarre spazio da coltivare ai fi tti boschi, sempre pronti a riguadagnare terreno, rendeva impari la lotta contro una natura prevaricante, contro le dense foreste, abitate da animali pericolosi, lupi ed orsi per esempio. Inoltre nella Bibbia la natura riceve una connotazione negativa, mezzo di espiazione attraverso il doloroso lavoro dei campi. Ad Adamo colpevole viene ribadito il suo destino di agricoltore, ma negli stenti di una terra divenuta ostile. La maledizione dei progenitori, l'uccisione di Abele, nell'immaginario collettivo, costituivano la perfetta antitesi alla primitiva armonia. La dura fatica quotidiana di Adamo dopo il peccato era, nel Medioevo, la fatica di tutti.
Adamo però, quando era ancora senza la sua compagna, viveva in paradiso voluptatis, destinato ad un lavoro di felice agricoltore, creato “ut operaretur et custodiret illum” (perché lo lavorasse e lo custodisse, Gen. 2,I5). Dio dunque aveva voluto che il primo uomo cominciasse a vivere in un paesaggio bellissimo, e il primo uomo doveva contribuire a mantenerlo tale.
Di questo disegno, oscurato poi dal peccato, si ricorda Francesco da Assisi che riesce a volgere sul mondo uno sguardo fresco e sereno. Il suo apprezzamento della natura è particolare e innovativo. Il Santo tributa ad ogni essere, anche inanimato, una larga considerazione, in quanto opera divina di cui rifl ette la grandezza e la bellezza. Francesco “diceva al frate ortolano di non riempire tutto lo spazio di verdure commestibili, ma di lasciarne libera una parte perché producesse erbe spontanee che al loro tempo producessero i fratelli fi ori. Usava dire che il frate ortolano doveva anche riservare da qualche parte un bell'orticello dove piantare tutte le erbe profumate e tutte le piante che producono fi ori belli. Le corolle una volta sbocciate, infatti, avrebbero invitato chiunque le guardasse a lodare Dio!”.
Non pensiamo mai a Francesco che coglie i fiori, a Francesco con i fiori fra le braccia, a Francesco lieto di stare in un prato fiorito, eppure le fonti sono lì a ricordarcelo.
Tommaso da Celano, nella seconda biografia dedicata al Santo, nota che “Quando i frati tagliano la legna, Francesco proibisce loro di recidere del tutto l'albero, perché possa gettare nuovi germogli”.
Oggigiorno l'inquinamento ci fa combattere battaglie di segno opposto a quelle sostenute dall'uomo medioevale; noi distruggiamo gli alberi per pentircene; tanti secoli fa, per trovare cibo a sufficienza bisognava ricavare i campi disboscando con tenacia e con molti sforzi.
A maggior ragione deve colpire la straordinaria modernità del sentire di San Francesco che, del tutto contro corrente rispetto al comune sentire del suo tempo, in lode del Creatore e grato dei doni ricevuti, si preoccupava della tutela del paesaggio, di non distruggere i boschi, di non soffocare i prati fioriti e spontanei sostituendoli con coltivazioni di ortaggi commestibili. Un altro aspetto è ancora da sottolineare: San Francesco si preoccupava anche che questo sentimento non rispecchiasse solo un suo atteggiamento personale, ma fosse condiviso dai suoi frati. Quindi si potrebbe dire che egli educava alla tutela del paesaggio, unica condizione, il “saper vedere”, perché tutti oggi possano continuare a “vedere” il paesaggio, fonte di gioia per chi ce lo ha trasmesso.
di Chiara Frugoni

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