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Lo 'spirito di Assisi'èdi Lorenza Lei, Direttore generale RAI

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001



Francesco d'Assisi ha segnato un prima e un poi nel cammino della civiltà e continua a investirci con il suo esempio e il suo insegnamento.

E' un'energia potente, oggi come ieri, perché si fonda sulla straordinaria coincidenza della vita e delle opere, dei pensieri e dei comportamenti.

Francesco si è spogliato di tutto per costruire la sua appartenenza al mondo e a Dio. Ha fatto della povertà e del rispetto per gli altri la chiave per testimoniare in ogni momento che essere con Dio si traduce nell'essere nel mondo e con le creature del mondo..

Le differenze nella storia spesso sono servite a giustificare l'ingiustizia e la violenza di un potere. Al contrario, San Francesco ne ha fatto un segno e un'ispirazione d'amore, sia che si trovasse davanti a un lupo feroce o al Sultano, davanti a suo padre o ai Demoni di Arezzo. In ciò risiede il superamento di quel confine spesso invocato strumentalmente tra religione cristiana e cultura della comprensione e del dialogo e, dunque, della pace e della giustizia.

Chiunque si occupi di comunicazione e, a maggior ragione, di un servizio pubblico non può che trarre quotidiana ispirazione ed avere come punto di riferimento la radicalità del messaggio di San Francesco. Perché la sua vita costituisce una sintesi che illumina la storia e rovescia sul nostro presente il modello di una coerenza assoluta: l'essere e il dover essere, l'individuo e la società, la solitudine e la cittadinanza, il senso della vita nel mondo e nella prospettiva della trascendenza.

Francesco è una domanda che continua a riproporsi a noi, più forte delle circostanze, delle opportunità e delle ritualità. Francesco è una domanda che denuda, nel senso che ci costringe a fare i conti con noi stessi e di per sé strappa veli, fa crollare alibi, denuncia la nostra inadeguatezza e le razionalizzazioni con cui la mascheriamo.

Ebbene, quella domanda diventa tanto più decisiva nel momento in cui ci interroghiamo a fondo su cosa significhi “comunicazione” in un contesto in cui messaggi si accumulano fino a non distinguere più l'uno dall'altro, il rumore si fa assordante, i media non esitano a fare spettacolo di tutto.

Io credo che oggi la Rai, il servizio pubblico, abbia l'obbligo di segnare la differenza di chi sa ascoltare rispetto a quei media che non esitano a fare spettacolo di tutto, a trasformare la persona in un oggetto, a disegnare un mondo dominato dalla legge del successo, dell'immagine e del consumo a ogni costo.

Abbiamo mezzi per comunicare che nessun'altra epoca ha mai avuto. Il rischio è quello di considerarli strumenti che alimento il cerchio chiuso delle nostre identità e di non accorgerci che in questo modo allarghiamo il fossato che ci separa dagli altri. Dobbiamo tornare a comunicare, partendo da quella condizione dell'ascolto che vuol dire accogliere chi è diverso da noi, abbassare gli steccati, denudarsi. Ecco la parola più giusta, per incontrare, capire e farsi capire.

Io credo che per ristabilire la legittimazione del servizio pubblico, purtroppo spesso trascurato se non vilipeso, possiamo partire proprio dalla provocazione mai sopita del Santo Patrono d'Italia. E infatti, non è certo un caso, che proprio San Francesco sia il Patrono del Paese e che nel '58 il Papa Pio XII abbia nominato Santa Chiara patrona della televisione e delle telecomunicazioni.

La comunicazione, quella della televisione e ancor più quella veicolata dal web e dai nuovi media, si consuma un giorno dopo l'altro, un attimo dopo l'altro.

E' proprio questa pervasiva trasparenza dei suoi flussi che la rende così capace di arrivare al pubblico, moltiplicando il suo potere di fascinazione.

Ne dobbiamo essere consapevoli. E' una grande responsabilità.

Dobbiamo con costante coerenza ridare densità alle immagini, nella concretezza del lavoro. Dobbiamo essere modello, superando quella logica commerciale che è altro dal servizio pubblico.

E cosa può significare un riferimento valoriale se non rafforzare la nostra attenzione, perfezionare un impegno di apertura agli altri, che moltiplichi le occasioni per lo scambio, il confronto, il dialogo, che abbatta gi steccati fondati sulla paura e operi per il riconoscimento della sostanzialità umana sulla quale ogni religione, quale che sia, va a svolgere la declinazione del suo tragitto. Immanente e trascendente.

E' il caso di ricordare quanto il Papa Benedetto XVI ha detto a proposito della necessità di rompere quel circuito vizioso che fa della religione l'alibi della forza e che asservisce l'amore per Dio a una causa di violenza e sopraffazione.

Bisogna fare un passo indietro, disarmare e disarmarci, cominciando a guardare nelle tradizioni e nei modelli culturali di ciascuno in modo da impegnarsi a ritrovare i fondamenti che uniscono, i problemi che accomunano, le domande a cui tutti nei contesti più diversi cercano di dare una risposta.

La televisione è uno strumento straordinario che ha come limite soltanto limite il perimetro globale della comunicazione. Qui e ora e tutto il mondo a portata dello sguardo. Non si tratta solo di un tempo e di uno spazio. Si tratta di un'opportunità che può contribuire a spostare quella coazione conflittuale che da sempre si nutre delle differenze per costruire un'identità.

E' un compito complesso e irto di difficoltà. Va perseguito nella quotidianità, senza cedere a scorciatoie, con la consapevolezza che la mèta, se per un verso è lontana, per l'altro, dipende dalla nostra coerenza e dalla nostra sollecitudine qui, in questo e in ogni momento.

Senza retorica e nella concretezza dei piccoli passi che ogni giorno si possono e si debbono fare, la Rai, il servizio pubblico della Rai, vuole testimoniare dello spirito di Francesco d'Assisi.

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