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Lo 'spirito di Assisi'èdi Mauro Moretti, Amministratore delegato del gruppo Ferrovie dello Stato

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001



Il 27 ottobre 2011, Sua Santità Papa Benedetto XVI, celebrando il 25° anniversario del primo incontro dello spirito di Assisi, ha rinnovato l'invito all'umanità intera e non soltanto alle grandi tradizioni religiose, a favorire il rispetto e le relazioni pacifiche tra gli uomini. Un messaggio di pace oggi drammaticamente attuale, lo stesso che scaturì dallo storico incontro del 1986 quando il Beato Giovanni Paolo II riunì per la prima volta ad Assisi i rappresentanti delle grandi religioni mondiali. Un messaggio di valore talmente profondo da condizionare non solo la Chiesa cristiana e le altre Istituzioni religiose internazionali, ma anche l'orientamento di un mondo tradizionalmente laico come quello imprenditoriale.

La forte suggestione della locuzione coniata dal Beato Giovanni Paolo II sullo “Spirito di Assisi”, come rievocazione dell'insegnamento del Concilio Vaticano II sull'unità di tutto il genere umano all'insegna della pace e della tolleranza, iniziò a fare breccia anche nella ferrea credenza degli imprenditori per i quali, come sostenuto dall'economista Milton Friedman negli anni '70, l'unica responsabilità sociale possibile per l'impresa era quella di fare profitti. In un passo della Enciclica Caritas in Veritate , Sua Santità Papa Benedetto XVI richiamando il mondo delle imprese ad una “più ampia responsabilità sociale” ha tuttavia considerato “che si va sempre più diffondendo il convincimento in base al quale la gestione dell'impresa non può tenere conto degli interessi dei soli proprietari della stessa, ma deve anche farsi carico di tutte le altre categorie di soggetti che contribuiscono alla vita dell'impresa: i lavoratori, i clienti, i fornitori dei vari fattori di produzione, la comunità di riferimento”.

Nonostante questa crescente consapevolezza, il rapporto tra etica e impresa è ancora controverso. Se è un fatto evidente che un'impresa non può abbandonare l'idea di fare profitti, non c'è niente di male nel credere che per essa sia possibile essere utile al progresso sociale continuando a rispettare il proprio fine ultimo di produrre reddito.

L'etica di un'impresa dovrebbe essere valutata, a prescindere dalle intenzioni morali, sulla capacità di contribuire allo sviluppo sociale in una prospettiva di sostenibilità senza tralasciare i propri interessi. In questo modo sarebbe davvero possibile raggiungere un equilibrio positivo per tutti.

Orientare oggi l'attività imprenditoriale in modo etico, credo sia innanzitutto capire attraverso quali modalità impresa e società possono entrare in un circolo virtuoso che consenta ad entrambe di trarre un reciproco vantaggio. Il contributo positivo che ogni impresa può offrire al progresso sociale, senza dover rinunciare a produrre utili, può essere davvero incalcolabile.

Penso al Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, che dal 2006 ho l'onore di condurre, e all'importanza strategica, per esso, del tema della sostenibilità. Dopo aver compiuto in questi ultimi anni un vasto processo di riorganizzazione e di risanamento economico, il Gruppo FS Italiane, senza perdere mai di vista le ragioni del mercato, sta riuscendo nel difficile ma non impossibile compito di restituire al treno, il più ecologico tra i mezzi di trasporto, un ruolo da protagonista nello sviluppo del Paese. Una scelta obbligata se si pensa che il sistema industriale dei trasporti è responsabile per il 25% dei livelli di inquinamento ambientale e alcune proiezioni accreditano che, nel 2050, questo livello potrà arrivare addirittura al 50%. Per formalizzare il suo impegno, Ferrovie dello Stato Italiane ha siglato con il Governo, insieme ad undici grandi imprese del Paese, il “Patto per l'Ambiente” con l'obiettivo di contenere le emissioni di CO2 per oltre 600 tonnellate l'anno, di incrementare la produzione energetica da fonti rinnovabili e ottimizzare la gestione dei rifiuti. L'impegno messo in atto dal Gruppo FS Italiane nel riuscire a coniugare le ragioni del profitto con quelle dell'etica è reso evidente anche dalla sua intensa e continua presenza in campo sociale. Penso allo sforzo sostenuto per poter garantire l'accesso ai treni anche alle persone con difficoltà motorie e agli anziani; per garantire la sicurezza e il decoro delle stazioni ferroviarie che, soprattutto nelle grandi città, diventano spesso il rifugio degli emarginati. Il recupero delle situazioni di emarginazione sociale nelle stazioni rappresenta nel nostro caso un esempio concreto di come sia possibile rendere compatibile lo sviluppo commerciale dei terminal con lo spirito di solidarietà sociale di un'impresa ferroviaria.

La crisi finanziaria in atto dimostra la natura “sistemica” dei problemi drammatici del nostro tempo e come non sia possibile affrontarli in modo isolato. Le uniche strade percorribili sono oggi quelle segnate da una “sostenibilità” intesa in modo integrale, che sappia rispondere adeguatamente alla sfida del nostro tempo di soddisfare i bisogni di oggi senza compromettere il futuro della società del domani.

Per questo, i principi di trasparenza, correttezza e responsabilità sociale sono oramai un punto fermo nelle politiche del Gruppo FS Italiane come dimostra anche la dichiarazione su “Mobilità e Trasporto Sostenibile”, sottoscritta nel 2010 assieme ad altre 43 imprese ferroviarie del mondo, che recepisce i dieci principi del Global Compact delle Nazioni Unite relativi a diritti umani, lavoro, ambiente e anti-corruzione.

Sostenibilità, responsabilità sociale, codice etico sono le tre vie maestre attraverso le quali il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, un'Impresa che da tre anni consecutivi produce utili in crescita, ha tracciato il proprio cammino, dimostrando che la scelta tra etica e profitto non è affatto una scelta alternativa.

Credo invece che il fattore etico introduca un arricchimento nella visione imprenditoriale e un modo più equilibrato per crescere e competere nella consapevolezza del ruolo sociale dell'impresa.

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