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Intervento Mons. Domenico Sorrentino, Vescovo Assisi

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001



L'iniziativa per la proclamazione di San Francesco quale ”patrono d'Italia” fu del grande vescovo di Assisi mons. Giuseppe Placido Nicolini. Egli vi pose mano nel 1937, raccogliendo numerose adesioni di diocesi italiane e, naturalmente, delle famiglie francescane. La sua calda petizione a Pio XI porta la data della Pentecoste 1938. Un anno dopo, il 20 giugno 1939, sarebbe toccato a Pio XII accoglierla nel “breve” in cui il Poverello di Assisi veniva dichiarato patrono d'Italia insieme a Santa Caterina da Siena.
Il buon esito dell'iniziativa, in quegli anni, fu facilitato dalla coincidenza del decennio dei Patti Lateranensi, letti come un momento di definitiva pacificazione della Nazione ancora provata dalle tensioni risorgimentali. Su questo Mons. Nicolini non mancò di far leva, chiedendo al Papa di completare la sua opera di pacificazione col dare un patrono celeste all'Italia unita. Ma le sue motivazioni andavano ben oltre una superficiale retorica nazionale. Egli fece riferimento anche alle difficoltà dei tempi, additando quelle che definiva “ apostasie di varie nazioni dallo spirito cristiano”: facile supporre che pensasse al comunismo, ma anche al nazismo, su cui era da poco caduto l'anatema della Mit brennender Sorge di Pio XI -. La sua preoccupazione non risparmiava l'Italia. Secondo il presule assisano, evidenziare la figura di Francesco agli occhi di tutti gli italiani sarebbe stato anche per le autorità civili – e dunque concretamente per il fascismo - monito “ad una totale e indefettibile fedeltà, ufficialmente espressa, allo spirito religioso della stirpe italiana”.
Negli immediati drammatici anni della guerra, lo stesso Vescovo avrebbe toccato con mano quanto tale monito fosse stato disatteso con la partecipazione del regime alla guerra e con l'adesione alla politica razziale. Mons. Nicolini si distinse allora in un'opera di accoglienza degli Ebrei, nella città di Assisi, che gli avrebbe poi valso il riconoscimento di “giusto di Israele”. Nello stesso luogo che secoli prima aveva visto il predecessore Guido accogliere sotto la sua protezione, con atto coraggioso e impopolare, il nudo Francesco ripudiato dal padre, egli accolse ebrei denudati della dignità umana. Ad Assisi essi trovarono il calore di un francescanesimo vissuto fino all'eroismo.
L'intuizione forse più indovinata, e sempre attuale, della petizione di Mons. Nicolini emerge laddove il Vescovo definiva Francesco come il santo più universalmente amato, “e non solamente da parte del popolo sinceramente cristiano, ma anche da parte dei cattolici tiepidi e non praticanti, dei protestanti e degli stessi increduli”. Un santo “universale”, dunque. Mettendo insieme le regioni d'Italia, il Risorgimento scommise sulla possibilità di unire le varie anime della cultura nazionale. I passaggi che hanno segnato l'Italia unita fino ad oggi mostrano che molte diversità permangono, e tante sono legittime, anzi,arricchenti. Le differenze devono tuttavia misurarsi con l'orizzonte del bene comune, in una capacità di reciproco ascolto e di rispettoso confronto, sempre lontano dalla violenza, dal disprezzo e dall'ingiuria tesa ad umiliare il diverso o l'avversario. Esortando i suoi frati ad accogliere l'umiliazione, Francesco faceva osservare che l'umiliazione va imputata non a coloro che la ricevono, ma a quelli che la fanno. Cf. Regola non bollata IX, 9.

Viviamo una transizione culturale dagli esiti incerti, in cui persino la Costituzione sembra non essere più per tanti la bussola di principi e valori condivisi. Il relativismo sembra essere l'unica ideologia compatibile con una società democratica e tollerante, alla ricerca di nuovi equilibri, e comunque bisognosa di rapporti costruiti all'insegna della giustizia e della pace. Francesco riesce a parlare come pochi anche a questa nostra società “plurale”. E ciò non perché egli abbia una santità vaporosa, capace di adattarsi a tutte le mode. Nulla è ambiguo nella sua personalità. Tutto in lui dice Cristo, il Vangelo sine glossa, la Croce fino alle stimmate.
Il contrario del relativismo, dunque. Ma egli lo incarna in quella tipica mitezza che scarta presunzioni e arroganze, facendosi testimone di una verità che si coniuga con l' accoglienza, la prossimità, il calore fraterno.
Di questo messaggio evangelico e francescano abbiamo più che mai bisogno per riprendere a dialogare, in vista di un nuovo “risorgimento” globale, che assicuri un'anima all'economia e alla politica, alla persona umana i suoi inviolabili diritti e alle relazioni sociali un'etica di giusta libertà e di convinta solidarietà. San Francesco di Assisi patrono d'Italia è anche questo.

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