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Expo, chef a rapporto: nasce il Food Act. Bottura: "Nelle nostre cucine difficili anche gli stage"

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Dice lo chef Massimo Bottura: "Negli Stati Uniti il motivo principale per programmare un viaggio in Italia è il food. Ogni giorno, vedo persone che vengono a pranzo e a cena da ogni parte del mondo perché vogliono vivere un’esperienza culturale. E tutto questo diventa un traino anche per l’agroalimentare. I nostri ristoranti sono come botteghe artigiane. Ragazzi di tutto il mondo vogliono fare stage ma la burocrazia e le leggi rendono tutto difficile. Così perdiamo l’occasione per formare nuovi ambasciatori del Made in Italy". Per questo partecipa alla stesura del Food Act. Un piano in dieci punti - e altrettanti obiettivi - per "valorizzare la cucina italiana". Che vuol dire, dicono, non solo gusto ma anche cultura e turismo, economia e agroalimentare. Un pezzo di Paese. Un "patto tra le istituzioni e i grandi chef che può rappresentare una delle eredità più importanti di Expo", lo definisce il ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina. Perché è lì, all'Esposizione dedicata all'alimentazione che è stata siglata l'alleanza. E perché è così, schierando la "nazionale" degli ambasciatori del cibo, che il governo ha deciso di scendere in campo.


Si sono ritrovati a Expo, i giocatori. Da una parte tre ministri, arrivati con quel Food Act e la volontà "per la prima volta" di giocare in squadra: il "coordinatore" Martina, la responsabile dell'Istruzione Stefania Giannini, quello della Cultura Dario Franceschini. Dall'altra quaranta super chef, dal decano Gualtiero Marchesi a Carlo Cracco, da Bottura a Cristina Bowerman (ma anche Davide Oldani, Antonino Cannavacciuolo, Pietro Leemann, Cesare Battisti, Ugo Alciati, Moreno Cedroni, Enrico Bartolini) che hanno chiesto meno burocrazia, più formazione. E adesso, per cercare di dare corpo al piano e trasformarlo in realtà, il tavolo chiamato "Forum della cucina italiana" diventerà permanente. Una cabina di regia comune che coinvolgerà anche altri ministeri ed enti locali. "Se sono qui è perché ci credo tantissimo - dice Carlo Cracco - da sempre. Il problema è riuscire a concretizzare, a dare una forma all’attenzione attorno al mondo del cibo". E non è il solo a sottolineare il concetto: "È inutile essere in due o tre, magari davanti a una bottiglia di vino a fine serata - è la voce di Cannavacciuolo - a parlare sempre degli stessi problemi. È arrivato il momento di buttare tutto su un tavolo e dialogare con questi ministri che per la prima volta ci stanno ascoltando. Ma da una parte c’è chi parla di terra, dei contadini, dei grandi prodotti. E poi si sente di latte in polvere per fare i formaggi, dell’aranciata che viene chiamata così nonostante l’uno per cento di arance".


È anche puntando su questi speciali "ambasciatori" che il governo punta a promuovere l'Italia all'estero e "portare entro il 2020 l'export agroalimentare a toccare 50 miliardi di euro" con una campagna che vedrà gli chef protagonisti a cominciare da terreni di caccia come Stati Uniti, Cina e Russia. Anche perché - come lamenta Davide Scabin - all'estero abbiamo una corsia preferenziale, siamo visti quasi come 'vip', poi torni a casa e quasi quasi ti fischiano. Uno come Bottura, arrivato fino alla seconda posizione mondiale, dovrebbe essere accolto come un ministro e invece a volte dobbiamo fare i narcotrafficanti di cibo negli aeroporti per portare con noi i nostri prodotti. Servirebbe avere la valigia diplomatica. A volte ci sentiamo un po’ soli. In altri Paesi i grandi chef viaggiano con gli ambasciatori".


Diversi ingredienti e una ricetta in dieci mosse per il Food Act del governo. Si va dalla "valorizzazione delle eccellenze italiane e della dieta mediterranea" all'alta formazione con il rafforzamento delle scuole che già esistono e la creazione di nuovi poli, ma anche stage nei ristoranti stellati più semplici da ottenere. "La scuola alberghiera non può produrre tutti dei Gualtiero Marchesi o dei Carlo Cracco - dice il ministro Giannini - serve una scuola che punta sull'alternanza scuola lavoro, svincolandola dagli ostacoli che finora hanno impedito una reale alternanza. Una esperienza pratica che si abbini fin dalla scuola superiore al sapere teorico credo sia fondamentale. Abbiamo 42 corsi di laurea in scienze enogastronomiche in Italia - ha detto il ministro Giannini - sono ottime scuole ma non sono abbastanza professionalizzanti. Dobbiamo avere l'ambizione di innovare e liberarci dalla camicia di forza delle tabelle rigide previste da un decreto di qualche anno fa. Ad esempio, l'Università del Gusto di Pollenzo può diventare una università 'tematica' senza le imposizioni di quelle tabelle. Questo è lo sforzo che facciamo, anche a partire dal Food Act".


Un altro punto riguarda anche la possibilità di "dare credito alla cucina giovane" e a gli under 40 che, un giorno, potranno diventare sì i nuovi Bottura. E poi la necessità di rafforzare il binomio turismo-ristorazione con percorsi turistici di qualità, percorsi di certificazione per garantire la qualità e i clienti e non solo. Perché se cucina è cultura, allora bisogna puntare sull'educazione alimentare nelle scuole, sulla lotta agli sprechi e sull'assistenza a chi da mangiare non ce l'ha. (Repubblica)

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