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Camminiamo con la gente

Alex Zanotelli Ansa - CESARE ABBATE
Pubblicato il 06-06-2018

Si passa dai 200 morti all’anno per la guerra di camorra alle faide che bruciano interi quartieri ricchi di storia e di cultura

Vivo da una dozzina di anni al Rione Sanità che, pur essendo centro di Napoli, è un’autentica periferia. “A Napoli non c’è centro e non c’è periferia – ha scritto tempo fa in un drammatico appello alla città, il magistrato Ardituro Antonio del CSM –. Si passa dai 200 morti all’anno per la guerra di camorra alle faide che bruciano interi quartieri ricchi di storia e di cultura; dagli scempi ecologici alla paranza dei bambini; ora le baby-gang con ragazzini che vengono assaliti, accoltellati, riempiti di botte da altri ragazzini che non sanno spiegare perché”.

Ecco l’ultima novità di Napoli: le cosiddette baby-gang, (meglio chiamarli branchi) che sono venute agli onori delle cronache per una serie di recenti episodi.

«Non sono le baby-gang – ha detto il Questore di Napoli, De Iesu –. Siamo di fronte a branchi diversi di adolescenti che si sentono forti in gruppo nello sfogo della loro aggressività su vittime casuali». Più penetrante l’analisi di Patrizia Esposito, Presidente del Tribunale dei Minorenni di Napoli: «Questi ragazzini armati di coltelli che colpiscono alla luce del sole sono animati da una rabbia profonda. Stiamo assistendo a una violenza senza precedenti, sintomatica dell’assenza dei valori e figlia del degrado sociale. Ci sono giovanissimi che hanno introiettato modelli di subcultura criminale, vivono in contesti caratterizzati da valori sballati, dove chi si alza alle 7 per andare a lavorare è uno sfigato, dove l’onesto è considerato stupido e la vita vale zero. È un quadro desolante, oltre che un pericolo per la collettività».

In questo quadro, i religiosi dovrebbero lasciare i loro conventi e vivere con la gente delle periferie come papa Francesco sta chiedendo: “Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo – scrive nell’Evangelii Gaudium –.Preferisco una chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per strada, piuttosto che una chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze”.

Ecco perché ho scelto di vivere nel Rione Sanità. Con me c’è padre Arcadio Sicher, francescano che ha vissuto lunghi anni nelle baraccopoli d’Africa ed anche una laica consacrata Felicetta Parisi (pediatra). Viviamo, come tanti nostri vicini, in spazi molto ristretti. La nostra è una presenza povera e semplice, fatta di contatti e relazioni, soprattutto con i più poveri, i malati, gli anziani soli, gli emarginati (Rom, migranti, senza fissa dimora). Camminiamo con la gente, con il popolo della Sanità (non abbiamo né progetti né strutture).

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