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Arte, l'autore degli affreschi nella Basilica inferiore di San Francesco

Elvio Lunghi
Pubblicato il 28-02-2018

Nessun nome storico è stato proposto per la frammentaria decorazione nella navata della basilica inferiore, che ritrae storie della Passione e episodi della vita di san Francesco

Alcuni anni fa, nel 2014, un amico fabrianese mi coinvolse nel comitato scientifico di una mostra dedicata all'arte a Fabriano tra Giotto e Gentile. A mia volta coinvolsi nell'iniziativa alcune amiche tra Perugia e Foligno e scrivemmo saggi e schede di un nutrito gruppo di opere provenienti da musei e archivi dell'Umbria.

Tra le altre cose, chiedemmo in prestito alla comunità del Sacro Convento di Assisi il ms. 262 nel fondo antico della biblioteca, un Messale del XIII secolo la cui decorazione consistenza in una sola iniziale figurata con una minuscola Crocifissione posta a inizio della preghiera eucaristica.

Questo codice aveva suscitato l'interesse dei soli addetti ai lavori. Si era parlato di un ignoto miniatore umbro, con rimandi alla pittura romana o anche alla lezione cimabuesca, e lo si era accostato al "Maestro dei corali di San Domenico di Spoleto" o anche al "Maestro dei Messali di Deruta-Salerno", collocandone l'attività negli anni '80 del Duecento. Soltanto Emanuela Sesti (1990) vi aveva colto le affinità «con un altro artista giuntesco, il “Blue Crucifix Master” che nella croce del Tesoro del San Francesco di Assisi mostra un modello a cui può essersi rifatto il nostro miniatore, specie nell’iconografia del Cristo e del San Giovanni».

In mostra a Fabriano era prevista l'esposizione di un Crocifisso monumentale dello stesso pittore, conservato nel Museo di Camerino ma proveniente dalla chiesa di San Francesco di Fabriano, e fu per questa ragione che sollecitai la presenza in mostra anche del Messale 262 di Assisi. Gli studiosi anglosassoni avevano chiamato il pittore "Blue Crucifix Master" per il blu oltremare utilizzato nei suoi dipinti. Gli studiosi italiani avevano proposto lo pseudonimo di "Maestro dei crocifissi francescani", per la provenienza dei suoi dipinti da chiese dell'Ordine dei frati Minori.

Comunque lo si volesse chiamare, era questo uno dei più importanti pittori attivi in Italia nel XIII secolo, appartenente alla generazione che faceva da spola tra Giunta Pisano e Cimabue, autore di ben due Crocifissi per la chiesa di San Francesco in Assisi: uno conservato nel Museo del Tesoro e l'altro finito a Colonia. La sua identità anagrafica andava cercata in un arco cronologico tra gli anni cinquanta e gli anni settanta del Duecento.

Mi sembrava singolare come nessuno avesse pensato a un possibile collegamento con la figura storica di Oderisi da Gubbio, «l'onor d'Agobbio» evocato da Dante nel canto XI del Purgatorio, nonostante la coincidenza topografica tra le opere di questo pittore - Assisi, Fabriano, Faenza, Bologna - e quanto si sapeva di Oderisi. Questi non era frutto della fantasia di Dante, ma se ne erano trovate le tracce a Bologna, dove aveva svolto una attività negli anni 1268-1271, impegnato nella produzione di codici giuridici destinati al mercato parigino, o per aver decorato con lettere «de penello de bono azurro» le pagine di un antifonario.

Nei documenti bolognesi Oderisi figurava insieme al padre Guido di Pietro «de Gubio», con la differenza che Oderisi era detto miniatore, cioè decoratore di libri, mentre Guido era identificato come pittore. Era dunque la personalità di Guido di Pietro che bisognava indagare, cercandone l'attività tra Gubbio e Bologna, prima del marzo 1271 quando risultava già morto. A questo punto diventava importante il Messale 262 di Assisi. Scorrendone il calendario liturgico vi trovai rammentati i santi patroni delle città di Perugia, Spoleto e Orvieto, ma non quelli di Assisi.

Vi erano commemorate le feste di san Francesco, sant'Antonio di Padova, santa Elisabetta di Ungheria e san Pietro Martire, ma non quella di santa Chiara. Di conseguenza si poteva sostenere che il Messale era stato scritto per una città dell’Umbria diversa da Assisi, tra la canonizzazione di san Pietro da Verona (24 marzo 1253) e quella di santa Chiara di Assisi (15 agosto 1255). Una volta riportata l'esecuzione del Messale nell'anno 1254, nulla ostava una sua plausibile identificazione con l'attività di Guido di Pietro da Gubbio, e fu sotto questo nome che il Messale 262 e il Crocifisso di Camerino furono esposti nella mostra di Fabriano l'estate 2014.

Si tratta naturalmente di una ipotesi, ma lo stesso potremmo dire per gli affreschi di Assisi attribuiti a Cimabue e a Giotto, a Simone Martini e a Pietro Lorenzetti, per i quali non è stata trovata alcuna prova documentaria. Nessun nome storico è stato proposto per la frammentaria decorazione nella navata della basilica inferiore, che ritrae storie della Passione e episodi della vita di san Francesco, nonostante gli affreschi siano frutto della collaborazione tra due distinti pittori: il "Maestro di san Francesco" e il “Blue Crucifix Master". Per quest'ultimo si può ora proporre il nome di Guido di Pietro da Gubbio, padre del più celebre Oderisi: «Non se tu Oderisi l'onor d'Agobbio e l'onor di quell'arte che alluminar chiamata è in Parisi?»

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