religione

San José De Anchieta, ricordato nel terzo anniversario dalla sua canonizzazione

Annamaria Puri Purini Torres Carrilho ANSA-GIORGIO ONORAT
Pubblicato il 14-04-2017

Il Brasile di San José de Anchieta è quello del cinquecento, quando gli esploratori portoghesi si trovarono davanti questa natura lussureggiante, questo oceano sul quale si affacciavano migliaia di chilometri di meravigliose spiagge e splendidi paesaggi, una selva spesso inestricabile, con all’interno popolazioni sconosciute, non sempre pacifiche. In questo Brasile dei tempi passati va inquadrata la figura di questo santo e la sua straordinaria attuazione. Il  padre César Augusto Dos Santos, vice-postulatore della causa di canonizzazione, oggi rettore del Santuario dedicato al santo,  lo ricorda sin da bambino;  la figura del santo José de Anchieta fu oggetto di studio, infatti, in tutte le scuole brasiliane. Ci racconta di come egli fosse conosciuto per il suo amore per gli indigeni, per il suo apprezzamento della natura, la fauna e la flora. Ricorda, Padre César, le celebrazioni per il quarto centenario della sua morte,  nel 1997, e di come abbia avuto modo di constatare il coinvolgimento generale ed il numero impressionante di iniziative per ricordarlo. Tra queste, una messa indigena realizzata apposta per l’evento. Coltissimo, giovane gesuita appena ordinato, veniva chiamato dai colleghi il “canarino” non per essere nato nelle isole Canarie ma perchè la bellezza delle sue poesie ricordava il canto del canarino. Luis Felipe Seixas Correa, tra i biografi del santo, così lo descrive : “Il Padre José de Anchieta é una figura chiave nella formazione del Brasile,  parte fondamentale di questo mosaico che si è lentamente configurato nel corso dei secoli e che ha dato origine alla cosiddetta cultura brasiliana.  Apostolo del Brasile, uomo eterno nella memoria dei brasiliani”.. Un vero uomo universale. “Elevata e dolce figura”  lo definisce il più grande scrittore brasiliano, José Machado de Assis.

C’è un Anchieta storico, attore dell’incontro dei due mondi con l’arrivo dell’elemento europeo alle terre americane e c’è l’Anchieta missionario, catechista,  gesuita, conquistatore e pastore di anime, l’Anchieta fondatore di città come san Paolo; al fervore  religioso, si associava la competenza dell’umanista in grado di comprendere, assimilare e influenzare il mondo fisico e spirituale che aveva scoperto come evangelizzatore in terra brasiliana.  Il servizio di catechesi diede un senso profondo alla sua vita tra gli indigeni che abitavano in terra brasiliana. Nel dominare la lingua Tupi, Anchieta  la trasformò in uno strumento di catechesi, lasciandoci un esempio di avvicinamento, conciliazione, capace di assimilare un mondo senza distruggerlo. Diede fede agli indigeni senza compromettere la loro cultura originale. Il Santo José de Anchieta è stato il primo grammatico della lingua Tupi, della quale creò anche un dizionario ed è stato anche il primo a esercitare l’arte della  poesia nelle terre brasiliane scoperte dai portoghesi nel 1500. Ha scritto anche lettere,  omelie, pièces teatrali e testi storici. Ci ha lasciato studi etnografici ed etnologici,  prime testimonianze degli usi e abitudini  ancestrali degli indigeni brasiliani.

E’ stato sempre profondamente rispettoso dell’universo culturale dei popoli che poi successivamente convertì al cristianesimo: usava la lingua locale e le canzoni indigene per trasmettere loro il Vangelo. E’ stato anche un fondatore prodigo. Si ritiene che siano più di mille le chiese, scuole e ospedali che sono sorte in varie parti del Brasile dietro sua  iniziativa. Dalle ricerche di padre César, un episodio particolare e avventuroso della vita del Santo : “ Siccome padre Manuel da Nobrega, Provinciale dei Gesuiti nel Brasile, non dominava la lingua dei nativi, chiese a José de Anchieta di accompagnarlo nel territorio degli indiani. Correva l’anno 1563, ed i due andarono in canoa fino alla località di Bertioga, dove dovevano stabilire un contatto con gli indiani Tamoio.  Nel frattempo, Anchieta, ne approfittò per catechizzare gli indiani della regione e offrire assistenza pastorale ai portoghesi pur non essendo ancora sacerdote.  Per pacificare gli indigeni, Il Padre da Nobrega, aveva messo a punto un piano secondo il quale si sarebbe realizzato uno scambio di ostaggi tra due ostaggi Tamoios e due gesuiti » . Padre César entra nei dettagli : “ Anchieta spiegò al capo dei Tamoios,  l’obiettivo di pace di quella missione. I gesuiti sarebbero rimasti lì come ostaggi e i due indiani sarebbero andati a Sao Vicente.. Pur essendo ben sistemati non mancarono i problemi, infatti, dopo poco tempo, arrivò un altro capo indigena che li voleva uccidere. Furono salvati dallo zio del giovane capo  che li calmò. Il padre Nóbrega, rendendosi conto della fragilità del suo piano, decise di ripartire per Sao Vicente e rafforzare l’accordo di pace. Anchieta insistette per rimanere come ostaggio, per la sicurezza degli indigeni.  Il padre Nobrega lo  lasciò senza sapere se l’avrebbe mai rivisto. Anchieta, era cosciente di rischiare il martirio sacrificandosi per la pace. Rimase a lungo come ostaggio degli indiani Tamoio. Anchieta vide i suoi compagni trasformarsi nella pietanza principale dei banchetti antropofagi  di chi lo teneva prigioniero. L’apostolo corse il rischio di morire in varie occasioni. La prima volta fu quando volle difendere il portoghese Antônio Luís,  già che gli indiani volevano ucciderlo. Varie altre volte rischiò di perdere la vita, come lui stesso ci racconta nelle sue lettere . I suoi carcerieri gli dicevano: “ José guarda bene il sole perché domani  sarà la tua festa !” E così se ci mettiamo al posto di Anchieta è facile capire in quale modo abbia vissuto pienamente la fede, la speranza e la carità, fiducioso dell’intercessione della Madonna  alla quale dedicò un poema. Di fatto,  fu il suo momento di agonia e di lotta, di scelta di Dio. Solo senza messa e senza sacramenti lottò da solo. Finalmente il periodo di prigionia terminò e Anchieta rientrò a Bertioga dove fu ricevuto con grande entusiasmo giacché tutti si aspettavano un'altra fine se non addirittura la morte: in conclusione, quanti altri elementi dovremmo citare per riconoscere in lui la testimonianza della fede, della speranza e della carità richiesto ai santi ?”  Padre Cèsar termina  la sua esposizione sulla vita del Santo descrivendo la sua attività successiva, ricca di esperienze importantissime, come quelle legate alla Fondazione della città di San Paolo. Divenne anche Provinciale del Brasile,  Anche per quanto riguarda la evangelizzazione degli schiavi di origine africana presenti in Brasile, il Santo José de Anchieta  lascia una testimonianza ricca di partecipazione e assistenza spirituale e umana. Si può dire che si sia dedicato agli indiani, ai neri ed ai bianchi e di averli amati tutti e ognuno di loro come un dono del Creatore e dell’Umanità.

Quando morì, nel 1597, più di tremila indiani portarono il suo corpo affinché fosse sepolto nel collegio “Sao Tiago” nella città di Vitoria. Nel corso delle esequie, l’amministratore Apostolico, Don Bartolomeo Simões Pereira lo chiamò “ L’Apostolo del Brasile”. Era quindi evidente sin da allora che la santità di Anchieta fu percepita anche dai  suoi contemporanei in modo autentico e spontaneo .  A conclusione, tre anni fa, in questi giorni,  la canonizzazione celebrata dal Papa nella splendida cornice della Chiesa di sant’Ignazio a Roma. Papa Francesco  nell’omelia, così si riferiva al Santo : «  San José de Anchieta seppe comunicare quello che aveva sperimentato con il Signore, quello che aveva visto e udito da Lui; quello che il Signore gli comunicò nei suoi esercizi. Lui, insieme a Nobrega, è il primo gesuita che Ignazio invia in America. Un ragazzo di 19 anni… Era tanta la gioia che aveva, era tanta la gioia che fondò una nazione: pose le fondamenta culturali di una nazione, in Gesù Cristo. Non aveva studiato teologia, non aveva studiato filosofia, era un ragazzo! Però aveva sentito lo sguardo di Gesù Cristo, e si lasciò riempire di gioia, e scelse la luce. Questa è stata ed è la sua santità. Non ha avuto paura della gioia. Non ci resta quindi che affidarci a questo Santo e tenerlo ad esempio nell’affrontare con coraggio le sfide e le prove altrettanto difficili e complesse rispetto a cinquecento anni fa e  che il mondo  moderno ci propone.

 

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