religione

Papa in Marocco: oggi dialogo con islam e incontro con i migranti

Alessandro Di Bussolo Vatican News
Pubblicato il 30-03-2019

Visiterà anche il Mausoleo dei re e istituto per la formazione degli imam

La Tour Hassan II, che porta il nome del re del Marocco scomparso nel 1999, che a Casablanca, più di 33 anni fa, accolse san Giovanni Paolo II, primo Papa a visitare questa terra, domina con i suo 44 metri di altezza la spianata che porta il suo nome, nel cuore di Rabat, la capitale del regno. “Qui noi avremo una grande festa, sabato” racconta un tassista musulmano, come il 99% della gente di qui, “perché il Papa incontra il popolo marocchino. La battuta, riportata dal cancelliere della diocesi, don Oscar Euné Euné, che viene dal Camerun come molti dei 25mila cattolici di questo Paese affacciato sull’Oceano Atlantico che conta 35 mila abitanti, descrive bene il clima di gioia che riscalda l’attesa dell’arrivo, oggi alle 14 all’aeroporto di Rabat-Salé, di Papa Francesco.

L’attesa per l’incontro sulla spianata della Torre Hassan

Il videomessaggio del Papa, che ha chiamato i musulmani “fratelli” in un mondo che ha “tanto bisogno” di pace e di fratellanza, nel rispetto delle “diversità”, è stato trasmesso dalla televisione di Stato con i sottotitoli in arabo e ”moltissimi amici musulmani – ci dice il custode francescano del Marocco, padre Manuel Corullòn, responsabile locale della liturgia per la visita - hanno apprezzato le parole di Francesco”.

Cristiani e musulmani, ha detto il Pontefice nel videomessaggio, “devono rispettarsi nelle diversità e aiutarsi nelle necessità”. “Siamo una piccola Chiesa, perché i cristiani sono veramente in minoranza” commenta ancora don Oscar “ma nostra loro azione, con le opere di carità si vede, e il popolo marocchino apprezza questa presenza. Le scuole cattoliche, gli ospedali, le mense e i ricoveri per i poveri sono pieni di marocchini musulmani. E questo è significativo!”

I giornali di Rabat: visita nel segno del “vivere insieme”

I giornali di Rabat, come Al Bayane, parlano della due giorni di Francesco a Rabat come di “una visita nel nome dei valori della coesistenza e del vivere insieme”, e pubblicano le foto affiancate del Papa e del re Mohammed VI. Le Matin sottolinea che nel videomessaggio “Papa Francesco ha espresso la sua riconoscenza a sua maestà il Re per il suo benevolo invito”.

In 50 mila per l’arrivo in città e il primo incontro

Lungo i larghi viali che dall’aeroporto conducono alla spianata della Torre Hassan, che doveva essere il minareto di un’imponente moschea mai realizzata, si calcola che almeno 30 mila persone saluteranno il corteo che vedrà affiancate la papamobile con Francesco e la limousine del re Mohammed VI. E 20mila saranno sulla spianata, tra le colonne dell’antico minareto, crollate per il terremoto del 1755 e restaurate solo negli anni ’60 del secolo scorso. Una trascuratezza che oggi sarebbe impensabile, nella Rabat del re che ha fatto della liberalizzazione economica la sua bandiera, e che è piena di gru e di cantieri per nuove costruzioni.

Per la prima volta un Papa in una scuola per imam

C’è attesa per quello che Mohammed VI e poi Papa Francesco diranno sulla spianata, davanti al popolo marocchino, le autorità, la società civile e il corpo diplomatico. Come ce n’è anche per la visita successiva, senza discorsi, all’Istituto per la formazione degli imam, dei predicatori e delle predicatrici voluto fortemente da re Mohammed VI e inaugurato giusto 4 anni fa, il 27 marzo 2015. E’ nato per promuovere nei futuri imam che vengono da tutta l’Africa, dal Mali fino alla Guinea, ma anche dall’Europa, un Islam tollerante, che guardi alla modernità, aperto alle altre religioni e in contrasto con le forme violente e l’integralismo. Già dal 2003, dopo l’attacco terroristico a Casablanca (quattro attentati in contemporanea con 33 vittime innocenti, più 12 terroristi uccisi), il re ha iniziato a rafforzare istituti di formazione e ricerca islamici per contrastare le tendenze radicali e il fondamentalismo. All’Istituto Mohammed VI parleranno solo il ministro degli Affari Religiosi, uno studente europeo e uno africano.

Nella sede Caritas l’incontro con 60 migranti

Alle 18, congedatosi dal re, il Papa si sposterà alla sede della Caritas, nel quartiere Hassan per incontrare 60 migranti scelti per rappresentare i circa 100mila che si stima vivano oggi in Marocco. Ad accoglierlo, l’arcivescovo di Tangeri, diocesi che vive l’emergenza migrazione perché confina con le enclave spagnole di Ceuta e Melilla, e il direttore della Caritas del Marocco, il tedesco Hannes Stegemann. “Abbiamo chiamato migranti di profili differenti – ci dice – che rappresentano le categorie presenti qui in Marocco: uomini, donne con bambini piccoli, donne incinte e minori non accompagnati”.

Il direttore Stegemann: tanti minori e donne incinte

Negli ultimi quattro, cinque anni, racconta il direttore di Caritas Marocco - abbiamo accolto sempre più minori, con meno di 16 anni. Hanno bisogno di molto affetto, protezione e attenzione: per loro stiamo sviluppando nuove case e cerchiamo di collaborare con organismi internazionali come Unhcr e Iom (Organizzazione internazionale per le migrazioni) per trovare soluzioni”. Alcuni di loro, prosegue Stegemann, “forse potrebbero tornare a casa, ma non tutti, perché molto spesso sono stati mandati dagli stessi genitori. Oggi abbiamo 25% delle persone che vengono nei nostri centri di accoglienza che sono minori. E’ una tendenza preoccupante”.

Un Papa che chiede rispetto per i diritti dei migranti

Certamente, conclude il direttore della Caritas, “se l’Europa fosse più aperta ai tradizionali migranti per ragioni economiche, i Paesi d’origine non farebbero partire donne incinta e bambini. Ma qui in Africa hanno capito che puoi avere una piccola possibilità di essere accettato in Europa se appartieni ad una categoria vulnerabile. Se sei una donna incinta, se sei un minore, non verrai espulso”. E’ bellissimo che il Papa venga a visitarci, lui che “da anni sta chiedendo più rispetto per i migranti, ci dice ogni volta e di nuovo che sono persone che hanno diritti come tutti”.

Il programma di domenica, da Temara alla Messa finale

Domenica 31 marzo Papa Francesco visiterà il Centro rurale di servizi sociali a Témara, a 20 chilometri da Rabat, gestito dalle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli, poi nella cattedrale di Rabat incontrerà il clero, i religiosi e le religiose, e i rappresentanti del Consiglio ecumenico delle Chiese del Marocco. Infine l’ultima tappa sarà la Messa, alle 14.45 ora locale (le 15.45) in Italia, nel complesso sportivo Principe Moulay Abdellah.

Sull’arrivo del Papa in Marocco, c’è molta attesa nel mondo islamico come conferma don Oscar Euné Euné, cancelliere dell'arcidiocesi di Rabat

Padre Oscar. Lei è impegnato nella preparazione di questa storica visita di Papa Francesco qui in Marocco. Qual è l’attesa e anche l’interesse che c’è nella grande maggioranza della popolazione che è musulmana?

R. – Ero in un taxi e l’autista mi ha detto: “Avremo una grande festa sabato perché il Papa sarà alla Tour Hassan per l’incontro con il popolo marocchino”. Si vede che aspettano il Papa con gioia. C’è un interesse da parte della gente, ed è grande, per tutti: per i marocchini, per i cristiani e non soltanto per i cristiani cattolici, ma anche per i protestanti. E i vescovi hanno visto questa visita del Papa nel segno della speranza: la speranza per i cristiani, perché il Papa viene a visitarli e ad incoraggiarli nella loro fede; e viene però anche per rafforzare il dialogo interreligioso, islamico-cristiano.

Il Marocco è diventato da terra di emigrazione in Europa anche terra di accoglienza di migranti che vengono soprattutto dall’Africa Subsahariana come anche il suo Camerun…

R. – Dal Marocco si attraversa la Spagna per andare in Europa. Se non ci riescono, rimangono in Marocco, e lì c’è bisogno veramente di fraternità, di accoglienza per stabilire delle buone relazioni. E per questo dico che la speranza è anche di questi migranti: quella di essere trattati con dignità, dignità umana. C’è un servizio di carità nella diocesi che si occupa di migranti, per aiutarli a vivere come essere umani.

Cosa significa essere quindi chiesa cristiana, piccola chiesa cristiana, in un grande Paese musulmano?

R. – Piccola però significativa, come dice l’arcivescovo, perché siamo testimoni della speranza. Non siamo una grande Chiesa, siamo una Chiesa piccola perché i cristiani sono davvero in minoranza, ma le loro azioni, con le opere di carità, si vedono. E mi sembra che anche il popolo marocchino apprezzi questa presenza dei cristiani: una presenza significativa, perché ci sono opere e strutture, come ad esempio le scuole o gli ospedali gestiti dalle suore. Le scuole cattoliche sono piene di marocchini. Opere di carità nel campo dell’istruzione e della sanità: è significativo questo, no? VATICAN NEWS             

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