religione

Francesco, uomo del dialogo tra culture, dagli ebrei ai musulmani, getta ponti, non innalza muri.

Di Massimo Milone. - Parlò a Strasburgo passando per Lampedusa e Tirana. Parlò all’Onu e al Congresso americano passando per Cuba. In quattro anni di pontificato non c’è stato un giorno che non abbia messo al centro della sua azione le periferie, gli ultimi, gli scartati. Parla al mondo Francesco, con lo sguardo di Magellano – sintesi efficace offerta, intelligentemente, dall’Ambasciatore italiano presso la Santa Sede Mancini.

L’uomo che Forbes annovera tra i più potenti del mondo, ma che più che mai ama e lavora per una chiesa lontana dalle lusinghe del potere temporale, amica dei poveri, capace di mantenere sempre aperto l’orizzonte della vita al mistero e all’audacia della fede.

Lo sguardo di Magellano così, per papa Francesco, è quello di un’Europa diventata periferia di un mondo che, con le migrazioni, ha cambiato volto. E la sofferenza non si contempla, sembra dirci il Papa, con i suoi viaggi, incontri, discorsi, ma si allevia con gesti concreti e politiche credibili. La geopolitica del nuovo millennio fa oscillare il mondo tra frontiere indefinite e periferie viventi. I cristiani per il Papa devono trovarsi nel luogo privilegiato del messaggio cristiano che in definitiva è l’offerta del Vangelo di Cristo. Ancora di salvataggio per l’intera umanità, per chi crede e chi non crede.

Anche in questa direzione la visione ecumenica di Francesco, uomo del dialogo tra culture, dagli ebrei ai musulmani, getta ponti non innalza muri. Sempre di più in cammino con il suo popolo. Francesco deve unire, non dividere, una chiesa che così accoglie, perdona, ama. Una Chiesa che si china sulle piaghe del mondo offrendo ad una modernità in crisi chiavi concrete di lettura per superarla.

Ecco lo sguardo attuale di Magellano, secoli dopo. Ecco lo sguardo profetico del Papa venuto quasi dalla fine del mondo. Ecco la sua rivoluzione che interroga, scuote, provoca. Nulla sarà più come prima, nella Chiesa e nel mondo.