religione

Inchiesta: i cristiani 'fantasma' che provengono dall'Islam. Così li accoglie la Chiesa

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Tra i “neocristiani” vi sono studenti universitari, diplomatici, giovani lavoratori stagionali, vedove, figli nati in Italia da almeno un genitore musulmano, migranti che richiedono asilo.

Omar, lo chiameremo così, soffia via il fumo leggero della sigaretta che si è concesso nella pausa del lavoro. Si schiarisce la voce, poi ti guarda dritto negli occhi: «Sì, adesso sono felice. Rimpiango solo gli anni che ho passato senza conoscere Cristo, ma si vede che doveva andare così. Sono rinato, la mia vita è cambiata. Non è che non abbia problemi, figurati… Ma sono più paziente, sereno». Omar, 55enne ingegnere chimico egiziano che oggi si aggiusta a fare il cameriere in una città del centro-Italia, era musulmano. Con più di una venatura di fanatismo. Poi c’è stato l’arrivo in Italia, la crisi per la morte della madre, la lettura della Bibbia e in particolare del libro dell’Apocalisse, l’appassionarsi per le omelie di un predicatore cristiano egiziano guardate grazie alla parabola, infine l’incontro con alcuni cristiani che sono divenuti suoi amici e che lo hanno accompagnato fino al battesimo, tre anni fa. L’elemento decisivo per la sua conversione? «L’aver visto in queste persone – dice a Vatican Insider – un’umanità più completa della mia e il fatto che mi hanno aiutato senza chiedermi di cambiare religione». Resta, per Omar, un enorme, drammatico, cruccio: «Non posso praticare apertamente la mia fede cristiana: ho paura che qualche fanatico islamico possa fare del male non solo a me, ma soprattutto ai parenti che sono rimasti in Egitto. Perché – si chiede – gli italiani che si convertono all’Islam possono andare tranquillamente a parlarne in tv e invece io devo nascondermi per evitare ritorsioni?».
  

“Chi cambia religione tradisce il suo popolo” 

Rivolgiamo la domanda di Omar a padre Samir Khalil Samir, gesuita, uno dei maggiori islamologi a livello internazionale: «L’Islam non è solo religione ma è anche politica, cultura, società. Esso penetra fin nelle minime cose. Non esiste una separazione tra fede e politica, il credente in Allah fatica a distinguere il cristianesimo dall’Occidente. Ecco perché un musulmano che passa ad un’altra religione commette un tradimento rispetto alla comunità: non tradisce solo la propria fede, ma anche il proprio popolo, la nazione. Insomma, nell’Islam si può entrare ma è vietato uscire». E infatti in nessun paese islamico ci si può convertire a un altro credo senza subire conseguenze. Il reato di apostasia è punito con diverse gradazioni: dalla “morte civile” (perdita del lavoro, della tutela dei figli e di alcuni diritti, rottura dei legami familiari), si arriva fino al carcere o alla pena di morte. «Anche in terra di emigrazione – osserva ancora padre Samir – l’apostata è oggetto di riprovazione, minacce o violenze da parte della comunità di appartenenza o della sua stessa famiglia. Da qui la necessità per i convertiti di vivere nella riservatezza. Nonostante tutto questo il fenomeno dei musulmani che diventano cristiani, grazie anche alle tv satellitari e al web, è sempre più diffuso».
  

Ma qual è l’identikit del musulmano che abbraccia il cristianesimo in Italia? Il profilo disegnato dalle associazioni cattoliche che si occupano di immigrati e dall’esperienza di chi lavora del Servizio nazionale per il Catecumenato Cei (i catecumeni sono coloro che si preparano a ricevere il battesimo da adulti, ndr) è molto variegato. Tra i “neocristiani” vi sono studenti universitari, diplomatici, giovani lavoratori stagionali, vedove, figli nati in Italia da almeno un genitore musulmano, migranti che richiedono asilo.  

Quanti sono in Italia? Il censimento impossibile 

Sapere, invece, quanti sono i convertiti nel Belpaese è praticamente impossibile. Va ricordato che secondo il diritto canonico le richieste di battesimo provenienti da persone con più di 14 anni devono essere sottoposte al vescovo della diocesi di competenza, il quale può autorizzare l’amministrazione del sacramento al termine di un percorso di catecumenato che dura mediamente due anni. «Il punto – spiega il giornalista Giorgio Paolucci autore insieme con Camille Eid del libro “Cristiani venuti dall’Islam” (Piemme, 2005) – è che i registri battesimali compilati dalle parrocchie e dalle diocesi (unica fonte statisticamente affidabile, ndr) non segnalano la fede religiosa da cui i catecumeni provengono ma solo la loro nazionalità». Nel 2014 ci sono stati 1206 catecumeni battezzati in Italia, di cui 347 italiani, 567 stranieri e 292 di provenienza non specificata. Negli ultimi anni la tendenza costante è di un 50-60 per cento di battezzati stranieri. La Cei, per motivi di sicurezza e per evitare che le cifre possano essere lette come il risultato di una conquista frutto del proselitismo, non segnala nemmeno quanti di questi battezzati stranieri arrivano da nazioni di tradizione islamica. Ma a taccuini chiusi una fonte Cei interna al Servizio nazionale per il Catecumenato parla di «almeno un migliaio di convertiti presenti sul territorio italiano considerando però anche coloro che sono divenuti protestanti e chi ha aderito alla chiesa copta». 

“Così li accoglie la Chiesa” 

«La Chiesa – osserva don Jourdan Pinheiro, responsabile del Servizio per il catecumenato dell’Ufficio Catechistico Nazionale della Cei - li accoglie nelle comunità ecclesiali con grande rispetto e prudenza. E’ molto importante non tenerli come gruppo a parte, separati dalla vita pastorale». In ogni caso, perché queste persone bussano alle porte della Chiesa cattolica? «I motivi sono diversi – risponde ancora don Pinhero -: il desiderio di integrarsi, la simpatia per lo stile di vita dei cristiani che hanno conosciuto, la riconoscenza per le associazioni che li hanno accolti e aiutati, la richiesta del battesimo per i figli nati nel nostro Paese. Ma credo che l’elemento decisivo – conclude don Pinhero – sia l’incontro con cristiani autentici che vivono pienamente e gioiosamente la propria fede in una comunità viva e accogliente e che sanno testimoniare il Vangelo nella semplice quotidianità». 

Promessi Sposi in Pakistan 

L’incipit che porta a chiedere il battesimo può anche passare dall’essersi innamorato di una donna cristiana. E’ la storia di S. K. , 42 anni, pakistano, in Italia dal 2010. «Ho conosciuto la mia futura sposa – racconta a Vatican Insider - tanti anni fa, in Pakistan. All’epoca ero un musulmano molto osservante, provenendo da una famiglia di talebani. Mi sono innamorato di lei quasi subito, nel tempo ho capito che il suo essere speciale, così diversa, dipendeva anche dalla sua fede in Gesù. Ho cominciato a leggere il Vangelo, a informarmi. Ci sono voluti tredici anni per convincere la sua famiglia al matrimonio. Nel 2001 mi sono battezzato e due anni dopo, in gran segreto dai miei familiari, ci siamo sposati in chiesa. Qualche anno dopo la nascita dei due figli, però, abbiamo deciso di andare via dal nostro Paese. Laggiù chi cambia religione viene ucciso. Avevamo paura per i bambini: cominciavano tutti a guardarci in modo strano perché eravamo diversi. Vivevamo isolati, nella paura. Siamo riusciti a fuggire». Nella sua terra S. K. era un manager, da noi si guadagna da vivere facendo il camionista. «Pazienza – dice -, sono molto più contento. La paura? C’è, ma ci affidiamo a Dio e ad alcune famiglie italiane che ci danno una mano. E per maggior prudenza evitiamo comunque di frequentare persone di religione islamica». Qualcuno li chiama i cristiani-fantasma.  Vatican Insider

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA