religione

In aereo dalla Romania. Il Papa: Credenti, pregate per l'Europa

Redazione ANSA
Pubblicato il 03-06-2019

Con questo accorato appello papa Francesco ha chiuso la consueta conferenza stampa concessa ai giornalisti

So che alcuni di voi siete credenti, altri non tanto. Ai credenti chiedo: ‘pregate per l’Europa’. Ai non credenti dico: ‘esprimete il desiderio perché l’Europa torni ad essere il sogno dei padri fondatori’”.

E’ con questo accorato appello che Papa Francesco ha chiuso la consueta conferenza stampa concesso ai giornalisti al seguito sul volo di ritorno. Un colloquio che si svolge proprio nella Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Per questo motivo il Pontefice vuole innanzitutto ricordare che i giornalisti dovrebbero “prima di tutto” essere “testimoni della comunicazione” in un mondo che invece punta a “fare contatti” piuttosto che a “comunicare”. Quindi seguono le domande e le relative risposte di cui riportiamo una ampia sintesi.

Una giornalista romena chiede un messaggio per le famiglie che vanno all’estero per lavorare lasciando a casa i figli.

Prima di tutto questo mi fa pensare all’amore per la famiglia. Staccarsi perché non manchi niente alla famiglia è un atto di amore. Sempre il distacco così è doloroso, perché se ne vanno non per fare turismo, ma per necessità. E questo tante è il risultato di una politica mondiale che incide su questo. Come lottare cercando di aprire fonti di lavoro, non è facile, non è facile nella situazione mondiale attuale delle finanze, dell’economia. Voi avete un livello di nascite impressionante - qui non si vede l’inverno demografico che vediamo nel resto d’Europa -, ma è un’ingiustizia non poter avere fonti di lavoro per tanti giovani. Per questo auguro che si risolva questa situazione che non dipende soltanto della Romania ma dell’ordine mondiale finanziario di questa società del consumismo, dell’avere di più, del guadagnare di più.

Un giornalista romeno chiede cosa voglia dire “Camminare insieme”, nel dialogo ecumenico, nei rapporti tra cattolici, tra le etnie, tra il mondo politico e la società civile.

Vuol dire avere sempre la mano tesa, ed essere pronti all’ascolto dell’altro. Con l’ortodossia, voi avete un grande patriarca, un uomo di grande cuore che è un grande studioso conosce la mistica dei padri del deserto, la mistica spirituale, ma anche un uomo di preghiera. E’ facile avvicinarsi a Daniele. E’ facile perché Io sento come un fratello, e noi abbiamo parlato come fratelli. L’ecumenismo non è arrivare alla fine della partita, della discussione. L’ecumenismo si fa camminando insieme. Camminare insieme, questa è già l’unità dei cristiani, ma non aspettare così che i teologi si mettano d’accordo di fare l’eucarestia: l’eucarestia si fa tutti i giorni, con la preghiera, con la memoria del sangue dei nostri martiri, con le opere di carità e anche volendosi bene. Si può camminare insieme: unità, fratellanza, mano tesa, guardarsi bene, non sparlare degli altri. Difetti ne abbiamo tutti. Se camminiamo insieme i difetti lasciamoli da parte.

Un giornalista francese ricorda che nella cattedrale ortodossa la preghiera del Padre nostro non è stata fatta insieme. E chiede: cosa ha pensato durante la recita de ll Padre Nostro in rumeno?

Faccio una confidenza. Non sono rimasto in silenzio, ho pregato il padre nostro in italiano. Durante la recita del Padre nostro ho visto la maggioranza della gente pregare sia in rumeno sia in latino. La gente va oltre di noi capi. Noi capi dobbiamo fare degli equilibri diplomatici per assicurare che andiamo insieme. Ci sono delle abitudini, delle regole diplomatiche che è buono custodire, perché le cose non si rovinino. Ma il popolo prega insieme, anche noi quando siamo da soli preghiamo insieme, questa è una testimonianza io ho esperienza di preghiera con tanti, tanti pastori, luterani, evangelici e anche ortodossi.

Anche noi cattolici siamo abbiamo gente chiusa, che non vuole, che dice no gli ortodossi perché sono scismatici…ma sono cose vecchie. Gli ortodossi sono cristiani. Ci sono dei gruppi cattolici un po’ integristi. Dobbiamo pregare per loro, perché il Signore, lo Spirito Santo li ammorbidisca un po'. Ma io in cattedrale ho pregato tutte e due i Padre Nostro. Non ho guardato Daniele, ma credo che anche lui abbia pregato tutte e due le volte.

Una giornalista italiana, Manuela Tulli dell’Ansa, ricorda l’uso che ha fatto Matteo Salvini di simboli religiosi durante la campagna elettorale europea e chiede cosa ne pensi, e se è vero che non vuole incontrare il vice premier.

Incomincio dalla seconda: non ho sentito che nessuno del governo, eccetto il premier, abbia chiesto udienza, nessuno. Confesso che non capisco la politica italiana, è vero devo studiarla… ma non capisco e dire un’opinione su gli atteggiamenti di una campagna elettorale, di uno dei partiti senza informazioni così sarebbe molto imprudente da mia parte. C’è nella politica di tanti paesi la malattia della corruzione, dappertutto. Non dite domani che il Papa ha detto che la politica italiana è corrotta. No, io ho detto che una delle malattie della politica dappertutto è scivolare sulla corruzione. Dobbiamo aiutare i politici ad essere onesti a non fare campagna con maniere disoneste, la calunnia, la diffamazione, gli scandali, e tante volte seminare odio e paura. Questo è terribile. Il politico, mai, mai, deve seminare odio e paura, soltanto speranza. Giusta, esigente, ma speranza, perché deve condurre il paese in avanti.

Una giornalista spagnola chiede: Benedetto XVI è ancora un nonno per lei?

Di più, ogni volta che vado a visitarlo, lo sento così, gli prendo la mano e lo faccio parlare. Parla poco, parla adagio con la stessa profondità di sempre, perché il problema di Benedetto sono le ginocchia, non la testa. Ha una lucidità grande e io sentendo parlare lui divento forte, sento il succo delle radici che mi vengono e mi aiutano ad andare avanti, sento questa tradizione della Chiesa, che non è una cosa di museo. La tradizione è come le radici che ti danno il succo per crescere, e tu non diventerai come le radici, tu fiorirai, l’alberò crescerà e darà dei frutti e i semi saranno radici per gli altri. La tradizione della chiesa è sempre in movimento. In una intervista che ha fatto Andrea Monda sull’Osservatore Romano di alcuni giorni fa c’era una citazione che mi è piaciuta tanto. Il musicista Gustav Mahler, parlando delle tradizioni, diceva: la tradizione è la garanzia del futuro e non la custode delle ceneri. Non è un museo. La tradizione non custodisce le ceneri, la nostalgia degli integristi, tornare alle ceneri, no! La tradizione sono radici che garantiscono che l’albero cresca, fiorisca e dia frutto.

Ultima domanda, di un giornalista tedesco: cosa pensa dell’Europa minacciata da egoismo e isolamento?

L’Europa deve interloquire. L’Europa non deve dire: ma siamo uniti, adesso a Bruxelles arrangiatevi voi. Tutti siamo responsabili dell’Unione Europea. E questa circolazione semestrale della presidenza non è un gesto di cortesia, come ballare il minuetto. No! ‘E’ un simbolo di responsabilità che tutti i paesi hanno sull’Europa. Se l’Europa non guarda bene le sfide future, l’Europa appassirà. Mi sono permesso di dire a Strasburgo che sento che l’Europa sta lasciando di essere la madre Europa, sta diventando la nonna Europa. Si è invecchiata, ha perso l’illusione di lavorare insieme. Forse di nascosto qualcuno si può fare la domanda, ma non sarà questa la fine di un’avventura di 70 anni?

L’Europa ha bisogno di se stessa, della propria identità, della propria unità, di superare, con le tante cose che la buona politica offre, le divisioni e le frontiere. Stiamo vedendo delle frontiere in Europa, questo non fa bene. Almeno frontiere culturali, non fa bene…è vero che ogni paese ha la propria cultura e deve custodirla ma con la mistica del poliedro, cioè una globalizzazione dove si rispettano le culture di tutti. Ma per favore, l’Europa non si lasci vincere dal pessimismo o dalle ideologie. Perché l’Euoropa è attaccata, non con cannoni o bombe in questo momento, ma si con le ideologie, ideologie che non sono europee, che vengono da fuori o che nascono da dei gruppetti, che non sono grandi. Pensate anche voi all’Europa divisa e belligerante del ‘14 e del ‘32 e del ’33, fino al ‘39 quando è scoppiata la guerra. Ma non torniamo su questo, per favore, impariamo dalla storia, non cadiamo sullo stesso buco. Una ho detto che si dice che l’unico animale che cade due volte sullo stesso buco è l’uomo, l’asino mai…

Gianni Cardinale - Avvenire

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