religione

I Re Magi, il fascino di una “fiaba” tra astronomia, fede e storia

Antonio Tarallo Panini
Pubblicato il 06-01-2019

Le Sacre Scritture si limitano a parlare di “alcuni” Magi, ma ...

Ma i magi, quanti erano? La domanda potrebbe sembrare alquanto provocatoria. Ma, alla fine, non è proprio così. E lo scopriamo, subito. Le Sacre Scritture si limitano a parlare di “alcuni” Magi, ma è necessario ricordare che non riferiscono il numero. Gli unici numeri citati dalla Parola è quello riferito ai doni per il Bambino Gesù: oro, incenso e mirra. Tanto meno ci dicono che i loro nomi fossero Gaspare, Baldassarre e Melchiorre. Per risalire ai nomi dei Re Magi bisogna infatti ricorrere a uno dei vangeli apocrifi, quello dell’Infanzia Armeno, che ci dice: “I re magi erano tre fratelli: il primo Melkon, regnava sui persiani, il secondo, Balthasar, regnava sugli indiani, e il terzo, Gaspar, possedeva il paese degli arabi. Essendosi uniti insieme per ordine di Dio, arrivarono nel momento in cui la vergine diveniva madre”. E nel Vangelo Arabo dell’Infanzia, sempre apocrifo, si legge: “Dei Magi vennero a Gerusalemme, come aveva predetto Zaratustra, portando con se’ dei doni”.

Fin dai primi secoli del cristianesimo alla presenza dei Magi è stata riconosciuta una forte positività, legata alla filosofia della ricerca della luce spirituale e del rifiuto delle tenebre che essi seguivano. Erano dunque sacerdoti, cioè uomini di preghiera. I Re Magi  erano sacerdoti, saggi e astrologi. E su questo concorda Papa Ratzinger: “Appartenenti alla casta sacerdotale persiana, forse erano astronomi. Erano sapienti venuti dall’Oriente.”

 

Alcuni ritengono che queste figure, non avessero niente a che fare con la storia di Gesù e tanto meno con il suo contesto, collocato nella Palestina del I secolo. Ma non è così. I Re Magi, sappiamo, infatti, che venivano dalla Persia. Altrettanto certo vi è un legame molto stretto fra le due culture e religioni: l’ebraismo e lo zoroastrismo. Tra l’altro, va ricordato che all’epoca era presente in Persia una forte comunità ebraica, derivante dalla Diaspora Babilonese. E non possiamo dimenticarci che la lingua più parlata in Palestina, a seguito proprio della diaspora e del rientro di un folto numero di ebrei (396 a.C), era l’aramaico, lingua di origine persiana, parlata dallo stesso Gesù.

 

“La grande congiunzione di Giove e Saturno nel segno zodiacale dei Pesci negli anni 7-6 a.C. sembra essere un fatto accertato. La determinazione della data di nascita di Gesù risale al Monaco Dionigi il Piccolo, che nei suoi calcoli, fissandola nell’ 1 a.C., evidentemente sbagliò di alcuni anni. La data storica della nascita di Gesù, e quindi da fissare qualche anno prima”. Così sempre Benedetto XVI si esprimeva, in merito ad altro argomento, pienamente connesso a quello dei Magi: la famosa stella cometa, immancabile in ogni presepe che si rispetti.

Consultiamo gli annali astronomici cinesi, a riguardo. Secondo esperti, l’apparizione di un oggetto brillante nel febbraio/marzo del 5 a.C., fu  visibile per addirittura circa 70 giorni. Congiunzione, tra l’altro,  conosciuta e seguita con molto interesse, dagli “scienziati” dell’epoca. Ad attestare ciò,   il ritrovamento da parte degli archeologi di due importanti reperti. Il primo è un papiro egizio (oggi si trova a Berlino) che riporta i movimenti dei pianeti tra il 17 ed il 10 d.C. L’altro, una tavoletta di argilla scritta in caratteri cuneiformi, ritrovata nella città di Sippar, a nord di Babilonia, che contiene una serie di previsioni astronomiche proprio per l’anno 7 a.C. Un punto in comune fra i due reperti? La straordinaria congiunzione tra Giove e Saturno che avvenne in quell’anno. 

Ma abbiamo un testimone d’eccezione, per la “nostra storia” dei Magi. Addirittura Marco Polo fa menzione di loro, nel suo “Il Milione”. Al capitolo trentesimo, scriverà infatti:

“In Persia è la città ch’è chiamata Saba, da la quale si partiro li tre Re ch’andaro adorare Dio quando nacque. In quella città son seppeliti gli tre Magi in una bella sepoltura, e sonvi ancora tutti interi con barba e co’ capegli: l’uno ebbe nome Beltasar, l’altro Gaspar, lo terzo Melquior. Messer Marco dimandò più volte in quella cittade di quegli III re: niuno gliene seppe dire nulla, se non che erano tre re seppelliti anticamente”. Era il 1270 circa. Ma sarebbe incompleta l’informazione sulla tomba dei Magi se non si facesse riferimento ad altro episodio che vede collocati i loro corpi ben più vicino a noi.  

Nel XII secolo, dopo la guerra condotta da Federico Barbarossa contro il comune di Milano,   il cancelliere imperiale Rainaldo di Dassel, decise di sottrarre alla città lombarda il suo tesoro più prezioso: i corpi santi dei tre Magi. Erano conservati in un sarcofago nella basilica di Sant’Eustorgio e l’arcivescovo li fece trasferire nella cattedrale di Colonia, dove tutt’ora si trovano. I corpi dei Magi erano giunti a Milano nel lontano 345, quando poi Sant’Eustorgio li portò con sé da Costantinopoli. Solo nel 1903 ritornarono in Italia, anche se non “completamente”, diciamo così. Stiamo parlando delle reliquie di due fibule, una tibia e una vertebra, che ora sono collocate accanto alla loro presunta tomba, posta nel transetto della basilica romanica di Sant’Eustorgio a Milano, e più precisamente nella cosiddetta  “cappella dei Magi”.


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