religione

Frate a soli 13 anni: "Voglio farmi santo, gran santo!"

Gelsomino Del Guercio sanfrancescopisa.it
Pubblicato il 29-12-2018

Filippo Lo Verde, nato in Tunisia da genitori italiani nel 1910, dopo pochi mesi tornò con la famiglia nella sua città d’origine, Palermo. Fu qui che, aiutato dal contesto religioso in cui viveva, fu incoraggiato a entrare nel seminario diocesano. Lui però replicò con determinazione di voler diventare sacerdote religioso.

Compì quindi la sua formazione nei seminari dei Frati Minori Conventuali di Mussomeli e Montevago.

LA LETTERA AI GENITORI

Come avvenne la vocazione? Il giorno in cui gli mettono tra le mani una vita di San Francesco, si legge su www.santibeati.it, non ha neppur bisogno di leggerla tutta perché arrivato appena a metà libro già esclama: «Basta, questo è il mio posto». All’idea che diventi frate papà si adatterebbe, mamma no, perché troppo legata a quel suo figlio più piccolo: è lui a strapparle il consenso, lasciandole una letterina sotto il piatto il giorno della sua festa e mamma si commuove talmente da lasciarlo partire.

A chi gli chiede il perché, risponde semplicemente: «Mi faccio religioso per farmi santo».

"FARMI SANTO"

Il 15 ottobre 1922 entra così nel convento di Mussomeli e l’anno successivo indossa il saio francescano, per passare poi nel seminario francescano di Montevago presso Agrigento, senza dimenticare mai il motivo che l’ha portato in convento: «farmi santo, gran santo». 

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IL PADRE SPIRITUALE

Dalla sua guida spirituale, il padre Catalano, arriva una preziosa testimonianza di quel periodo, con cui lo descrive «modello della virtù religiosa», attestando che in quel ragazzo, che solo alcuni anni prima aveva l’argento vivo addosso, spiccano «l’obbedienza illimitata, la semplicità quasi infantile, l’amore alla santa Eucaristia, alla Croce, alla Vergine Madre», ragion per cui «quanti l’avvicinano e lo vedono, anche secolari, ne restano ammirati».

LA MALATTIA

Ma a già a 16 anni, nella primavera del 1926, si rivelarono in Filippo i primi avvisi di una costante oligoemia, seguita a intervalli da forti esaurimenti. La malattia ebbe fasi alterne e con varie complicazioni, oltre alle cefalee che gli rendevano difficile l’applicazione allo studio.

"COME E' DOLCE IL PASSAGGIO AL CIELO"

Il 15 ottobre 1931, mentre si trovava a casa per una breve visita ai genitori, si sentì svenire e fu costretto a mettersi a letto, da dove non si alzò più. Ormai cosciente dell’inutilità delle cure, fra Luigi si affidò a Dio con piena adesione alla Sua volontà e con una grande serenità. La lunga e fastidiosa malattia, divenne gioiosa offerta e configurazione a Cristo sofferente, intessuta di ardenti invocazioni.

Dopo aver ricevuto il Santo Viatico e l’unzione degli infermi, esclamò: «Com’è dolce il passaggio per il Cielo!». Morì nella sua casa di Palermo il 12 febbraio 1932, a soli 21 anni, per un’occlusione intestinale.

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