religione

Francesco: troppi vivono in condizioni indegne, anche a Roma

Redazione ANSA/GIUSEPPE LAMI
Pubblicato il 01-01-2019

Nella Basilica vaticana il Pontefice presiede i primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio

Bisogna fermarsi a riflettere. Con «dolore e pentimento». Perché ancora troppi «uomini e donne vivono in condizioni indegne. Anche a Roma». Papa Francesco lo afferma in San Pietro al Te Deum di ringraziamento per l’anno trascorso.
 

Nella Basilica vaticana il Pontefice presiede i primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, cui fa seguito l’esposizione del Santissimo Sacramento, il tradizionale canto dell’inno «Te Deum», a conclusione dell’anno civile, e la Benedizione eucaristica.

È presente anche il sindaco di Roma Virginia Raggi.

Papa Bergoglio nell’omelia medita su alcune espressioni «dell’apostolo Paolo»: la prima che «ci colpisce è “pienezza del tempo”. Essa assume una risonanza particolare in queste ore finali di un anno solare, in cui ancora di più sentiamo il bisogno di qualcosa che riempia di significato lo scorrere del tempo. Qualcosa o, meglio, qualcuno». E questo «“qualcuno” è venuto, Dio lo ha mandato: è "il suo Figlio”, Gesù».

Il Papa sottolinea che Cristo «è nato da una donna, la Vergine Maria; è nato sotto la Legge, un bimbo ebreo, sottomesso alla Legge del Signore. Ma come è possibile? Come può essere questo il segno della “pienezza del tempo”?», si domanda; «per il momento è quasi invisibile e insignificante, ma nel giro di poco più di trent’anni, quel Gesù sprigionerà una forza inaudita, che dura ancora e durerà per tutta la storia». Questa forza «si chiama Amore. È l’amore che dà pienezza a tutto, anche al tempo; e Gesù è il “concentrato” di tutto l’amore di Dio in un essere umano».

San Paolo spiega «chiaramente perché il Figlio di Dio è nato nel tempo, qual è la missione che il Padre gli ha dato da compiere: è nato “per riscattare”». È la seconda parola «che ci colpisce: riscattare, cioè far uscire da una condizione di schiavitù e restituire alla libertà, alla dignità e alla libertà propria dei figli. La schiavitù che l’apostolo ha in mente è quella della “Legge” - precisa - intesa come insieme di precetti da osservare, una Legge che certo educa l’uomo, è pedagogica, ma non lo libera dalla sua condizione di peccatore, anzi, per così dire lo “inchioda” a questa condizione, impedendogli di raggiungere la libertà del figlio».

Dunque Dio «ha mandato nel mondo il suo Figlio Unigenito per sradicare dal cuore dell’uomo la schiavitù antica del peccato e così restituirgli la sua dignità. Dal cuore umano infatti escono tutte le intenzioni malvagie, le iniquità che corrompono la vita e le relazioni».

A questo punto il Papa esorta a fermarsi: «Fermarci a riflettere con dolore e pentimento perché, anche durante quest’anno che volge al termine, tanti uomini e donne hanno vissuto e vivono in condizioni di schiavitù, indegne di persone umane». Anche nella «nostra città di Roma ci sono fratelli e sorelle che, per diversi motivi, si trovano in questo stato». Il Vescovo di Roma pensa in particolare a «quanti vivono senza una dimora. Sono più di diecimila». E d’inverno la loro situazione «è particolarmente dura. Sono tutti figli e figlie di Dio, ma diverse forme di schiavitù, a volte molto complesse, li hanno portati a vivere al limite della dignità umana».

Poi ricorda che pure Gesù «è nato in una condizione simile, ma non per caso, o per un incidente: ha voluto nascere così, per manifestare l’amore di Dio per i piccoli e i poveri, e così gettare nel mondo il seme del Regno di Dio, Regno di giustizia, di amore e di pace, dove nessuno è schiavo, ma tutti sono fratelli, figli dell’unico Padre».

Francesco assicura che la Chiesa «che è a Roma non vuole essere indifferente alle schiavitù del nostro tempo, e nemmeno semplicemente osservarle e assisterle, ma vuole essere dentro questa realtà, vicina a queste persone e a queste situazioni». È una forma di «maternità» della Chiesa che «mi piace incoraggiare mentre celebriamo la divina maternità della Vergine Maria. Contemplando questo mistero, noi riconosciamo che Dio è “nato da donna" perché noi potessimo ricevere la pienezza della nostra umanità, “l’adozione a figli”. Dal suo abbassamento siamo stati risollevati. Dalla sua piccolezza è venuta la nostra grandezza. Dalla sua fragilità, la nostra forza. Dal suo farsi servo, la nostra libertà». Si chiede Jorge Mario Bergoglio: «Che nome dare a tutto questo, se non Amore? Amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, a cui questa sera la santa madre Chiesa eleva in tutto il mondo il suo inno di lode e di ringraziamento».

Papa Francesco al termine del Te Deum, prima di lasciare la basilica di San Pietro, va al primo banco della navata destra dove si trova Virginia Raggi, per scambiare con lei gli auguri di buon anno.

Alla fine della Celebrazione il Pontefice esce in piazza San Pietro per visitare il Presepe sotto l'obelisco, realizzato quest'anno in sabbia jesolana. Francesco, affiancato dal presidente del Governatorato dello stato della Città del Vaticano, il cardinale Giuseppe Bertello, vuole espressamente incontrare e ringraziare gli scultori che hanno realizzato lo Jesolo Sand Nativity e che, lavorando su 700 tonnellate di sabbia, hanno restituito la scena e lo spirito del Natale. Il presepe (di 16x5 metri) realizzato da Ilya Filimontesev, Susanne Ruseler, Radovan Zivny e Richard Varano, e costruito con la sabbia dorata del litorale di Jesolo, rimarrà in piazza San Pietro fino al 13 gennaio, e dal 7 dicembre scorso ha registrato la visita di centinaia di migliaia di fedeli e turisti. Sempre vicino all'obelisco, il grande abete natalizio offerto quest'anno dal Friuli-Venezia Giulia.

Prima di andare al Presepe al centro della piazza e intrattenersi anche con la folla dei fedeli, Francesco, accompagnato dall'elemosiniere pontificio cardinale Konrad Krajewski, ha fatto visita agli spazi e servizi per i senzatetto - bagni, docce, barberia, ambulatorio medico - da lui fatti realizzare sotto il Colonnato berniniano.  (Vatican News).


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