religione

Don Lanciotti e la sua lezione del perdono

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

​ Il giorno della solennità dei santi Pietro e Paolo avrebbe festeggiato il cinquantesimo di sacerdozio. Ma una pallottola, sparata da un bandito, se l'è portato via quindici anni fa. Don Nazareno Lanciotti, sacerdote romano ma incardinato a Subiaco, ha trascorso gran parte della sua vita in Brasile, a Jauru, dove era arrivato sulla scia dell'Operazione Mato Grosso. Per ventinove anni ha collaborato con lui Franca Pini, missionaria laica, in questi giorni a Roma per visitare la sorella di don Nazareno, Francesca. E raccontare la storia di questo sacerdote devoto alla Vergine, del quale è in corso la causa di beatificazione.

«Padre Nazareno», così lo chiamavano tutti laggiù, «arrivò a Jauru a gennaio del 1972 e io a luglio di quello stesso anno. All'inizio l'intenzione era quella di costruire un sanatorio ma poi, vendendo la gravità della situazione sul posto, con l'ospedale più vicino a duecento chilometri di distanza, capimmo che andava costruito un ospedale vero e proprio. C'erano tante giovani mamme che morivano di parto nel dare alla luce i figli». Franca Pini è nata a Pavone del Mella, in provincia di Brescia, ma i 44 anni trascorsi in Sud America hanno cancellato il suo accento. Parla lentamente e cerca di ricordare i termini esatti, in italiano. Ma non perde il sorriso mentre ricorda: «Abbiamo costruito l'ospedale, poi lui è diventato parroco e ha costruito una chiesa». La parrocchia di Nostra Signora del Pilar, dedicata alla Madonna, inaugurata nel 1975. «Costruimmo anche una scuola intitolata a san Francesco d'Assisi, frequentata in media da quattrocento bambini del posto».

Don Nazareno era instancabile: membro del Movimento sacerdotale mariano, fondò oltre cinquanta comunità nella foresta dove arrivava, raccontano, «a dorso di cavallo o di mulo»; diede vita a una casa per anziani e malati e a un seminario minore. Jauru, sulla rotta dei narcotrafficanti tra Bolivia e Brasilia, divenne «una frontiera dell'evangelizzazione», come la definisce il postulatore della causa di beatificazione, don Enzo Gabrieli. «Ma il suo primo impegno è stato sempre quello di prete - sottolinea la missionaria -, attento alla morale e al bene di ciascuno. Nell'ospedale, ad esempio, non si praticavano aborti e non si somministrava la pillola contraccettiva. Ogni sabato, dopo la Messa, si incontrava con i giovani e li metteva in guardia dai pericoli della droga e della prostituzione. Diceva loro: "L'adorazione eucaristica e la devozione alla Madonna vi salveranno"». Era molto amato, il sacerdote fidei donum : «Quando morì - ricorda ancora Franca tutti dicevano: "Abbiamo perso un padre"». Aveva incontrato i suoi giovani anche nel pomeriggio di quell'11 febbraio - «memoria liturgica della Madonna di Lourdes», sottolinea la sorella Francesca - in cui fu colpito a morte. Franca non riesce a parlare dell'evento di cui è stata testimone oculare. Ma la cronaca e le testimonianze sono raccolte nel libro Padre Nazareno Lanciotti. Una vita donata , a cura di Ivaldo Riva, pubblicato a ottobre dello scorso anno. Due uomini con il volto coperto fecero irruzione nella stanza dove il missionario stava cenando con i suoi collaboratori. Puntando una pistola contro i presenti, chiesero loro soldi e dove fosse una cassaforte. Li minacciarono tutti, ma l'unico colpo di pistola fu sparato contro don Nazareno, a cui uno dei due disse: «Sono venuto ad ammazzarti perché ci dai troppo fastidio». Fuggirono lasciando lì il denaro. Il sacerdote fu immediatamente soccorso. Morì undici giorni dopo all'ospedale di San Paolo, dove intanto era stato trasferito. Le sue ultime parole furono di perdono per i suoi assassini.

(Giulia Rocchi-Avvenire)

 

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