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NESSUNA CELLA È COSÌ ISOLATA DA ESCLUDERE IL SIGNORE

Mario Scelzo
Pubblicato il 24-03-2017

L'INTERVISTA AL CAPPELLANO DEL CARCERE DI SAN VITTORE DOVE ANDRÀ DOMANI IN VISITA PAPA FRANCESCO PER ESSERE VICINO AGLI ULTIMI

Domani Papa Francesco farà visita alla Diocesi di Milano e, come già fatto in altre occasioni (penso a Napoli ed a Castrovillari), dedicherà molto del suo tempo alla visita del carcere. Abbiamo intervistato Don Marco Recalcati, da 4 anni cappellano del carcere milanese di San Vittore, il quale ci ha introdotto alle attese, alle speranze ed alle difficoltà quotidiane che si vivono ogni giorno dietro le sbarre. Non voglio aggiungere nulla alla splendida testimonianza di fede che ci ha concesso Don Marco, mi permetto solo di dire che ascoltandolo si percepiva, ed in questo noto una “sintonia nella misericordia” con Papa Francesco, una vera “passione” per la missione di evangelizzazione nelle carceri. La presenza di un prete, di una parola amica, è luce nel buio delle celle, questo mi sembra emergere chiaramente dalle parole di don Marco. Da qui in poi la mia intervista.

Lei che incontra tutti i giorni i carcerati, ci può se c’è in loro attesa e fermento per questa visita speciale?

C’è una attesa molto alta, sono mesi che la notizia è trapelata, ciascuno ha espresso la gioia o lo stupore rispetto a questa visita. Poi ci sono poche pratiche, chi voleva ha potuto scrivere una lettera al Papa, altri si sono sbizzarriti facendo lavoretti pratici da consegnare al Pontefice. Vorrei raccontare una bella iniziativa: abbiamo invitato i carcerati a scrivere su dei foglietti i nomi dei loro cari defunti, questo ha contagiato anche il personale e gli educatori, consegneremo questi nomi al Papa sperando che lui li possa ricordare nella messa mattutina che celebra a Santa Marta. Sarebbe un segnale concreto del suo passaggio.

I detenuti sono a conoscenza del grande amore misericordioso di Papa Francesco nei loro confronti. Si aspettano qualche “segno”, qualche appello da parte del Papa rispetto alle condizioni di vita nelle carceri?

Si, ne sono a conoscenza, ma mi lasci dire che, preparandoci a questa visita abbiamo ripercorso la “storia delle visite papali nelle carceri”, ed abbiamo notato quanto Bergoglio si muova in continuità coi suoi predecessori. Da Benedetto a Paolo VI, a Giovanni XXIII abbiamo raccolto spunti molto belli da varie epoche diverse. Ne cito una per tutti, nel 1958 Papa Giovanni XXIII andò nel carcere di Regina Coeli e disse tre parole straordinarie: “son venuto a mettere i miei occhi nei vostri occhi, il mio cuore vicino al vostro cuore”. Papa Francesco, come i suoi predecessori, sa toccare il cuore dei detenuti con parole semplici ed efficaci, il Papa in carcere ad Isernia ha detto “avete davanti a voi un uomo perdonato”.

Rispetto alle condizioni di vita nelle carceri, come forse saprete abbiamo più di diecimila detenuti “extra” nelle carceri italiane, il sovraffollamento è un grande problema. Per quanto riguarda San Vittore siamo messi meglio di altre realtà, siamo passati da 1800 detenuti ad 850, sottolineo però la fragilità delle strutture educative e del “dopo carcere”, le risorse, seppur valide, sono scarse rispetto alle richieste che ci sono.

Dal suo ruolo di osservatore privilegiato, ha avuto modo di incontrare pentimenti e/o persone che in carcere hanno abbracciato la fede?

Quella del carcere è una esperienza che ti scava profondamente, il fatto di perdere la libertà, lo stigma che uno si sente addosso….penso alla parabola del figliol prodigo, quando il figlio si sente che ha perduto tutto….gli amici..i suoi beni…il Vangelo dice una parola molto bella, “ritornò in se stesso”, ecco, l’efficacia della Parola di Dio, parlare di queste cose in carcere…i detenuti spesso mi raccontano che la prima notte in carcere non dormono…pensano…cosa pensa mia madre…cosa pensa mia moglie…qual è il mio futuro…con chi condivo la cella…il senso di colpa per gli errori fatti…ma “rientrare in se stessi”, questo scava in profondità… Se per la gente comune il Vangelo è una storiella simpatica, le vite dei detenuti spesso vengono “riempite” dalla Parola del Vangelo, dal perdono, dalla speranza, da parole che dietro le sbarre vengono accolte come l’acqua per chi ha sete.

Nel carcere abbiamo avuto alcuni battesimi, ma c’è un grande lavoro, penso al silenzio che in carcere è oro, la gente lo desidera, riusciamo ad offrire ai detenuti dei momenti di silenzio e di preghiera in un ambiente caotico….

Da intervistatore “sento” che lei non vive questo come un lavoro, un ufficio…

E’ una Grazia! E’ un dono!

Ascoltandola mi viene da chiederle, ma lei è da solo nella sua missione oppure ha dei collaboratori?

No, per fortuna non sono solo, ho un Sacerdote, Don Roberto che mi aiuta, c’è un diacono, decine di religiose che a diverso titolo aiutano, più alcuni seminaristi, è bello sottolineare il discorso di essere una comunità che opera nel carcere, c’è un forte impegno della Diocesi rispetto a San Vittore. Senza contare i volontari…in fondo abbiamo la fortuna di vivere in una grande città come Milano…

Una curiosità. Lei ha già avuto modo di incontrare Papa Francesco?

Sono sceso a Roma con i cappellani delle carceri, ricordo che lui parlò a braccio e si capiva che conosceva benissimo la realtà di cui parlava. Ricordo il suo invito a difendere la dignità dei detenuti. Ricordo parole forti di amicizia e misericordia come…ecco gliene cito qualcuna…  “Per favore dite che prego per loro, li ho a cuore, prego il Signore e la Madonna che possano superare positivamente questo periodo difficile della loro vita. Che non si scoraggino, non si chiudano. Dite con i gesti, con le parole, con il cuore che il Signore non rimane fuori, non rimane fuori dalla loro cella, non rimane fuori dalle carceri, ma è dentro, è lì. Nessuna cella è così isolata da escludere il Signore, nessuna; Lui è lì, piange con loro, lavora con loro, spera con loro”. Il passaggio del Santo Padre a San Vittore sono certo che porterà una ventata di aria fresca in un luogo di tristezza e desolazione. I detenuti aspettano con grande gioia la sua visita.

 

Permettetemi un breve commento finale. Quando Papa Francesco parla di Chiesa in Uscita, di Chiesa come Ospedale da campo capace di curare le ferite della gente, penso abbia in mente proprio persone come Don Marco, che portano la Luce del Vangelo nelle tenebre del carcere.

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