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Il Presepe, un'iniziativa francescana divenuta universale

Redazione
Pubblicato il 30-11--0001

     Presepe-Francesco. È questo un binomio che per associazione d’idee viene subito in mente. Ognuno sa infatti di Greccio e della prima rappresentazione della natività, che il Poverello volle in occasione del Natale. Un’iniziativa, dunque, tutta francescana, fattasi universale come la figura e il messaggio del suo ideatore. Nel tempo chiese e abitazioni sono così diventati luogo d’allestimento presepiale. Evento, questo, che per la generale diffusione è giunta a trasformarsi in elemento identificativo delle feste natalizie. Che 25 dicembre sarebbe senza la riproduzione della greppia di Betlemme con tanto di pastori e magi?

 

  Nessuna tradizione cristiana ha potuto mai contare una simile persistenza e, soprattutto, trascendere il primario aspetto religioso per colorarsi dei più svariati connotati: dal sociale al folclorico fino a quello artistico. E sotto quest’ultimo aspetto il riferimento è non solo alle pittoresche rappresentazioni plastiche come quelle napoletane, che tanto affascinarono Goethe. Il presepe ha finito per ispirare poeti come Quasimodo; musicisti come Berlioz; drammaturghi come De Filippo, nel cui capolavoro Natale in casa Cupiello la domanda insistente «Te piace o’ presepio?» (“Ti piace il presepe”?) è non tanto la cifra per leggere il fallimento della famiglia patriarcale quanto l’ottimistico incitamento – per usare parole dello stesso Eduardo – alla “ricerca di una nuova innocenza”. Né oggigiorno potremmo forse cantare motivi come Tu scendi dalle stelle senza quei presepi che s. Alfonso amava costruire con le sue mani e utilizzare quale aiuto alla meditazione.

 

  Ma il messaggio di Greccio ha la forza di spingere ad altro e, ancora una volta, di coinvolgere tutti indistintamente. Stando al racconto di Tommaso da Celano, Francesco fece accomodare la greppia col fieno «per fare memoria di quel Bambino che è nato a Betlemme, e in qualche modo intravedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato». È lo stesso biografo, inoltre, a riportare come il santo volesse che proprio il giorno di Natale  si  desse da mangiare ai poveri, nei quali «riconosceva il Figlio della Madonna povera». Il pranzo, che il giorno di Natale è imbandito per i bisognosi e sempre più spesso ha luogo nelle chiese stesse, può perciò essere considerato una diversa forma di presepe o meglio un prolungamento di quello tradizionale, in cui attraverso i poveri si può realmente contemplare il volto di Gesù nascente. 

Francesco Lepore

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