Povertà, pace e creato, ecco papa Francesco. Cosa ne pensate dei suoi primi 'gesti'?
Francesco è l'uomo della pace!E così è venuto il nome nel mio cuore:Francesco di Assisi!E' per me l'uomo della povertà, l'uomo della pace, l'uomo che ama e custodisce il creato!
(Papa Francesco all'incontro con i giornalisti: 15.3.2013).
Francesco e il dono della povertà
I Santi, uomini come tutti, si sforzano di pensare secondo Dio
e � lo sappiamo � i pensieri di Dio non sono i nostri e le sue
vie distano dalle nostre quanto il cielo dalla terra. Per questo
Francesco finiva spesso per apparire strano persino ai suoi
compagni. Una volta, a Celano, una povera vecchia ricevette
da lui un pezzo di stoffa che egli stracciò da un panno che
portava al collo: “Va' � le disse Francesco �, fatti una tunica,
poiché ne hai veramente bisogno”.
La vecchietta, piena di stupore
[“non so se per timore o per la grande gioia”, precisa l'agiografo
che ci narra il fatto, nativo proprio di Celano], prese subito
il panno e si allontanò velocemente per manometterlo con le
forbici, così da evitare il rischio che potesse esserle richiesto
di nuovo. Rendendosi conto però che la stoffa, una volta
tagliata, era insufficiente per fare un abito, resa “coraggiosa
dalla benevolenza sperimentata poco prima, tornò dal Santo per
fargli notare che il panno era insufficiente”.
Il comune buon senso
avrebbe forse suggerito una risposta tagliente. Francesco,
invece, le fece dare del panno anche dal suo compagno,
costringendolo � non so quanto volentieri � ad uniformarsi
a lui.
Un'altra volta, mentre tornava da Siena, imbattutosi in
un poveraccio, disse al compagno che era con lui: “Fratello,
dobbiamo restituire il mantello a questo poveretto, perché è suo.
Noi l'abbiamo avuto in prestito sino a quando non ci capitasse di
incontrare uno più povero”. Il compagno, naturalmente, cercò
di opporre resistenza, ma Francesco rispose netto: “Io non
voglio essere ladro e ci sarebbe imputato a furto, se non lo dessimo
ad uno più bisognoso”.
A quel punto, il compagno cedette. Ma
la situazione forse più paradossale si verificò alle Celle di
Cortona: Francesco indossava un mantello nuovo, che gli era
stato procurato dai frati, quando capitò un poveraccio che
piangeva per la morte della moglie e per la famiglia rimasta
nella miseria (forse lui era malato e provvedeva la moglie
a far sbarcare a tutti il lunario?). Francesco gli donò quel
mantello, dicendogli: te lo dono “a condizione che tu non lo ceda
a nessuno, se non te lo pagherà profumatamente”.
Quando i frati
si resero conto di quel che stava accadendo, era ormai tardi.
Essi cercarono di riprendere il mantello, ma quell'uomo,
“reso ardito dallo sguardo del Santo, si mise a difenderlo con mani
ed unghie come suo. Alla fine, i frati riscattarono il mantello ed il
povero se ne andò con il prezzo ricevuto”. Sì, Francesco donava
tranquillamente ai poveri, poiché tutto ciò che aveva riteneva
fosse stato preso in prestito da loro. Basilio il Grande non la
pensava troppo diversamente da lui.
Ma non è che ai Santi
manchi il buon senso: siamo piuttosto noi, uomini comuni,
pur credenti e praticanti, che con la scusa del buon senso
finiamo spesso per metterci il Vangelo sotto i piedi.
Francesco e la pace
“Il Signore ti dia pace”. Francesco doveva
essere ben consapevole dell'urgenza di
questo annuncio, lui che aveva vissuto
le divisioni e le lotte all'interno della
sua stessa città e che aveva partecipato
alla guerra contro Perugia, conclusasi
con la disfatta di Ponte San Giovanni e
la lunga prigionia nelle carceri perugine.
Un Francesco che giovane sognava
armi e cavalieri...
“Il Signore mi rivelò che dicessi questo saluto:
Il Signore ti dia pace”, così scrive nel
Testamento e così ripete anche la Leggenda
perugina.
Il saluto di pace defi nisce l'identità
stessa del frate minore e del suo essere
nel mondo. Francesco esorta i suoi frati
a portare a tutti questo saluto come annuncio
e benedizione. Nella Regola non
bollata e nella di poco successiva Regola
bollata è lo stesso invito: “pace a questa
casa”.
Anche Tommaso da Celano nella sua
prima biografi a parla della giovane fraternità
e di Francesco come ambasciatore
di pace: “In ogni suo sermone, prima
di comunicare la parola di Dio al popolo,
augurava la pace. In questo modo otteneva
spesso, con la grazia del Signore, di indurre
i nemici della pace e della propria salvezza,
a diventare essi stessi fi gli della pace e desiderosi
della salvezza eterna”. Anzi, l'annuncio
di pace nel racconto di Tommaso
da Celano coincide con la nascita
stessa della fraternità.
Ma ritorniamo al testo della Leggenda
perugina. Questo saluto doveva apparire
abbastanza insolito e suscitare anche
perplessità e domande tanto è vero
che uno dei compagni di Francesco
chiede al Santo il permesso di cambiarlo,
ottenendone però questa risposta:
“Lasciali dire, perché non intendono le
cose di Dio”. L'annuncio evangelico alla
conversione si coniuga con l'invito alla
pace che nasce dall'umiltà e dalla scelta
della minorità. Una pace che non deve
essere solo proclamata, ma prima di
tutto deve essere vissuta come leggiamo
nella Leggenda dei tre compagni: “La
pace che annunziate con la bocca, abbiatela
ancor più copiosa nei vostri cuori. Non provocate
nessuno all'ira o allo scandalo, ma
tutti siano attirati alla pace, alla bontà, alla
concordia dalla vostra mitezza. Questa è la
nostra vocazione: curare le ferite, fasciare le
fratture, richiamare gli smarriti”.
Ai fi gli della pace Francesco dedica anche
una delle sue Ammonizioni, la XV, a
commento di una delle beatitudini (Mt
5,9): “Sono veri pacifi ci quelli che di tutte
le cose che sopportano in questo mondo, per
amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano
la pace nell'anima e nel corpo”.
Questa è la vera e perfetta letizia come
spiega lo stesso Francesco nel ben noto
apologo che potremmo quasi chiosare
con le parole di San Paolo nella Lettera
ai Filippesi (4,4-7): “Siate sempre lieti nel
Signore, sempre; [...] Non angustiatevi per
nulla [...] e la pace di Dio, che supera ogni
intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre
menti in Cristo Gesù”.
Francesco e il Creato
È sbagliato semplificare il messaggio di San Francesco fino a ridurlo ad ecologista da corteo. Negli ultimi decenni la figura di San Francesco è stata utilizzata da una cultura a metà fra quella “hippy” e quella “new age”, al fine di giustificare un'ideologia pacifista ed ecologista i cui contenuti si sono mostrati molto ambigui, in alcuni casi in contrasto con la figura del Creatore e contrari alla difesa della vita. Un pericolo che tenta di scongiurare il master di secondo livello in “Medioevo francescano” dell'ateneo Antonianum.
ppure una certa cultura ecologista contraria alle nascite e con caratteristiche neomalthusiane sostiene che San Francesco era un ambientalista che condivideva l'amore per tutto ciò che era naturale e si opponeva alle attività umane. Ma la realtà sulla sensibilità di San Francesco nei confronti del mondo naturale è tutt'altra. «Innanzitutto ogni volta che ci si accosta ad una persona, anche del passato, sono importanti, contrariamente a quello che solitamente si afferma, le cosiddette “barriere dell'io” per evitare una fusione con l'altro � spiega padre Pietro Messa, preside della Scuola superiore di studi medievali e francescani della Pontificia Università Antonianum di Roma �. Questo vale anche nell'approcciare Francesco d'Assisi, a proposito del quale spesso, in nome di una ricerca di attualità, gli si attribuiscono problemi attuali, come l'ecologia, estranei al suo contesto storico e religioso». Preso atto di questo, e che per conoscere la sua esperienza bisogna attenersi alle fonti, soprattutto gli scritti, dobbiamo riconoscere che la sua opera a cui ci si appella ogni volta che si parli del suo rapporto con la natura è il “Cantico di frate sole” conosciuto anche come “Cantico delle creature”. Si tratta di una preghiera al Signore in cui in contemporanea si loda l'Onnipotente per le sue creature e si invita quest'ultime a lodare il loro Creatore.
La questione fondamentale è quale ruolo svolga l'umanità nel contesto del “Cantico delle creature”. Insieme alle lodi al Signore, i benefici del sole che scalda, dell'acqua che disseta, sono tutti riferiti al bene dell'uomo. Il centro di tutto è l'Altissimo a cui va riferita ogni lode, gloria e onore; tuttavia non è un Dio solitario che con la sua onnipotenza “brucia” ed elimina tutto ciò che lo circonda, ma anzi dà vita e vuole che ci sia altro oltre a sé. Le creature sono menzionate per se stesse, ma pure per le loro caratteristiche delle quali anche l'uomo benefi cia, come della luce del fuoco che illumina la notte, l'acqua che è utile e preziosa, la terra che nutre e sostenta tutti noi. In questo testo l'uomo è colui che, in quanto destinatario dei doni del Signore, proclama tale lode contemplando, ossia guardando con stupore, il Creatore e la sua creazione. L'amore di San Francesco nei confronti del Creatore sembra superare anche le diffidenze umane nei confronti dei danni provocati dagli eventi naturali. «Il Cantico delle creature fu composto da frate Francesco d'Assisi in un momento di grande disagio presso la chiesa di San Damiano in Assisi, quindi si tratta di un Cantico pasquale in cui nella notte della sofferenza è riconosciuta la presenza luminosa del Signore che fa nuove tutte le cose e illumina anche le tenebre del peccato dell'uomo � sottolinea padre Messa �. Se vogliamo attingere da tale evento della vita del Santo per il momento attuale possiamo dire che anche i danni causati dalle strutture di peccato che distruggono l'ambiente vengono redenti e che l'uomo salvato dall'incontro con il Risorto diventa capace di relazioni nuove anche con il creato».
Il messaggio cristiano che San Francesco comunica sui temi dell'ambiente è limpido. Quella di Francesco d'Assisi è un'esperienza cristiana e quindi lui legge ogni avvenimento alla luce soprattutto del Vangelo. Pertanto non usa mai termini come natura, ambiente, o altri a noi comuni, ma il termine “creature”. Già questo ci parla di un approccio in cui si riconosce l'esistenza di un Creatore che è buono, onnipotente a cui tutti gli uomini e le creature devono guardare. Ciò significa che le creature sono un dono del Signore e che come tali vanno accolte nella gratitudine, ossia nel rendimento di grazie per poi restituirle a lui mediante l'amore per i fratelli. In questo modo si passa dalla gratitudine alla gratuità vivendo un amore ordinato che ha le caratteristiche dell'Eucaristia: “Prese il pane, rese grazie e lo spezzò”. Il peccato è appropriarsi di tali doni comportandosi da padri-padroni nei confronti delle creature con le conseguenze di morte che spesso constatiamo. I Pontefici Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno parlato in più occasioni di San Francesco e delle sue intuizioni sui temi ambientali. E hanno indicato utili riflessioni sul rapporto dell'umanità con il creato. Giovanni Paolo II ha dichiarato San Francesco patrono dell'ecologia ed ha indicato Assisi come città della pace, mentre Benedetto XVI ha richiamato che ciò non significa che fosse semplicemente un ambientalista o un pacifista. Non ha voluto smentire l'operato del predecessore, come mostrano i discorsi fatti ad Assisi durante la sua visita del giugno scorso, ma ne ha indicato l'origine che è la conversione al Vangelo. La ricezione di tali insegnamenti nell'ambito cattolico certamente non è terminato. «Si avverte come una duplice posizione che vede alcuni che trattano di tali temi prescindendo da un approccio cristiano, mentre altri li evitano vedendoli strumentalizzati da ambienti a volte ostili alla fede», evidenzia padre Messa.
Il santo di Assisi invita ogni uomo ad avere un sano e corretto rapporto, con se stesso, con gli altri, con le cose, con la natura e non ultimo con Dio.
Il cantico delle Creature ne è l'espressione somma. Molte volte San Francesco invitava i suoi interlocutori a vedere in tutte le cose il rimando di Dio.
Come per esempio nei pezzi di carta che vedeva lungo la strada formulava la parola del Signore.
Una pietra gli ricordava che il Signore non aveva posto dove posare il capo.
Da qui nasce il rispetto che è una forma concreta di sano rapporto con l'ambiente.
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