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Fortunato: Francesco, densità antropologica, spirituale e programmatica

Enzo Fortunato
Pubblicato il 30-11--0001

Francesco, il nome scelto dal Papa è un nome 'rivoluzionario'

Ci sono parole, frasi pur sobrie e semplici, che hanno comunque il potere e il privilegio di suscitare emozioni profonde e di evocare straordinarie e incantevoli visioni del mondo: Buonasera, sono Francesco. È la sintesi del suo saluto agli uomini di buona volontà che papa Bergoglio ha regalato al mondo. È sulla scelta del nome che le analisi si consumano.


Tre sembrano gli orizzonti che Habemus Franciscum sintetizza senza sé e senza ma. Quello antropologico che vorrei proporre con l'affermazione del medievalista Vanderbrocke riferita all'Assisiate: "Tutti, cattolici e non cattolici, credenti e non credenti, ne sono stati in ogni tempo toccati. In tutti nasce la sensazione di scoprire il Vangelo nella sua integrale purezza". Si tratta della capacità e dello stile di entrare in dialogo con chiunque. Francesco ha voluto parlare con i ladroni, con il lebbroso, con il lupo, con ogni uomo. Non gli interessava la provenienza, ma la tensione del cuore umano. Assisi in questi anni è stata la piattaforma e la forma di questo dialogo sfociato in una delle sue massime espressioni tra credenti e non credenti.


C'è poi l'orizzonte spirituale. È padre Raniero Cantalamessa, predicatore apostolico, che lo ricorda con queste parole: "Francesco patrono dei poeti, degli animalisti, della pace, dell'ecologia, della fratellanza universale e di non so quante altre cose. Intendiamoci: ognuno di questi titoli è pienamente meritato da Francesco, ma essi sono i frutti maturati sui rami dell'albero. Perché rifiutarsi sistematicamente di esaminare il tronco e le radici di questo albero e il terreno da cui succhia la linfa? Il terreno, la radice e il tronco dell'albero, per Francesco è la persona di Gesù Cristo! Egli è tutto per lui". Su quest'aspetto non ci sono Santi che tengono, né strumentalizzazioni da destra e da sinistra. La proposta del Vangelo non è negoziabile, viene semplicemente accolta nel cuore, nella mente e nella volontà di viverlo.


Infine l'orizzonte programmatico. Nomen est omen è stato detto. Ed è vero. Si tratta di fare i conti con questo nome che ha delle conseguenze operative. Lo dimostrano già i primi gesti, dall'anello non d'oro, dalle scarpe, dalla scelta dei paramenti liturgici e da quel "buonasera", "buongiorno", "buon pranzo", evocativi delle parole che san Francesco, all'inizio del suo cammino, rivolgeva alle persone che incontrava per le strade del mondo: "Buongiorno brava gente"; ma evocativi anche di una consapevolezza che è quella di abbattere gli steccati. Lo testimoniano le Lettere del Santo di Assisi, dalle Lettere ai governanti alle Lettere ai fedeli, da quelle a singoli frati a quella rivolta al Vescovo Antonio. Programmatico anche nella spiegazione della scelta del nome che papa Bergoglio ha proposto: "è per me l'uomo della povertà, l'uomo della pace, l'uomo che ama e custodisce il creato".


Si tratta di far sì che i governanti pensino non al tornaconto personale, ma alla vocazione universale delle nazioni alla pace. Francesco scriverà ai reggitori dei popoli dicendo: " Vi supplico con tutta la reverenza di cui sono capace, di non dimenticare il Signore, assorbiti come siete dalle cure e preoccupazioni di questo mondo... sappiate che dovrete renderne ragione a Dio davanti al Signore vostro Gesù Cristo nel giorno del giudizio". La povertà è un nuovo rapporto con l'uomo visto come fratello e non come nemico. C'è infine il rapporto con il creato, rappresentato da Giotto nell'affresco della predica agli uccelli, che ci dice di non sfruttare le risorse, ma di integrarci armoniosamente salvaguardando il mondo che ci circonda. Ci sembrano questi spunti e appunti di una nuova pagina di storia, di un nuovo Papa che si è voluto chiamare Francesco. padre Enzo Fortunato

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