francescanesimo

Padre Gambetti: Siamo tutti africani!

Mauro Gambetti
Pubblicato il 19-05-2019

Nei prossimi numeri della rivista San Francesco approfondiremo l'editoriale di padre Gambetti

Nel 1942, Benedetto Croce diede alle stampe un breve saggio: Perché non possiamo non dirci “cristiani”. Egli riconosceva nel cristianesimo la più grande rivoluzione della storia dell’umanità per aver operato nel centro dell’anima, nella coscienza morale: “E il suo affetto fu di amore, amore verso tutti gli uomini, senza distinzione di genti e di classi, di liberi e schiavi, verso tutte le creature, verso il mondo che è opera di Dio e Dio che è Dio d’amore […]”. Fu schernito dal regime fascista, che lo tacciò di aver rinnegato la sua convinzione laica.



In realtà, Benedetto Croce era inorridito da quanto stava accadendo.
Prima della pubblicazione, scrisse alla poetessa Maria Curtopassi, sua amica: “del resto non sente Ella che in questa terribile guerra mondiale ciò che è in contrasto è una concezione ancora cristiana della vita con un’altra che potrebbe risalire all’età precristiana, e anzi pre-ellenica e pre-orientale, e riattaccare quella anteriore alla civiltà, la barbarica violenza dell’orda?” Fu un sobbalzo di coscienza.



Mutatis mutandis
, mentre ci accingiamo a votare per eleggere il nuovo parlamento europeo, è nuovamente in atto un conflitto epocale. Del resto, non sentite Voi che nelle arene pseudodemocratiche delle nostre nazioni “ciò che è in contrasto è una concezione ancora cristiana della vita con un’altra che potrebbe […] riattaccare quella anteriore alla civiltà?”



Nella trasmissione Sapiens del 23 marzo scorso, Mario Tozzi, facendo riferimento agli studi più recenti sul DNA umano, ha dimostrato che l’uomo non è discendente dalla scimmia. Il salto di discontinuità nel genoma non permette di ipotizzare che l’uomo sia derivato dai primati. Che bello! Non siamo scimmie. Ma un altro dato mi ha ancor più colpito: nel continente euroasiatico il c.d. Uomo di Neanderthal fu in breve tempo soppiantato dall’Homo Sapiens, proveniente dall’Africa, e attualmente il patrimonio genetico dell’umanità è per il 99,9% identico in tutte le aree geografiche del mondo. La variazione dell’1x1000 è probabilmente attribuibile ai diversi gradi di incrocio con il neardenthalensis e all’evoluzione segnata da fattori alimentari, climatici, culturali, come l’epigenetica potrebbe acclarare.



In sintesi, un sillogismo: l’Homo Sapiens è apparso per la prima volta in Africa e da lì è migrato nel mondo; è il solo sopravvissuto nel tempo; come specie, siamo tutti “africani”!



Allora, si può essere europei senza essere africani? O si può essere italiani senza essere europei? In ciascuna domanda, poi, i termini possono anche essere rovesciati.  È evidente che l’appartenenza a un popolo è frutto di legami, di una cultura, di un ordinamento civile e di una geografia. Non si trasmette con il DNA.



Quando si tenta di alimentare l’identità nazionale facendo leva sull’esclusività (con parole e gesti disumani di esclusione), si sta passando dalla sovranità al sovranismo. La differenza è notevole. La sovranità è la coscienza critica di un popolo che si esercita tramite i suoi organi di governo. Il sovranismo è la riduzione della sovranità a scelte istintuali, derivanti da chiusure mentali frutto della paura. La sovranità costruisce il consenso tramite riflessione, dialogo e ascolto. Il sovranismo ottiene consenso con l’uso mistificante della comunicazione, che tocca ad arte la conoscenza emotiva (si pensi ad esempio all’uso odierno degli indomiti social media). Ma, quando il consenso si crea attorno al sentire istintivo diventiamo come le scimmie. Il sovranismo non promuove la libertà di coscienza; spalanca la strada alla violenza barbarica dell’orda.


Mi appello a Voi tutti, “africani” come me!


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